Poche ore sono trascorse dall’endorsment di Franceschini che dal palco di Genova ha annunciato che le sue truppe ex popolari (Areadem, o chiamateli come preferite) marceranno al seguito di Renzi al prossimo congresso Democratico. A stretto giro di posta è seguito il pronunciamento di Beppe Fioroni; e, verosimilmente, altri ne seguiranno.
Ora, anch’io non resto del tutto insensibile a questi riposizionamenti vagamente opportunisti – per usare un eufemismo -, tuttavia non condivido le scomposte reazioni a questo presunto rimescolamento delle carte.
Il timore e la preoccupazione di molti stanno nel fatto che Renzi rischia di incassare l’appoggio di tutto l’apparato (di tutti i “rottamandi”), di far sua la partita congressuale per poi divenire un segretario debole in quanto ostaggio dei capibastone del PD e di conseguenza incapace di portare a compimento il progetto che si era prefissato.
Il paragone che più va di moda in queste ore è quello col “tutti con Walter segretario” al momento della (tentata) svolta maggioritaria del centrosinistra e della nascita del PD. Chi utilizza quel paragone non manca poi di far notare come andò a finire, con Veltroni letteralmente inghiottito dall’apparato del partito.
Ebbene, io questa preoccupazione la capisco – di più, la condivido -, ma non certo perchè da ieri pomeriggio Franceschini e Fioroni hanno annunciato il loro appoggio a Renzi. Ovvero: che Renzi alla fine dovesse fare i conti con gli scomodi endorsment dei leader dell’apparato pronti a salire sul famigerato carro del vincitore lo si sapeva fin da subito, perchè meravigliarsene oggi? Questo processo di “renzianizzazione” della dirigenza PD in vista del congresso fa parte delle premesse, non è una novità sconvolgente. O davvero qualcuno pensava che Renzi potesse condurre una campagna congressuale all’insegna della rottamazione della dirigenza PD senza che quest’ultima tentasse di depotenziarla proprio puntando sul cavallo vincente? Un po’ ingenuo, non credete? Io penso – spero perlomeno – che Renzi abbia calcolato il rischio.
Perchè in fondo fare il segretario del PD per trasformarlo finalmente in un qualcosa che rassomigli all’idea originale significa esattamente questo: sfidare la dirigenza di partito, l’apparato – che pure è lì, pronto ad appoggiarti non appena sei il cavallo giusto per la vittoria -, senza però farsi condizionare, depotenziare e, alla fine, fagocitare.
In quanto a premesse, il paragone con Veltroni ci sta tutto; ma per quanto riguarda gli esiti, è prematuro parlare di fallimento, perchè la partita comincia esattamente adesso. Veltroni perse la sua sfida, lasciamo che Renzi ci mostri cosa può fare; lasciamo che ci mostri cosa farà con i voti di Franceschini e cosa farà invece con Franceschini. Poi giudicheremo, sperando di non rimanere delusi.
Insomma, in definitiva io credo che “tutti con Matteo” faccia parte delle premesse della sfida renziana: chi ha interpretato gli endorsment di ieri come un terremoto che modifica il contesto competitivo aveva peccato di ingenuità.