Mercoledì sera l’incidente ferroviario di Santiago. L’ansa rimbalza di redazione in redazione ed in tempo zero è sulle prime pagine di tutte le testate online. Pochi minuti e arrivano le prime immagini scattate sul posto, tra lamiere, soccorritori e, purtroppo, corpi senza vita.
La successiva ondata emotiva per gli internetspettatori è causata dalla diffusione del video del deragliamento. I giornali lo rilanciano, le bacheche di Facebook e Twitter vengono inondate da commenti tipo “Mamma mia!”, “Agghiacciante!” e “Che roba, ragazzi!”.
Fin qui, tutto nella ordinaria amministrazione, direte voi, attenti frequentatori del web e del mondo del giornalismo.
Se non che, qualche ora dopo, immancabili e attese come il 150esimo post chilometrico di Scanzi o il milionesimo scandalo doping nel ciclismo, cominciano ad arrivare le infografiche.
La prima che vedo è quella di El Pais, dettagliatissima, esteticamente apprezzabile, in continuo aggiornamento. A ruota il Corriere e tanti altri.
Dopo una rapida occhiata all’ennesima declinazione dello strumento preferito dal giornalismo del XXI secolo, mi sono chiesto: “Ma a che cazzo serviva un’infografica su un treno che esce dai binari in curva?”. Oltretutto dopo che tutto il mondo ha già visto il filmato originale.
Come per ogni aspetto della nostra vita quotidiana, l’eccesso non è mai un bene e, a parer mio, questo è il classico caso paradigmatico di come la fame compulsiva (e la necessità) di gloria del giornalismo moderno abbia passato il segno. Capisco bene la preoccupazione di un direttore che ha poco tempo a disposizione per produrre materiali di qualità che possano attirare click sulle proprie pagine e non su quelle dei competitors, ma credo anche che vi sia da considerare una questione di rispetto. Rispetto per l’intelligenza dei lettori.
Capiamoci.
Se io vi dico “un treno è deragliato” voi riuscite a crearvi un’immagine mentale dell’accaduto?
Se aggiungo “un treno è deragliato in curva” la vostra immaginazione è in grado o no di inserire questo dettaglio nella rappresentazione che sta scorrendo nella vostra testa?
E se poi, non fidandomi ancora delle vostre capacità intellettive, vi mostro un filmato in cui si vede INTEGRALMENTE l’accaduto, voi avreste ancora dubbi su cosa è realmente successo?
L’infografica, in questa specifica occasione e sempre secondo il mio umile e non richiesto parere, è stato un riflesso pavloviano del post 11 settembre, data simbolo a partire dalla quale ad ogni disastro, calamità naturale, tamponamento a catena o spintone in metrò viene, di default, associata un’infografica.
Prendendo ad esempio quella di El Pais, non solo non capisco cosa aggiunga alla visione del filmato, ma credo fermamente che molti dei dati sciorinati a contorno dello schema dell’incidente (e inseriti al solo scopo di allungare il brodo) potessero (e dovessero) essere enumerati in un qualsiasi articolo di approfondimento sulla vicenda. Sbattere tutto in un disegnino mi è sembrata una scorciatoia bella e buona, come se i giornalisti non avessero voglia di mettersi a scrivere per filo e per segno i dettagli della vicenda.
“Ma no! Un’immagine è più immediata di un testo scritto e per il lettore sarà più semplice assimilare una grande quantità di informazioni” potrebbe rispondere un’infographic addicted. Vero ed è proprio questo il suo scopo.
Oggigiorno esistono infografiche per qualsiasi tipo di informazione, realizzate con modalità e grafiche che spaziano dal minimalista al capolavoro di arte pop. Ce ne sono per spiegare i diversi flussi commerciali dei mercanti di armi europei, per raccontare le nuove vie della droga o la crescita numerica dei soldati in Iraq. Se ne trovano alcune che spiegano l’intricata situazione di holding di alcuni grandi marchi, c’è quella immancabile sulla Costa Concordia e altre meno indispensabili sul mercato italiano della musica, sulle biografie dei grandi pittori o sull’annoso dilemma “aspirapolvere o scopa elettrica?”.
C’è persino l’infografica che spiega cos’è un’infografica!
Ma, sinceramente, crearne una ad hoc per far capire come fa un treno ad uscire dalle rotaie mi sembra un pochettino una presa per il culo.