Questa settimana la rubrica sulla battuta clou ci porta all’interno dei meandri delle elezioni americane, con due esempi che testimoniano quando le serie TV siano ormai intrise di politica, tanto da rappresentare il Settimo Potere (dal titolo del mio libro), in grado di influenzare il voto, di creare idee, di far passare principi sociali, politici, economici. Si tratta di due esempi che testimoniano come la serialità televisiva sia ormai la nuova frontiera (moderna, innovativa, originale) delle campagne elettorali.
I due casi presi in considerazione hanno uno stesso comun denominatore, sono infatti due serie create da Ryan Murphy, definito da Aldo Grasso sul Corriere della Sera “lo showrunner più eclettico della TV”. Murphy, è un sostenitore della campagna di Obama e, in queste settimane, ha riempito Glee e The New Normal con messaggi subliminali volti a favorire la vittoria di Barack nella corsa alla Casa Bianca.
In Glee, puntata 4 (l’ultima prima dello stop di un mese – si ritorna a novembre), viene mostrato tutto il lato negativo di Kitty, la nuova cheerleader, che non si fa scrupoli a insultare e a organizzare scherzi di cattivo gusto contro i suoi compagni di scuola. Insomma, Kitty è una bitch, di quelle che non stanno neppure lontanamente simpatiche (alcuni villain della TV conquistano, lei no). E ovviamente è pro Romney. Tant’è che la sua minaccia, dopo una lite con Marley e Puck junior è questa.
In The New Normal (al centro anche della mia rubrica radiofonica, qui il podcast della puntata di ieri), invece, si affronta un tema tanto caro a Murphy e uno dei temi al centro del dibattito politico: il matrimonio gay, supportato dal leader democratico e malvisto dal repubblicano. Contraria non poteva essere che la nonna super-razzista (assolutamente pro-Romney) che se ne esce con delle battute che fanno rabbrividire e che portano acqua al mulino di Obama. Perché la campagna elettorale passa anche da qui, dalla TV.