Lo scandalo PRISM sta dominando la cronaca dagli Stati Uniti d’America, si credeva che Obama fosse immune a certi grandi scandali, invece la vicenda PRISM ha cambiato le carte in tavola, mostrando come sia un vizio tutto americano quello di invadere la privacy in nome di una presunta maggiore sicurezza.
Sintetizzando la Nsa (National Security Agency), l’agenzia per la sicurezza statunitense, controlla e monitora da almeno sei anni le comunicazioni online all’estero, tale progetto è stato chiamato appunto PRISM.
I server da cui hanno attinto informazioni sono quelli di Facebook, Google, Microsoft, Yahoo, PalTalk, Youtube, Skype, i servizi online di AOL(America Online) ed infine Apple. Ciò che ha maggiormente scandalizzato è stato il fatto che questi controlli possono essere fatti senza chiedere autorizzazioni a nessuno, senza nessuna prova che tali dati vadano controllati per un probabile pericolo. In parole povere fanno il cavolo che gli pare.
Il caso PRISM ha riportato all’attenzione generale i vari timori riguardo la privacy sulla rete, ma guardando la lista dei servizi/social controllati si nota la mancanza di uno dei più rinomati e frequentati, ossia Twitter.
Il noto servizio di microblogging è quello che più di tutti si è battuto per proteggere la privacy dei propri utenti dai tentativi di controllo del governo. La Electronic Frontier Foundation ha recentemente dato 6 stelle su 6 per la sua eccellente protezione della privacy.
Ma uno dei motivi per cui non è stato chiesto da parte del Nsa di partecipare al programma PRISM è che in Twitter circolano pochi dati privati degli utenti. Su questo social si entra in contatto con gli altri non parlando dei fatti propri ma commentando eventi comuni, si formano micro-comunità attorno ad un hashtag. Su Twitter devi avere un’opinione e devi essere capace di sintetizzarla in 140 caratteri. Al contrario su Facebook si comunicano i propri fatti, cosa si è fatto nella precedente serata, come vanno gli esami ed i colloqui, si postano foto di ogni momento della nostra vita ed altro ancora.
Oltre a lodare Twitter vanno lodati anche gli utenti che in un mare di social sempre più invasivi, circondati da likers incontinenti che hanno perso la capacità di esprimere un’opinione critica, preferiscono il microblogging per esprimersi, forse in maniera troppo sintetica e troppo ironica, ma perlomeno evitano di tediarci con la loro vita privata. Perché la difesa della propria privacy inizia anche da noi stessi, che sempre più stiamo perdendo il valore della discrezione.