CongiunturaE ora anche la Grecia paga per essere salvata (di nuovo)

C’è qualcosa di completamente senza senso nell’eurozona di oggi. Al centro di questo sistema tanto paradossale quanto instabile e senza controllo nella sua attuale struttura, tanto per cambiare, og...

C’è qualcosa di completamente senza senso nell’eurozona di oggi. Al centro di questo sistema tanto paradossale quanto instabile e senza controllo nella sua attuale struttura, tanto per cambiare, oggi c’è la Grecia. Il premier Antonis Samaras in un’intervista al quotidiano finanziario tedesco Handelsblatt ha detto che entro fine novembre non ci saranno più soldi nelle casse dello Stato. Niente. Nada. Finiti. Peccato che oggi, come batte Bloomberg citando fonti governative, emerge che Atene deve pagare circa 900 milioni di euro entro il 12 ottobre come primo conferimento per lo European stability mechanism (Esm), il fondo salva-Stati. In pratica, pagare per essere salvati.

Una domanda sorge spontanea. Dato che, anche dopo la colossale ristrutturazione del debito ellenico dello scorso marzo, la Grecia non riesce a controllare i propri conti pubblici, nemmeno con l’aiuto della troika, perché fargli pagare la propria quota dello Esm? Da un lato Atene non riesce a trovare (anche se poi ce la farà, scommettiamo?) i settori dove tagliare la spesa pubblica per oltre 11,5 miliardi di euro, sforbiciate funzionali all’esborso della prossima tranche di aiuti da 31,5 miliardi, gli stessi considerati cruciali da Samaras. Dall’altro deve però versare 900 milioni di euro. Quindi chi è che mente? La Grecia o la troika?

La verità sta nel mezzo. I politici greci, di cui Samaras è l’espressione più esemplificativa, hanno un grado di corruzione che in Italia nemmeno ci sogniamo. Parlando con diversi colleghi di Atene e dintorni, spesso rimarcano come solo chi non vive in Grecia è interessato alle dichiarazioni dei vari Samaras, Tsipras o Venizelos. «Noi ormai non li ascoltiamo più, fanno solo i loro interessi, eppure è l’unica classe dirigente, se così si può chiamare, che riesce a esprimere la Grecia», dice Efthimia Efthimiou, di Capital Greece. Il problema, come al solito, sono le tensioni sociali. Lo stesso Samaras, all’Handelblatt, ha spiegato che «la democrazia greca si trova probabilmente di fronte alla sua sfida più grande». Vero. E, lo stiamo vedendo, tutte le nefandezze della classe politica hanno effetti sull’economia.

C’è poi la questione della troika. Il terzetto composto da Matthias Mors (Ue), Klaus Masuch (Bce) e Poul Thomsen (Fmi), si dice negli ambienti finanziari, avrebbe potuto spingere con più forza per conciliare crescita economica e austerity. Insomma, avrebbero un concorso indiretto di colpa nelle recenti malversazioni elleniche. «L’unica via possibile però è questa: la spesa pubblica è talmente elevata e oscura che prima bisogna lavorare su questo, anche per liberare l’economia dalle catene della corruzione», mi ha detto un funzionario del Fmi durante una conversazione avvenuta nelle ultime settimane.

Nel frattempo, tuttavia, i paradossi nella zona euro continuano. L’ultimo in ordine temporale è quello di Atene, ma non possiamo dimenticarci una Spagna che, vuoi per motivi di stabilità finanziaria vuoi per ragioni di orgoglio nazionale, non vuole ammettere che ha bisogno di un sostegno ben più ampio di quello già approvato per il sistema bancario. Ed entro la fine dell’anno, oltre che per tutto il 2013, i feticisti del bizantinismo avranno di che divertirsi. Merito di quel grande circo che prende il nome di Europa.  

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