L’effetto delle primarie per la scelta dei candidati al Parlamento si sta rivelando dirompente. Non solo perché una nutrita schiera di nuovi potenziali deputati si è affacciata sulla scena. Ma soprattutto perché queste primarie, forse ancora di più di quelle tra Bersani e Renzi, sono state il grimaldello con cui il popolo del Pd ha sferrato, a macchia di leopardo sul territorio nazionale, un ulteriore colpo tremendo al grigio apparato post-diessino.
Non ci sono solo le vittorie di vecchi marpioni della politica, come Bindi, Damiano, Pollastrini e altri. La lista dei trombati eccellenti, testimoni dell’apparato, è notevole e determina una situazione inedita per il Pd. Quella in cui il livello di maturazione – in realtà bisognerebbe parlare di saturazione – è tale per cui gli elettori del Pd sono sempre meno prevedibili e pilotabili. Ed esercitano dunque il proprio diritto di voto, in modo sempre più consistente, a prescindere dalle indicazioni dell’apparato.
In tal senso è emblematico ciò che è accaduto alle primarie in provincia di Modena. Realtà questa, in cui i meccanismi di gestione del consenso sono sempre stati saldamente governati da una ben oliata organizzazione di partito. Ieri, però, sono saltate tutte le “macchinazioni” e di conseguenza le previsioni.
Per una serie di ragioni. Perché nella terra bersaniana per eccellenza ha vinto nettamente Matteo Richetti, renziano doc. Perché è risultato battuto l’organizzatore dei “progetti a tavolino”, ossia il segretario provinciale del partito. Perché hanno perso male due deputate uscenti, espressione dell’apparato, con alle spalle un cursus honorum di tutto rispetto in termini di militanza, incarichi rivestiti e risultati raggiunti.
Ma soprattutto perché c’è stato un incredibile exploit di una giovane militante – tale Giuditta Pini – non organica ad allcuna corrente, nonché priva di padrino politico e sul cui successo nessuno, dentro il partito, avrebbe scommesso un cent.
È ancora presto per dire se l’alito di aria nuova spirato ieri diventerà un vento robusto. Resta il fatto che l’ennesimo campanello d’allarme per le grigie burocrazie del Pd è suonato e stavolta, in vista della partita congressuale, potrebbe essere fatale ignorarne la portata.