Nell’era di mezzo del crollo dei consumi, tra un passato remoto prosperoso e divoratore di futuro e un futuro molto anteriore che approdi ad un nuovo benessere, la gente comune si rimbocca le maniche e aguzza l’ingegno che sempre emerge nelle necessità.
Da un lato i cittadini stanno riscoprendo il ‘fai da te’ nella preparazione di cibi sempre più casalinghi a partire dalle materie prime e lo testimoniano il successo dei food blog e dei programmi culinari che ci assediano dall’alba al tramonto.
Talvolta questo fenomeno è sembrato una bulimia mediatica con “cibo cibo cibo” quale argomento clou di svariati programmi, ma ora no, non c’è più lo spazio e non ci sono i soldi per buttarlo via e non basta più nemmeno la storiella di quando eravamo piccoli che “gli alimenti non si sprecano perché la fame nel mondo è tanta.”
E’ tanta, in tanti angoli ottusi o piatti del mondo, ma anche nei nostri paesi ricchi dove sempre con maggiore frequenza cominciano a vedersi le stratificazioni sociali tra chi può e chi non può.
Or dunque, quante volte ci capita di fare la spesa settimanale con cibi che poi ci risultano in eccedenza o che non riusciamo a smaltire in tempo utile prima di essere destinati alla pattumiera?
Diciamocelo, capita, capita abbastanza di frequente ed allora perché, nell’ottica di attenti food coach, non piazzare questo cibo e metterlo a disposizioni di altri?
E’ così che in Germania nasce il ‘Food sharing’, sulla scia del successo avviato e consolidato del ‘Car sharing’.
Ed è probabile che sbarchi presto anche qui da noi, che siamo messi molto peggio dei tedeschi.
Il servizio di Food-sharing, online dallo scorso 12 dicembre 2012, è attualmente disponibile in alcune città tedesche (Berlino, Colonia, Monaco di Baviera, Ludwigsburg e Chemnitz), ma a breve lo sarà anche in Svizzera e Austria e, nel corso del 2013, in altri paesi europei.
Di che si tratta?
E’ naturalmente un sistema che si sviluppa via web, attraverso una piattaforma internet nella quale quello che ruota intorno agli alimenti assume un valore morale, ‘politically correct ‘, basato sul risparmio del cibo e contro il suo inutile spreco.
I cittadini privati, i produttori, i commercianti alimentari possono offrire gratuitamente i prodotti eccedenti o recuperare cibo che altrimenti finirebbe in discarica.
Riso, pasta, omogeneizzati per bambini, latte, cornflakes, cioccolato, caffè, marmellate, formaggi, birra, vino, biscotti, frutta e verdura km zero e rigorosamente di stagione sono i generi messi in rete.
Per ogni offerta c’è l’ indicazione della città di provenienza, la tipologia e la quantità del cibo, la data di scadenza e la data in cui i prodotti scelti possono essere ritirati.
La scadenza va da un giorno a qualche giorno, fino ad arrivare ad alcune settimane o mesi.
Naturalmente, per poter offrire alimenti freschi quali carne, latte e latticini, pesce, pollame, uova, cibi già cucinati, il portale chiede a tutti gli iscritti il rispetto della catena del freddo e di precise norme igienico-sanitarie e di conservazione.
Certo!, il progetto appare interessante, ma chi garantisce il rispetto proprio di quelle norme igienico sanitarie e soprattutto chi è responsabile della sicurezza del cibo?
Magari occorrerebbe una struttura super partes adibita al sistema di controllo della filiera di questi alimenti messi in condivisione ed allora, sì , via al ‘Food sharing’!
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