Proviamo a fotografare la conformazione delle quattro coalizioni politiche in campo e dei candidati che appoggiano:
-In una forchetta abbastanza ampia del 15-20% si collocano gli arancioni+sinistra extraparlamentare+Movimento Cinque Stelle, in sostegno (teorico) alla candidatura di Antonio Ingroia. L’ex-magistrato palermitano ha lanciato la proposta, ora bisognerà aspettare per capire se il movimento di Grillo si farà convincere dalla proposta “civile” di Ingroia, condita dalla richiesta di un passo indietro dei partiti, e decida di appoggiarne la candidatura a premier cosa che risolverebbe al Movimento Cinque Stelle un paio di problemi: frenare il calo dei consensi seguito alle polemiche sulla democrazia interna e individuare una figura da candidare alla guida del paese. Grillo dice che non occorre ma, senza riconoscersi nel volto di un leader, il movimento rischia di perdere quote di consenso, specie se l’iceberg degli indecisi inizierà a sciogliersi, come sta già facendo, diluendo le percentuali di chi non avrà saputo intercettarne il flusso.
– La coalizione Pdl+Centrodestra Italiano+Lega dovrebbe collocarsi sotto il 30% in appoggio, ad oggi, alla candidatura di Silvio Berlusconi o di un candidato a sorpesa che l’ex-premier potrebbe far detonare un minuto prima che inizi la campagna elettorale.
-Il centro, costituito (al momento) da Udc+Fli+Montezemoliani, si attesta al 10-12%. La spinta propulsiva della candidatura-non-candidatura di Mario Monti dovrebbe portarli molto più in alto, vedremo quanto nelle prossime settimane. Il premier poteva tenersi fuori dall’agone e accettare il Quirinale che gli offriva il Pd, o scendere in campo senza indugi, sacrificando però la dimensione “tecnica” e “civile” della sua proposta politica. Ora attende adesioni e nel frattempo ha aperto un account su twitter e una pagina web per spiegare la sua agenda.
–Pd+Sel valgono oggi un 40%, ma ci sono ancora sessanta giorni da qui alle elezioni. L’outlook, direbbero le agenzie di rating, è negativo. La coalizione appoggerà il segretario Bersani, altrimenti le primarie perderebbero di senso e con loro la grande partecipazione che hanno catalizzato. Il giorno dopo le elezioni il discorso potrebbe essere diverso. Senza una maggioranza chiara al Senato, Bersani potrebbe accettare varie ipotesi. Monti ha fatto capire che l’ipotesi di andare al Quirinale non la considera molto appetibile per le sue competenze, preferirebbe governare. Se i voti del centro dovessero rivelarsi fondamentali per la tenuta del governo potrebbe aprirsi uno scenario rimasto a lungo sullo sfondo, quello di un ticket Monti-Bersani, un’anno e mezzo di legislatura il primo, che poi volerebbe a Bruxelles, e il resto al segretario Pd, che avrebbe così ampi margini per realizzare un programma di “redistribuzione sostenibile”, gradito anche a Vendola.
@unodelosBuendia