Negli ultimi mesi si è registrato un ritorno di capitali verso la periferia dell’eurozona, dalla quale erano fuggiti provocando l’aumento degli spread e le conseguenti tensioni economiche e politiche. Possiamo salutare questo riflusso come un segnale incoraggiante? E’ davvero l’inizio della fine della crisi? Analizziamo il significato di questi movimenti di capitali con una serie di contributi di Andrea Papetti.
Il 29 Gennaio 2013 il Financial Times (FT) titolava: “Gli investitori riportano 100 mld di euro nella periferia dell’eurozona”. I tre punti a sintesi dell’analisi recitavano: “i fondi rifluiscono nelle aree della crisi”; “I traders puntano sull’euro”; “l’azione della BCE funziona”. Buone notizie, dunque. Gli investitori internazionali sembrano aver ritrovato la fiducia nei paesi “periferici” (PIIGS). Quei 100 miliardi di euro rifluiti nella Periferia nel periodo settembre-dicembre 2012 sono il segnale che un riequilibrio delle bilance dei pagamenti interno all’eurozona è iniziato. C’è un’inversione di tendenza rispetto a quanto l’eurozona ci ha abituati a vedere a partire dalla fine del 2007. L’azione della BCE, insieme all’impegno congiunto di molte altre istituzioni internazionali, sta dando i suoi frutti. Buone notizie?
TARGET2 e la bilancia dei pagamenti
In effetti l’ultimo trimestre 2012 segna una significativa inversione di tendenza (cfr. Figura 1).
Figura 1. Saldi TARGET2 [stock]. (€ Mld)
Dicembre 2005 – Dicembre 2012.
Fonte: Institute of Empirical Economic Research – Osnabrück University.
Paesi in surplus: Germania, Paesi Bassi, Lussemburgo, Finlandia; Paesi in deficit: PIIGS: Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia, Spagna.
TARGET2 dà forse la più istruttiva immagine dell’ormai paradigmatica specularità tra Centro e Periferia, Nord e Sud, paesi in surplus e paesi in deficit all’interno dell’UEM. Ogniqualvolta un paese ha uno squilibrio della bilancia dei pagamenti all’interno dell’eurozona, la BCE interviene creando riserve ad hoc (i.e. “moneta di banca centrale”) che poi si riflettono sui saldi TARGET2. Tali saldi hanno la stessa funzione che avevano le riserve di valuta estera in un regime di cambi fissi. La differenza, tutt’altro che trascurabile, è che oggi non esistono diverse valute da tenere a riserva per preservare il cambio e, soprattutto, che la BCE può creare ad hoc le “riserve” che servono per assecondare gli squilibri.
Uno squilibrio della bilancia dei pagamenti può avere origine principalmente per due ragioni, che non si escludono a vicenda:
(i) deficit(surplus) delle partite correnti;
(ii) deflussi(afflussi) netti di capitale pubblico o privato.
Sottolineo questa distinzione perché, contrariamente a quanto si sente soprattutto da voci tedesche (cfr. Hans-Werner Sinn, 2011), i saldi TARGET2 hanno sì registrato deficit delle partite correnti (spiegazione (i)) ma hanno anche registrato – e in misura maggiore – una fuga di capitali privati dai paesi percepiti a rischio in termini di investimenti di portafoglio, prestiti interbancari, depositi, derivati (spiegazione (ii)). Studi econometrici lo dimostrano, come ad esempio De Grauwe e Ji (2012). Anche la Banca d’Italia si è espressa a riguardo (cf. Cecioni e Ferrero, 2012). E’ importante distinguere perché se si lascia prevalere la spiegazione (i) la storia è: ‘Guarda la Periferia che riesce ancora a consumare più di quanto si meriterebbe grazie al supporto della BCE’ (consumo che comunque va a vantaggio di chi produce ed esporta!). Se invece si legge correttamente la realtà, la storia va aggiustata aggiungendo: ‘Guarda anche il Centro, ha potuto portare il proprio denaro in un porto sicuro e ricevere il rimborso dei propri prestiti alla Periferia grazie al supporto della BCE’.
