La semestrale della prima banca italiana non è confortante, ma risponde a una strategia ormai tipica del consigliere delegato, Enrico Cucchiani: wait and see, aspettiamo e vediamo. Un modus operandi obbligato visto che il cantiere della riorganizzazione è ancora aperto. Come anticipato dal Messaggero, in settimana si è tenuto un consiglio di gestione in cui Cucchiani ha conferito alla Banca dei Territori guidata dal direttore generale Carlo Messina la divisione corporate & investment banking per le imprese da 150 a 300 milioni di euro. E proprio le quotazioni di Messina, secondo alcuni rumors estivi, sembra si siano di recente impennate. In vista di un possibile avvicendamento alla guida dell’istituto di credito?
Guardando ai numeri, la banca archivia un secondo trimestre da dimenticare, con utili a 116 milioni rispetto ai 470 del medesimo periodo del 2012 (di cui 173 milioni riferibili a benefici fiscali), a cui si aggiunge un calo del risultato operativo del 70% a 442 milioni, mentre i ricavi si sono fermati a 8,2 miliardi di euro, -8,3% rispetto al secondo trimestre 2012. A pesare, come si legge nella nota stampa, un «significativo “costo opportunità” per il conto economico, pari a circa 640 milioni di euro ante imposte – 450 milioni dopo le imposte – nel primo semestre 2013 (circa 390 milioni ante imposte nel secondo trimestre)», dovuto principalmente ai complessivi 190 milioni di mancato rendimento della riserva di liquidità da 20 miliardi costruita nella prima parte dell’anno per annullare eventuali shock politici. Troppa prudenza? Forse. Sicuramente non è a costo zero.
A ciò si sommano altri 450 milioni di euro ascrivibili all’aumento delle coperture sui crediti deteriorati imposto da Bankitalia. Tant’è che le rettifiche salgono del 24,8% a 2,5 miliardi. Invece nel semestre i crediti deteriorati salgono a 29,6 miliardi (+4,2% sul 2012), mentre le sofferenze (crediti non più recuperabili) salgono a 12 miliardi (11,2 nel 2012), e rappresentano il 3,4% del totale e presentano un tasso di copertura del 123 per cento.
Enrico Cucchiani
Intesa diffida dell’Italia anche per quanto riguarda il suo portafoglio di titoli governativi, che scende di 282 milioni a quota 100,2 miliardi con una durata media di soli 1,7 anni. E mantiene attività liquide per ogni evenienza a quota 85 miliardi di euro, con 127 miliardi di attivi stanziabili presso la Bce. Scende invece la raccolta a 372 miliardi (-2,1% rispetto a fine anno) così come i crediti verso la clientela per 358 miliardi (-4,8%).
Banca Imi, gallina dalle uova d’oro l’anno scorso, riduce l’utile di 32 milioni da 384 a 261 milioni di euro nel secondo trimestre sul primo. Per quanto riguarda le partecipate, tra cui la grana Telco, holding che controlla Telecom Italia – società che oggi ha lanciato un profit warning – Cucchiani ha ammesso in conference call che la situazione è complicata, ma per il momento niente svalutazioni, in quanto «crediamo tutti che ci siano opportunità lì che non sono del tutto apprezzate». Alitalia e Ntv sono le altre due partecipate eccellenti che stanno creando più di qualche grattacapo al top management. Le opportunità che l’istituto punta a cogliere nella seconda parte dell’anno, come ha ribadito il consigliere delegato, non sono in Italia ma all’estero.
Il deleveraging, intanto, continua. Le uscite concordate con i sindacati, 6.600 nell’ultimo anno e mezzo, hanno abbassato del 10,6% i costi per il personale semestre su semestre, da 2,7 a 2,4 miliardi di euro. Bene, ma non basta: le commissioni nette da attività di consulenza e intermediazione sono salite del 20% da 1,3 a 1,5 miliardi nel terzo trimestre 2013 rispetto al medesimo periodo del 2012. Un’arma a doppio taglio.