La salute del serpenteAlimentarium un museo da scoprire

Vevey. Svizzera francese. Sul lungolago di Ginevra, dove si vanno a bagnare le montagne svizzere rivestite di manti boschivi, si erge una curiosa e post moderna scultura che ricorda l’accessorio pi...

Vevey. Svizzera francese.

Sul lungolago di Ginevra, dove si vanno a bagnare le montagne svizzere rivestite di manti boschivi, si erge una curiosa e post moderna scultura che ricorda l’accessorio più rappresentativo, benché non il più antico, che ha che fare col cibo: un’altissima forchetta di 8 metri in acciaio conficcata presso la riva del Lemano come monito culinario alla cittadina.

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Lì dal 1995, segnala l’imponente palazzo regale, tutor del museo di scienza dell’alimentazione “Alimentarium, circondato da un giardino di erbe, piante ed ortaggi, che da subito offrono quelle relazioni tra uomo e cibo nienteaffatto pericolose se si conoscono.

Fin dall’ingresso odori, sapori e colori si intrecciano e guidano il visitatore nel cuore del cibo, che nei laboratori di cucina si fa creare, distruggere e trasformare.

Il percorso all’interno delle sale, a dispetto della facciata classica, si articola in strutture colorate, come una moderna grande cucina, offrendo tematiche legate all’iter alimentare: cucinare, mangiare, acquistare, digerire.

Il ‘fil rouge‘ del museo è dunque il cibo, dalla materia prima fino alla sua trasformazione e alla sua conservazione domestica ed industriale, perché, non dimentichiamoci che trattasi di una fondazione Nestlè, nella cittadina dove il fondatore dell’azienda, il farmacista Henry Nestlè, vi si trasferì nel 1839.

Della trasformazione del cibo parlavamo e degli accessori che nei millenni hanno accompagnato ed accompagnano l’utilizzo degli alimenti, stoviglie, posate, pentole in una collocazione temporale e spaziale, secondo una cronologia storica.

Tra antiche suppellettili di rame, coccio e pietra ci si ritrova a sedersi su tavole finemente apparecchiate, con un’estetica dei vari pasti scanditi dalle ore e che lì sono curiosamente sei, perché per il dopocena è prevista una solitaria e rossa mela notturna su un fine piatto di porcellana.

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E’ invece tutta interattiva la sala al piano superiore dove l’assaggio di sapori e la vista di colori diversi mettono alla prova i nostri sensi, primissimi recettori alimentari.

E poi ancora laboratori e prove in una palestra di accessori culinari in cui gli alimenti sono gli attrezzi per allenarsi col cibo, senza dimenticare l’arte che col cibo va a braccetto con ospiti del calibro di Rembrandt e Picasso in quadri a tema.

A corredo del museo e come cornice didattica, sboccia un giardino che da giugno a ottobre si presta ad esperienze di scienze naturali dal vivo per le scolaresche con particolare attenzione al ciclo delle piante con la germinazione dei semi, la fioritura e la maturazione della frutta, la fotosintesi, il ruolo degli insetti, il compostaggio.

In breve tempo si offre una panoramica veloce del mondo dell’alimentazione, dalla fisiologia umana alle materie prime, dalle loro trasformazioni all’industria.

Quando si esce sul lungolago la sensazione è quella di aver compiuto il giro del mondo alimentare in 80 minuti, sfiorando i temi proposti.

Poco approfondite e superficiali sono le tematiche complesse affrontate nella fantasmagoria dei colori, dei sapori e dei cibi? No, sono dei flash, degli spunti quelli offerti dal museo, lontani da quell’approfondimento ed angolazione che caratterizza i nostri di musei.

Ma l’Alimentarium è una lezione dal vivo, esso rappresenta un laboratorio di esperienze che i docenti devono far provare e spiegare agli allievi, sostando a lungo nei corridoi e nelle stanze della mostra.

L’Alimentarium è un mosaico di angoli interattivi che spingono a curiosare nella conoscenza con l’aiuto di chi sa, non uno statico museo adibito solo alla contemplazione distaccata e soporifera.

E’ quindi ‘normale’ camminare tra classi di giovani fra i 6 e i 16 anni seduti a terra a gambe incrociate, ad ascoltare il docente che parla ed illustra, come se si trovassero in classe nei loro banchi.

E qui la cultura si assaggia, ci si ciba e nutre la mente, perché pane e sapere vanno insieme: un catalogo illustrato e con ampie didascalie costa 2 franchi svizzeri (circa 1,64 euro) ed è logico vedere l’acquisto senza esitazione da parte degli alunni, a testimonianza della lezione svolta, non come la solita minestrina riscaldata di scienza dell’alimentazione imparata a mente da un libro.

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Mentre i ragazzi si appropinquano a pranzare dentro il museo che allestisce pranzi giornalieri a tema, i minuti della mia visita volano via, aggirandosi ancora qualche istante sulla cima della forchetta; su lungolago gli occhi statuari del piccolo grande Charlot, che qui trascorse molti anni della sua vita, mi inducono e persuadono a guardare le scaglie di acqua perlacea che oggi ha una colore di sole e di azzurro incredibilmente mediterraneo.

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