Blog Notes di MartaAlice Underground all’Elfo Puccini vola basso

La bravura artistica di chi ha dimostrato di saper anche utilizzare più tecniche espressive si scontra, in questo caso, con i significati infondo non troppo coinvolgenti che tale bravura potrebbe e...

La bravura artistica di chi ha dimostrato di saper anche utilizzare più tecniche espressive si scontra, in questo caso, con i significati infondo non troppo coinvolgenti che tale bravura potrebbe esprimere. Sto parlando di “Alice Underground”, lo spettacolo di Ferdinando Bruni e Francesco Frongia in scena fono al 31 dicembre al Teatro Elfo Puccini.

La bravura artistica sta anzitutto nella scenografia, che è completamente disegnata da Bruni e Frongia e ci riporta subito in un mondo irreale e fantastico, che lascia spazio alle nostre fantasie e fornisce spunti per accomodarsi in uno spazio ideale, inventato.

In realtà, però, questa scenografia rappresenta anche l’intera lettura che Bruni e Frongia hanno dato allo spettacolo, cioè non si può andare tanto oltre il senso di meraviglia che provocano i disegni e le luci sulla scena. Gli attori rendono bene l’idea, sempre quella, di stupore che come dei bambini bisognerebbe provare davanti alle numerose suggestioni che lo spettacolo fornisce (a parte la protagonista, Elena Russo Arman, un po’ impacciata e poco personale nella sua interpretazione di Alice come stereotipo della bambina innocente che con curiosità e stupore affronta la vita).

La scena, i costumi colorati, gli attori, le musiche, tutt’insieme mischiano varie idee ed elementi, anche ispirandosi a diverse fonti che hanno trattato il tema di Alice nel Paese delle Meraviglie nelle diverse arti (Bruni e Frongia hanno svolto lunghe ricerche spaziando dalla letteratura, James Joyce-Nabokov-John Rae, al cinema, Dennis Devine, fino alla musica degli Aereosmith e l’arte di Dal’), per arrivare a dire che Alice “viaggia sottoterra, nei territori misteriosi del sogno e dell’inconscio, alle radici dell’individuo e della collettibìvità”.

“Underground”, quindi, per questa innocenza e aturalezza estrema. La stessa che intendeva Caroll stesso quando scrisse l’opera, che in origine si chiamava appunto “Alice Underground”: riprendere questo appellativo significa puntare il dito sulla linfa vitale e vera che scorre sotto le vene di Alice. Non c’è una lettura più articolata e che attualizza la figura di Alice richiamando il mondo punk e di strada che implicitamente oggi comporta l’uso di questo termine. Semplicemente si punta l’attenzione sulle origini e la nascita del romanzo, sottolineando il gusto per la naturalezza e la fantasia, in uno spettacolo realizzato con cura ma forse un po’ scarno di significati..

Info:

3.12-31.12

Teatro Elfo Puccini, coeso Buenos Aires 33

Milano

Martedì-sabato, 20.30. Domenica, 15.30

www.elfo.org

Tel. 02-00660633