Leggiamo con stupore che sono crollate le iscrizioni alle università italiane: -58’000 studenti in 6 anni.
Premesso che le coorti di maturandi tendono a diminuire ogni anno che passa, si tratta comunque di un dato abbastanza preoccupante se si considera che nel resto del mondo, lo stesso trend è in salita.
Ovviamente la colpa, secondo i giornali, e soprattutto le università stesse, giace nella mancanza di fondi, nel taglio delle risorse, nella cattiveria del governo x, y, z.
Certo può essere. Ma da studentessa di università sento di dover muovere alcune critiche al sistema accademico italiano. Questo potrebbe essere utile anche a qualche giornalista, genitore, o magari rettore italiano…
1. IL LIBRETTO ROSSO
In tantissime università, grazie a Dio non tutte, il libretto universitario “cartaceo” esiste ancora. Voi direte: “E qual è il problema?” Il problema c’è eccome. Senza girarci troppo intorno, nelle facoltà a maggioranza di esami orali (Facoltà umanistiche, Sc. Politiche, Giurisprudenza, Medicina ecc…) capita infatti che il docente sia moooolto interessato, in sede di esame, a scoprire di più sui trascorsi accademici dello studente, tanto da assegnare 90 su 100 lo stesso voto (o voto simile) anche nel suo esame. Si tratta sicuramente di un genuino interesse dello stesso nell’approfondire la personalità e le passioni dello studente? Mah!
Di fatto capita che studenti che studiano per i primi 3 esami della loro vita, non debbano quasi più studiare per quelli dopo. La domanda classica di un professore universitario, alla vista del libretto di uno studente con buoni voti è: “Mi parli di quello che vuole”. Tendenzialmente lo studente, che abbia studiato o meno, prenderà 30.
Succede anche il contrario, ovviamente. Lo studente sfortunato/malato/distratto, che abbia riportato una votazione “bassa” nei primi esami, è fondamentalmente condannato per sempre. Negli orali, il docente sarà spesso influenzato dai votacci e tenderà a dare, come voto massimo un 25. C’è chi addirittura, in sede di esame (ovviamente prima di dare il voto) commenta i voti degli esami sostenuti in passato…
Insomma, il problema libretto interessa quasi tutti gli studenti italiani che devono svolgere esami orali.
Chi nega mente sapendo di mentire.
2. GLI ESAMI ALLA “CHI VUOL ESSERE MILIONARIO”
Se qualcuno di voi ha mai avuto la sfig..la fortuna di dare un esame di storia (di qualsiasi tipo), sa di cosa parlo.
Quando qualche docente, il primo giorno di lezione dice: “Io sono un prof moderno, non mi interessano le date, i numeri ecc”, mente.
E cosí ti capita, all’esame di sentire o leggere domande come: “In che anno viene inviato lo Sputnik?”
Oppure: “Quando nacque Maria Tudor, il giorno esatto?”
Domanda vera, alla quale io risposi: “Mi pare fosse martedí”
Stranamente mi bocciò abbastanza imbestialita.
Questo può verificasi anche in materie come Marketing, Economia.. Dipende sempre dall’impostazione data dal docente, spesso esclusivamente nozionistica.
3. GLI ESAMI ALLA “LETTURA APPROFONDITA DELL’ELENCO TELEFONICO”
Problema simile al num.2
Molti docenti ritengono di dover far imparare allo studente, un elenco di nozioni e nomi, senza aggiungere niente che possa sviluppare il pensiero logico o critico dello studente. Questo accade in tutti i tipi di università, specialmente nelle facoltà umanistiche (ma a me è capitato un esame di informatica svolto in questo modo).
4.LE LEZIONI “CONFERENZA DEI PREMI NOBEL”
L’interattività delle lezioni del 99% delle università italiane è praticamente 0.
Il docente ritiene di essere un bramiro intoccabile, inarrivabile. Non permette allo studente di fare domande, non chiede allo studente di partecipare. Si posiziona persino su un “palco” tanto per rendere ancora più evidente il gap intellettivo (presunto) tra studente e professore. Questo succede in quasi tutte le università, pubbliche o private che siano. Maggiore partecipazione si ha, ovviamente, nei corsi scientifici, dove il numero di studenti è nettamente inferiore.
