Mompracem – Il mondo è tutto ciò che accadePanico nel Palazzo: manco a Singapore i soldi rubati sono più al sicuro

Panico ai piani alti di molti palazzi italiani: Singapore ha dichiarato guerra alle banche che aiutano gli stranieri a portare sull'isola asiatica i proventi dell'evasione fiscale. Gli asset gestit...

Panico ai piani alti di molti palazzi italiani: Singapore ha dichiarato guerra alle banche che aiutano gli stranieri a portare sull’isola asiatica i proventi dell’evasione fiscale. Gli asset gestiti in questa paradiso fiscale che ha gli stessi abitanti della Sicilia (5 milioni) sono arrivati ad essere l’anno scorso 1.000 miliardi di dollari, avvicinando le masse gestite a quelle svizzere. Ma da ieri Singapore ha firmato un accordo con Wolfgang Schaüble, ministro delle Finanze tedesco, che aiuterà Berlino a scovare i ladri.  Il primo, sembra, di una lunga serie.

Da Daccò a Berlusconi, non c’è un’inchiesta italiana dove i soldi a un certo punto non finiscano a Singapore. Certo il Sud America offre certezze e dal Banco Ambrosiano a Parmalat le grandi inchieste finanziarie si sono sempre incastrate sull’America Latina coi suoi giudici compiacenti e i suoi oscuri legami ecclesiastici e/o massonici. Ma Singapore, per nascondere il bottino, vale ancora quasi come il vecchio Ior («una volta che i soldi varcano le mura del Vaticano anche fare domande diventa tempo perso» diceva dieci anni fa un alto funzionario dell’allora Ufficio italiano cambi) e di sicuro vale più della sempre meno affidabile Svizzera. O almeno, valeva fino all’accordo con Berlino. 

La nostra élite, d’altra parte, è il perfetto esempio di quelle classi dirigenti “estrattive” di cui parla uno dei migliori saggi di quest’anno, Why Nations Fail, scritto da un economista del Mit e da un politologo di Harvard. È ”estrattiva” nel senso che estrae ricchezze da tutto il Paese per consegnarle a un élite rapace che vive sulle spalle degli altri. Durante il processo All Iberian emerse che la rete occulta della Finivest-ombra ha spostato, tra il 1989 e il 1996, fondi neri per almeno 2 mila miliardi di lire. Duemila miliardi sottratti al fisco. Ma non è solo Silvio, anzi. Il problema dei nostri duemila miliardi ( di euro) di debito pubblico non è la cifra in sé: l’avessimo spesa in autostrade e banda larga, non sarebbe un danno. Il problema è che questa cifra è sparita, puff, svanita. Gherardo Colombo dice che Tangentopoli scoprì fra il 5 e il 7% delle ruberie. Niente. Provate a immaginare allora la cifra che un parte della classe dirigente italiana detiene su conti all’estero. Il resto è Storia, o almeno, il resto è Singapore.  

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