La crisi delle bilance dei pagamenti nell’UEM è caratterizzata da paesi con partite correnti strutturalmente in deficit(surplus) a partire dalla nascita dell’euro (cfr. Figura 2), che uno dopo l’altro a partire dal 2008 hanno registrato sudden stops(“entrance”) negli afflussi di capitale.
Figura 2. Partite correnti in valori cumulati [stock].
(€ Mld). Trimestre 1, 1999 – Trimestre 3, 2012.
Fonte: Eurostat.
Paesi in surplus: Germania, Paesi Bassi, Lussemburgo, Finlandia; Paesi in deficit: PIIGS: Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia, Spagna.
La BCE è dovuta intervenire facilitando in vari modi il ricorso alle operazioni di rifinanziamento. Se fino ad agosto 2012 i paesi hanno utilizzato in modo unidirezionale i fondi ottenuti dalla BCE (paesi debitori in TARGET2 sempre più debitori, creditori sempre più creditori), nell’ultimo quadrimestre invece c’è stata un’inversione di tendenza. I debiti TARGET2 dei paesi periferici si sono ridotti di 161 miliardi di euro negli ultimi quattro mesi del 2012. Di questi, stando alle stime di ING (la banca tedesca) citate dal FT, 93 afferiscono a movimenti in entrata di capitali privati nel conto finanziario (i 100 miliardi del titolo), circa il 9% del PIL della Periferia. Una “nuova” fiducia nei confronti della Periferia che secondo il FT è per la maggior parte dovuta all’adozione dello schema OMT (Outright Monetary Transactions) annunciato da Mario Draghi nel settembre 2012, secondo cui la BCE può acquistare sul secondario titoli del tesoro dei paesi dell’eurozona a condizione che questi firmino programmi di riforma approvati in sede europea. In tal modo il pericolo di una dissoluzione dell’euro è meno probabile agli occhi degli investitori che così sono nuovamente inclini a finanziare la Periferia.
Dove riporre la speranza
Sembrerebbe dunque di poter riporre la nostra speranza in questa rinnovata fiducia: una speranza di ripresa per noi, cittadini di Periferia, e per il corretto funzionamento dell’UEM. Ma la speranza va ben riposta. La speranza è “coscienza del rischio” (Ernst Bloch). Ora, sperare nel ritorno di capitali esteri significa sperare nel ripristino dello status quo ante, ossia della normalità prima della crisi. Un atteggiamento quantomeno ingenuo. Perché è proprio quella normalità che va riformata. In seguito alla crisi, si è ormai raggiunta una certa consapevolezza che la norma va riformulata. Sicuramente ne è consapevole la Commissione Europea (2012) che, nello spiegare la nuova Procedura per gli Squilibri Macroeconomici (l’acronimo inglese è MIP) adottata nel 2012, inizia dicendo che “la crisi ha rivelato la debolezza della struttura di governance alla base del funzionamento dell’UEM”. E’ nella riforma della governance che va riposta speranza. Non certo in misure tampone come l’adozione dello schema OMT, che è forse in grado di far ritornare del capitale in Periferia “nell’assunzione che la BCE sia a supporto (behind) del mercato” (Andrew Milligan, manager di Standard Life Investments, citato dal FT, cfr. supra).
Per dirla con Albero Bagnai: “L’esultanza per l’arrivo di capitalisti esteri è mal riposta: esultiamo perché arriva l’aspirina, invece di preoccuparci di capire perché abbiamo la febbre” (cfr. Il Tramonto dell’Euro, Imprimatur editore, p. 59). O per dirla con Wolfgang Munchau, che avendo fonti per ritenere che la crisi dell’eurozona è una crisi di solvibilità e non di liquidità si chiede: “Perché mai qualcuno dovrebbe essere ottimista adesso quando invece pochi mesi fa era pessimista [?]” (FT, 28 Ottobre 2012).
Vediamo allora di raggiungere una certa consapevolezza dei rischi che comportano questi nuovi afflussi di capitale estero in Periferia.
