È sempre più precario lo stato di salute del settore delle costruzioni. A certificarlo è un’indagine dell’Osservatorio Congiunturale sull’Industria delle Costruzioni dell’Ance, presentata pochi giorni fa.
Nel 2012 gli investimenti in costruzioni registreranno una ulteriore flessione del 7,6% in termini reali, che risulta più sostenuta di quella rilevata nel 2011 (-5,3%). Ed in sei anni, dal 2008 al 2013, il settore avrà perso 53 miliardi di investimenti, collocandosi sui livelli di attività più bassi degli ultimi 40 anni.
A soffrire sono tutti i comparti: dalla produzione di nuove abitazioni che in sei anni avrà perso il 54,2% all’edilizia non residenziale privata che segna una riduzione del 31,6%, alle opere pubbliche che registrano un caduta del 42,9%. La riqualificazione del patrimonio abitativo esistente è l’unico comparto che sembra mostrare una tenuta nei livelli produttivi (+12,6% negli ultimi sei anni).
Gli effetti della crisi sull’occupazione sono devastanti. Nel solo 2012 sono andati persi circa 360.000 posti di lavoro. Un dramma che si consuma nel silenzio e che è paragonabile a 72 Ilva Taranto, 450 Alcoa o 277 Termini Imerese. Considerando anche i settori collegati l’emorragia occupazionale complessiva raggiunge circa 550.000 unità. Per ciò che riguarda il ricorso alla CIG, per l’intero 2012, il numero di ore autorizzate nell’anno risulterebbe pari a 140 milioni, ossia 3,5 volte il risultato del 2008 (40 milioni).
Ad aggravare la situazione vi è anche la stretta creditizia che a giugno 2012 ha raggiunto il livello più alto dall’inizio della crisi. Nel complesso, i finanziamenti a medio-lungo termine per l’edilizia abitativa sono calati del 38,2%, nel periodo 2007-2011, mentre i prestiti per l’edilizia non residenziale sono diminuiti del 44,3%.
Il quadro è ulteriormente appensantito dai ritardi nel pagamenti della Pubblica Amministrazione: in media le imprese che realizzano lavori pubblici sono pagate dopo 8 mesi e le punte di ritardo superano ampiamente i 2 anni. Con il risultato che ammonta addirittura a 19 miliardi di euro la somma che la PA deve restituire alle imprese di costruzione.
In tutto ciò la imbarazzante battaglia intrapresa dai sindacati di settore su chi ha più iscritti è lontana anni luce dai veri problemi del comparto, ma emblematica di quanto profonda sia la crisi della rappresentanza di questo malconcio paese.