La salute del serpenteCoca cola cambia spot in Usa. Perché?

Se in Italia Coca Cola ci ha massacrato con la brava mamma che fa pasteggiare la famigliola al dolce sapore della nota bevanda, con tutte quelle mamme che brave non si sono sentite per aver continu...

Se in Italia Coca Cola ci ha massacrato con la brava mamma che fa pasteggiare la famigliola al dolce sapore della nota bevanda, con tutte quelle mamme che brave non si sono sentite per aver continuato a cenare a cibo ed acqua e se il povero Simone Rugiati da “Cuochi e fiamme è direttamente scivolato nelle lingue dell’inferno del giurì di autodisciplina pubblicitaria per gli spot della serie ‘ceniamo insieme’ a Coca Cola, in USA l’azienda ha decisamente cambiato rotta, mostrando un trasformismo degno di Arturo Brachetti.

Coca Cola ha fatto una sorta di ‘coming out‘, quasi come quello di Jodie Foster all’Oscar della carriera, ammettendo le responsabilità parziali delle bibite gassate, quindi anche di se stessa, nell’incremento dell’obesità.

Tutto questo nei nuovi nuovi spot.

Oggi ci piacerebbe che la gente si confrontasse con qualcosa che riguarda tutti noi, l’obesità“.

Se mangi e bevi più calorie di quelle che bruci, metti su peso“.

Così esordisce la soave vocina di Coca Cola, mentre in un’ altra réclame, che andrà in onda nei prossimi giorni, spiega le attività fisiche che permettono di bruciare le “140 calorie felici contenute in una lattina.

Coming out‘ volontario? Non direi, piuttosto dettato dal cambiamento di rotta della politica sanitaria dell’era Obama.

Infatti la first lady, Michelle, è assai attiva, in pole position contro l’epidemia di obesità nel sostenere la Walt Disney Company e il suo Chief Executive Bon Iger che ha deciso che nelle reti della ABC di cui la Walt Disney Company è proprietaria, non potranno più essere trasmessi spot su prodotti che non rispettino i requisiti nutrizionali minimi.

Inoltre a New York, i fast food devono pubblicare sul menù le calorie di ogni alimento e nei luoghi pubblici non si potranno più vendere bibite gigantesche, mentre l’amministrazione, sostenuta sempre dall’instancabile Michelle, ha promosso comportamenti di vita più sani, con più ore trascorse a fare attività fisica e meno ore davanti alla tv.

Lo spot è la riprova dell’impatto mediatico che i colossi pubblicitari hanno sul comportamento degli spettatori.

Inducono al consumismo, fanno ‘bramare‘ il loro prodotto, ti giudicano in‘ o ‘out se lo usi o non lo usi, spalmando la mente di abitudini stereotipe.

La persuasione è il fine ultimo che si prefigge l’azienda che non disdegna il trasformismo per garantire il proprio consumo.

Quel trasformismo che le consente di cavalcare l’onda del momento, riuscendo ad adattarvisi perfettamente pur di non perdere la gigantesca fetta di consumatori,quando alle spalle la lotta per la salute si fa dura.

E tutto questo in USA, ma lungo lo stivale?

Anche in Italia, Coca Cola dovrebbe fare ciò che sta facendo negli Stati Uniti. Lo spot pubblicitario televisivo che si è cominciato a trasmettere questa settimana per promuovere lo stile di vita salutare e porre l’accento sui rischi che sovrappeso e obesità comportano per la salute è fatto molto bene ed è un ottimo esempio per tutti”, afferma Enzo Nisoli, Presidente della SioSocietà Italiana dell’Obesità.

Si tratta di un passo avanti importante, da noi da tempo auspicato”, aggiunge Michele Carruba, Direttore del Centro di studio e ricerca sull’obesità dell’Università degli Studi di Milano.

Da un lato, c’è un’assunzione di responsabilità forte e significativa; dall’altro, rappresenta un cambiamento nel modo in cui l’industria si rivolge al consumatore, invitandolo esplicitamente a riflettere sulle calorie consumate attraverso cibi e bevande”.

Sì, però in Italia siamo più capaci, attraverso le associazioni di consumatori, a bloccare uno spot negativo che va già in onda, piuttosto che modificarlo a monte.

Possiamo dunque sperare che la famiglia sia felice anche senza pasteggiare a Coca Cola o che gli chef ci invitino a cena senza bibite gasate e zuccherine?

Non so è presto per dirlo, perchè la nostra politica sanitaria è una nebulosa grigia, poco incisiva nelle sue campagne sulla salute modestamente coinvolgenti e troppo isolate.

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