La consapevolezza dei rischi
Innanzitutto, nuovi capitali dall’estero significano nuovo debito. Sia nella forma di prestiti, sia nella forma di investimenti diretti, essi rappresentano una nuova passività. Se è pur vero che la Periferia ha bisogno di nuovi investimenti per crescere (i quali non possono che venire dall’estero dati i prolungati deficit delle partite correnti, ossia data la mancata generazione di risparmio!), è anche vero che questo ingresso improvviso di nuovi capitali potrebbe rappresentare semplicemente il pagamento di debito pregresso con altro debito nuovamente impagabile. Una buona precondizione per un’altra crisi. Si badi comunque che questo meccanismo di pagare debito con altro debito è già in atto dall’inizio della crisi. Con l’ingresso di capitale privato cambierebbe solo il canale attraverso cui ciò avviene. Infatti, a partire dalla fine del 2008, a fronte di crescenti malfunzionamenti del mercato interbancario, le banche della Periferia sono state costrette a ricorrere in modo crescente ad operazioni di rifinanziamento presso la BCE (canale ufficiale) soprattutto per ripagare i propri debiti pregressi verso le banche del Centro. Di qui la divergenza in TARGET2: pagamento di debito verso il settore privato (del Centro) con altro debito verso la BCE. Ora potrebbe avvenire l’opposto: pagamento di debito verso la BCE con altro debito verso i settori privati di quei paesi ora inclini a prestare alla Periferia (essenzialmente il Centro, come ci mostra la Figura 1). O potrebbe anche avvenire il pagamento di un debito verso un privato con un debito verso un altro privato. D’altra parte, se non c’è crescita di reddito, non si tratta di scenari improbabili.
Si noti che i paesi del Centro dovevano ad un certo punto rinnovare la propria inclinazione a prestare denaro alla Periferia. Non solo perché è qualcosa di congenito, che hanno sistematicamente fatto dall’inizio dell’euro (spesso in modo inaccurato, creando comunque un’espansione creditizia in Periferia all’origine delle divergenze nei tassi d’inflazione …), ma anche perché a partire dalla fine del 2008 hanno beneficiato degli interventi della BCE che gli hanno permesso di riscuotere le somme dovute di prestiti fatti in precedenza alla Periferia senza incorrere in perdite. Il Centro ha così potuto accumulare ricchezza (Figura 1, linea blu) grazie alla BCE. E questa ricchezza ad un certo punto deve trovare impieghi alternativi, un po’ più redditizi della deposit facility presso la BCE che oggi dà ai depositanti lo 0%, o dei titoli del tesoro dei paesi del Centro. E’ bastato dunque il discorso di Draghi dell’estate 2012, con cui annunciava la disponibilità a fare “tutto il necessario” per salvare l’euro e il seguente annuncio dell’OMT per dare agli investitori del Centro la volontà di investire un po’ in Periferia. Come detto da Andrew Milligan, intervistato dal FT (cfr. supra), “le persone sono contente di investire in debito della periferia dell’eurozona con moderazione – non massicciamente, nell’assunzione che la BCE sia a supporto del mercato”.
In fin dei conti, per un investitore del Centro i rendimenti che oggi offre la Periferia sono allettanti. E il rischio che essi scontano può essere ora mitigato dal fattore BCE che in ogni caso è “dietro al mercato”. Comprare un po’ di assets della Periferia sembra sensato e in alcuni casi anche d’obbligo, come ci ha ricordato Morya Longo sul Sole 24 Ore (6 Marzo 2013): “Le grandi assicurazioni tedesche e del nord Europa sono costrette a comprare un po’ di titoli obbligazionari a lunghissima scadenza dei Paesi periferici, italiani inclusi, perché i bond dei loro stati non hanno rendimenti abbastanza elevati da garantire la loro operatività […] quando tutto il mondo si affida ai Bund tedeschi per sopravvivere, le assicurazioni tedesche sono costrette a comprare un po’ d’Italia o Spagna per lo stesso motivo”.
Ma come si può evitare il meccanismo che ho descritto di sostituzione di debito con altro debito? Come si può rendere il debito pagabile?
Dal punto di vista macroeconomico la risposta è univoca, basta guardare alle figure 1-2. Ma mi riserverò di parlarne nel prossimo post.
Andrea Papetti, 7 Marzo 2013