Il processo di trasformazione in società per azioni della Banca popolare di Milano, caldeggiato dalla Banca d’Italia ma osteggiato dai sindacati, è lungo, complesso e a tratti davvero esilarante. Oggi a margine dell’esecutivo Abi il numero uno di Piazza Meda, Andrea Bonomi ha dichiarato: «Per Bpm rivedere la governance rappresenta il tentativo di essere una banca normale». Immediata la reazione dei sindacati.
Il segretario della Uilca, Massimo Masi, spiega in un comunicato: «La Uilca ha espresso più volte la disponibilità a modifiche della governance affinchè BPM diventi non una “banca normale”, come auspica il Presidente Bonomi, ma una “popolare normale” ed efficiente». Per Masi il problema non sta nella governance, ma «nell’indirizzo generale dell’istituto». Si litiga pure sul concetto di “normalità”.
Per quanto sia tornata all’utile per 105,6 milioni di euro (-131,3 milioni al 30 giugno 2012) Bpm ha segnato crediti dubbi a 4,8 miliardi (+14% su dicembre 2012), con le sofferenze lorde in salita di 279 milioni in sei mesi e un tasso di copertura al 63,5 per cento su un patrimonio netto a 3,5 miliardi. Più che discettare di “normalità”, il punto è capire, laicamente, qual è il modo più efficiente per far ripartire il business di una banca devastata dai conflitti d’interesse. Tuttavia, «anche la follia merita i suoi applausi», diceva la potessa Alda Merini.