Alla Juventus che questa sera affronta l’Inter a Torino continuano a rimanere in attesa di consacrare le capacità di Sebastian Giovinco. Nel frattempo si godono una piacevole sorpresa che porta il nome di Paul Pogba: un gran gol contro il Napoli, la rete decisiva contro il Bologna dopo aver servito l’assist che aveva dato il via alla combinazione Giaccherini – Quagliarella per il momentaneo 1-0 e aver fatto tremare il palo con una conclusione dalla distanza. Classe 1993, diciannove anni compiuti lo scorso 15 marzo, ben piantato in terra, disinvoltura sul campo con un centrocampo bianconero che può contare su tre uomini non da poco come Andrea Pirlo, Claudio Marchisio e Arturo Vidal. Era del Manchester United e la storia che contraddistingue il suo passaggio da un club all’altro è molto interessante.
Dal 2007 al 2009 è un giocatore del Le Havre, con il quale non conquista alcuna apparizione, ma viene accudito nell’academy del club transalpino. Al momento del suo trasferimento presso la corte di Sir Alex Ferguson il dirigente dei francesi Alain Belsoeur intervistato dal Guardian si sfoga di fronte agli approcci espliciti dei grandi team europei: “Ogni anno spendiamo 5 milioni di euro per la nostra accademia per un giro d’affari complessivo di 12 milioni”. Un investimento enorme con un duplice scopo: il primo ovviamente è quello di portare i talenti in prima squadra, quindi nell’interesse della società; il secondo di preservarli dalle lusinghe, dalle sirene e di farli crescere seguendoli anche nella formazione personale e nell’istruzione. “Che senso ha se poi se ne vanno a sedici anni?”, si chiedeva all’epoca il dirigente.
Pogba alla fine vola a Manchester, a titolo gratuito. Scoppia il caso: Le Havre accusa gli inglesi di aver garantito alla famiglia del ragazzo una casa e all’incirca novantamila sterline. Le parti in causa quindi si accordano per un conguaglio in denaro e la faccenda apparentemente si chiude. Intanto Pogba al Man Utd è relegato nelle giovanili, una decisione manageriale nella logica dei fatti vista l’età. Ma quando lo scorso dicembre il giovane comincia a lanciare segnali per cui vorrebbe cambiare aria, svela che Ferguson gli aveva promesso che avrebbe disputato alcune partite per la prima squadra. Saranno in totale tre scampoli di match. Il fatto è che non aveva firmato un prolungamento di contratto e dunque lo United cominciò a trattenersi dall’investire ulteriormente su di lui.
Al quotidiano sportivo L’Èquipe Pogba ha lasciato detto che Ferguson un giorno gli aveva assicurato che il suo momento sarebbe giunto, ma che nel frattempo era troppo giovane. “Credeva in me, ma non mi faceva giocare”, le sue parole. Un rischio concreto anche alla Juventus, ma il centrocampista la scorsa estate aveva la riposta pronta: “Non ho scelto di andare alla Juve perché sapevo che sarei stato parte della formazione titolare. Non ho garanzie”.
Nella saga c’è un vincitore. Sì, è proprio il ragazzone francese. Non è un titolare, d’accordo – dopotutto lui stesso se lo era messo in testa. Però ha già lasciato un segno: ovviamente la nuova sfida starà nel riconfermarsi. Tant’è: può fare il sostituto di Pirlo, ma soprattutto di Vidal. Il cileno nella scorsa stagione riuscì a convincere gli scettici, dimostrandosi addirittura duttile inizialmente, prestandosi al lavoro da terzino quando Antonio Conte costruiva il cantiere del 4-2-4. A lavori ultimati e senza i risultati attesi, ha modellato il centrocampo juventino anche ad uso e consumo di Vidal, non solo di Pirlo al quale è affidata la regia. Combattente, indomito, a caccia del pallone, bravo negli inserimenti e con un buon piede dalla distanza, è ora corteggiato da altre squadre d’Europa. Lo sforzo fisico che Conte richiede ai suoi uomini è alto, per Vidal ancora di più. A ciò si aggiungono le voci di mercato che non si acquietano mai, gli acciacchi, i contrattempi e partite meno brillanti del solito. Infine c’è il turnover, tra gli impegni di campionato e di Champions League. E soprattutto un sostituto all’altezza e con tanto fiato nelle gambe.
Che sia in un’academy o sul luogo di lavoro vero e proprio, c’è da lanciarsi nella mischia. I predestinati non sempre mantengono le promesse, i talentuosi sì.