Una sciarpa di lana rossa stretta intorno al collo o un gigantesco bicchiere di succo d’arancia sono rimedi ‘vetusti‘ per rinforzare il sistema immunitario.
Meglio un buon yogurt ogni mattina per trarne questo prezioso, quanto incerto beneficio immunitario.
Parola di yogurt (con probiotici): oh! finalmente è stato brevettato dall’industria alimentare l’elisir della salute che comanda l’esercito di probiotici contro gli assalti patologici.
E meno male che l’ha scoperto quest’industria, perché la macchina, quella scientifca, è ancora nelle retrovie a sperimentare, a cercare, ad osservare, ad individuare ed evidenziare le criticità relative a quegli enterobatteri così necessari, quanto sfuggenti.
Certo la ricerca va in questa direzione, intuendo le potenzialità del nostro ‘ecosistema‘ intestinale, collegato a stretto giro di posta al sistema immunitario.
Ma a che punto è lo stato dell’opera della scienza probiotica che ormai tocca più campi?
Foto BenessereVillage.it
In quel di San Gimignano, qualche giorno fa, si è svolto il “IV Winter School di allergologia”, sul tema dei probiotici nella prevenzione e terapia delle malattie allergiche.
Filippo Fassio, Medico Chirurgo, Specialista in Allergologia ed Immunologia Clinica, Dirigente Medico presso l’Unità di Immunologia e Terapie Cellulari, AOU Careggi dice: “Questo dei probiotici è un campo in notevole ‘fermento’ (perdonate il gioco di parole) perché alcuni dati mostrano in maniera veramente interessante come siano in grado di modulare le risposte del sistema immunitario, e quindi come possano essere sfruttati anche nella prevenzione e nel trattamento delle malattie allergiche. Purtroppo siamo ancora all’inizio di questo percorso, ed i risultati più importanti potranno arrivare solo quando avremo compreso meglio e molto più a fondo il loro meccanismo d’azione”.
Un duro colpo per il nostro yogurtino!
Del resto il nostro ecosistema intestinale è assai popolato: ci sono circa 100 mila miliardi di batteri in circa 500 ceppi diversi.
Una colonia gigantesca e densissima per la quale occorrerà tempo affinché si individuino le funzioni proprie o meno dei vari ceppi con le loro relative attività sul sistema immunitario.
Ma non solo, emergono dal congresso altri punti deboli che contribuiscono a creare una nebulosa intorno agli ex fermenti:
- grande variabilità dei prodotti utilizzati che rende difficile la comparazione dei risultati
- la variabilità degli schemi di trattamento
- molta letteratura, ma scarsa qualità dell’evidenza
- carenze metodologiche
- follow up (controlli periodici) breve
- riviste con basso IF (impact factor, cioè l’indice bibliometrico che pesa il valore delle pubblicazioni scientifiche)
- conflitto di interessi
- risultati quasi sempre positivi
- sicurezza.
Per quel che si attiene al rinforzo delle difese immunitarie, il Giappone è il paladino dei probiotici: si utilizzano nelle mense di scuole, ospedali, nell’alimentazione degli anziani e nelle terapie intensive neonatali, perché i loro studi dimostrano che, insieme al latte materno, possono far scendere drasticamente il tasso di infezioni anche respiratorie.
Per esempio, i prodotti con lattobacillo Shirota godono della certificazione Foshu di livello più elevato, ovvero rispondono al requisito di ‘efficacia scientifica clinicamente provata‘, secondo i parametri giapponesi.
Ma in Europa le cose non stanno così e l’EFSA ha concluso che non è stato stabilito un rapporto di causa ed effetto tra il consumo di ‘Lactobacillus casei‘ ceppo Shirota e il mantenimento della difesa delle vie respiratorie superiori contro gli agenti patogeni.
Ed insieme al lattobacillo Shirota di Yacult, l’ente ha bocciato tutti gli altri claims salutistici dei probiotici delle altre aziende per carenza scientifica su
quanto affermato e sull’uso a lungo termine sulla popolazione sana.
Sarà anche per questo che alla fine del 2011 si è creata una lobby di riferimento per i probiotici, la GAP – Global Alliance for Probiotics – che ha lo scopo di sostenere e fornire evidenze scientifiche tramite l’insieme dei dati degli studi delle aziende e finalizzati a sostenere 1 o 2 effetti positivi riscontrati.
Ne sono membri, neanche a dirlo, tra gli altri, Danone e Yacult.
Tra la GAP e l’EFSA si inseriscono anche altre posizioni che, pur nel rispetto della valutazione dell’agenzia per la sicurezza alimentare, ritengono troppo rigidi i test ai quali devono rispondere i probiotici.
Gregor Reid, direttore del Canadian R&D Centre for Probiotics della Schullich School of Medicine & Dentistry della Western University ha proposto un sistema di valutazione basato sul concetto che un probiotico non è un farmaco e dunque deve rispondere a requisiti che raggiungano un test minimo al di sotto del quale il probiotico non possa essere considerato tale, seguendo le orme del criterio di valutazione giapponese che assegna due categorie: la prima sottoposta a test approfonditi, la seconda contenente requisiti base, ma non così evidenti come quelli della prima.
Altro aspetto affatto semplice, sottolinea Lorenzo Morelli, esperto di probiotici e Preside della Facoltà di Agraria alla Cattolica di Piacenza, è la valutazione di efficacia sulle persone sane, proprio perché non parliamo di farmaci ma di alimenti.
Quel che per ora è certo è che certezze non ce ne sono, direzioni di ricerca sì, ma è prematuro parlare di rinforzo quotidiano del sistema immunitario per i nostri yogurtini.
Ed altra certezza, tanto cara all’economia, è il trend positivo in crescita dei probiotici ed è questo il motivo che li rende tanto interessanti.
Secondo la Global Alliance for Probiotics, il settore aumenta con un tasso di circa il 6% ogni anno: nel 2008, il valore al dettaglio di integratori probiotici nell’UE è stato di € 380 milioni – (26% del totale mondiale).
Per gli yogurt probiotici, questa cifra è pari a € 5 miliardi (32% del totale mondiale).
L’altra certezza è la quantità di zuccheri presenti negli yogurt, che sembra essere pari ad un terzo del fabbisogno giornaliero degli stessi.
In conclusione, allo stato attuale il nostro Ministero della Salute riconosce la sola proprietà di ‘equilibrio della flora intestinale‘ con una concentrazione minima di probiotici vivi da assumere ogni giorno non inferiore ad un miliardo per almeno uno dei ceppi di batteri presenti.
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