5. GLI ORARI (E LE ASSENZE) DA BIANCONIGLIO
Situazione standard: Prof che non si presentano a lezione (ovviamente senza avvisare) e prof che avrebbero 2 ore di lezione e fanno 40 minuti (entrano venti minuti dopo, 15 di quarto d’ora accademico e 5 di assestamento), poi pausa di mezzora, poi termine delle lezioni 20 minuti prima del previsto (sempre per quarto d’ora accademico e 5 minuti di assestamento). In buona sostanza gli studenti che provengono dalla provincia, cominciano a fare questo ragionamento:
“Per farmi 45 minuti di treno e 40 minuti di lezione (quando va bene e il prof c’è), tanto vale che stia a casa”. Frase sentita, ripetuta e ascoltata centinaia di volte. Morale: restano a casa. E poi magari mollano l’università.
6. I COSTI (MA L’UNIVERSITA’ PUBBLICA NON ERA GRATIS?)
Se frequenti un’università pubblica e hai la sfortuna di avere dei genitori dipendenti (leggi: non evasori) la tua rata sarà salata. E’ molto difficile rientrare nei parametri di “basso reddito”, se non quasi impossibile. La media dei soldi sborsati in una università pubblica, varia in media tra gli 800 e i 1200 euro, mica poco, considerando quanto si paga normalmente di tasse sul reddito, sui consumi ecc…
Se frequenti un’università privata, le cose si complicano. Si passa da circa 5000 euro della Cattolica per il primo scaglione di reddito, agli 11’000 della Bocconi… Certo, si paga la qualità, e molte di queste università offrono borse di studio e rate agevolate, anche se l’approccio è quasi sempre quello di premiare il “reddito”.
7. MERITO QUESTO SCONOSCIUTO
Merito… beh dipende. Le università pubbliche raramente organizzano concorsi di “sollievo dalla tasse” per merito. Tendenzialmente si tratta di graduatorie effettuate esclusivamente sul reddito. Qui si può essere d’accordo o no. io non credo sia giusto che una persona con la media del 25 abbia rate pagate e magari un appartamento e che una persona con media del 30 debba pagare tutto. Non si tratta solo di questione di giustizia ma anche di creazione degli incentivi. Che incentivo dai alla ragazza “povera” con la media del 25? Di rimanere mediocre. Che incentivo dai al ragazzo “ricco” con la media del 30? Di essere bravo solo per la gloria, e ad esempio non per il risparmio di soldi (incentivo non trascurabile per la mente umana).
8. DOTTORATI PER RACCOMANDATI
Chiudo questa classifica con uno dei problemi più gravi dell’Università italiana. Ovvero i concorsi per i dottorati di ricerca.
Disclaimer: alcune università utilizzano sicuramente criteri di merito per assegnare le borse di studio, gli assegni di ricerca per i dottorati, ma molte non lo fanno, e io ho le prove (come tutti).
I concorsi per il dottorato sono spesso creati “Ad personam” per il candidato preferito del prof di turno. Si tratta di bandi nei quali magari viene “valutata molto positivamente una eventuale ricerca del candidato riguardo la “Storia Antica dei Tapiri Babilonesi” piuttosto che desiderare un candidato “che abbia svolto periodi di ricerca in un paese dell’Africa sub-sahariana in mesi estivi” .
Non mi dire! Uno dei candidati aveva proprio scritto una tesi sul ruolo del tapiro femmina nella società babilonese, e l’altro aveva fatto le vacanze a Marsa Alam, confine col Sudan! Bisogna assolutamente dare loro la borsa di studio.
Ho amici che mi hanno addirittura detto:”Devo far fintadi fare domanda per il dottorato, tanto so già di essere preso”. Si tratta di una situazione veramente sconfortante, specialmente se si considera il numero di studenti che ogni anno tenta la strada del dottorato,
Infine c’è chi, durante il dottorato, si rende conto che i report mensili (si, al dottorando è richiesto anche di fare qualcosa di ricerca), non vengono quasi mai letto. E allora incontri la persona che ti racconta di aver giocherellato per 3 anni, e di aver mandato report a caso copiati da Wikipedia, fino a trovarsi alla scadenza della presentazione della tesi, ovviamente con l’acqua alla gola. Un ex dottorando di un’importantissima università del Nord Italia, è addirittura scappato in Francia, dopo essere stato scoperto… e come mai nessun prof l’ha denunciato (si era preso 1300 euro al mese per 3 anni)? Perchè ovviamente anche i prof sarebbero stati ritenuti responsabili di questa “truffa”…
Insomma, sono tantissimi i motivi che portano gli studenti a non riconoscersi e non credere nelle istituzioni universitarie.
Personalmente mi sono trovata molto bene a studiare in America: pur trattandosi di università pubbliche. Le classi erano piccole, gli insegnamenti molto interattivi e gli esami veramente meritocratici.
C’è veramente molto, se non tutto da migliorare. E forse non si tratta solo di fondi.
Elisa Serafini