Silvio Berlusconi – voto 5 Si è infilato in una crisi al buio più per lui che per il governo. L’istinto di sopravvivenza è intervenuto all’ultimo minuto salvandolo dalla marginalità nella quale era quasi riuscito a relegarsi. Non è scomparso. Al netto del pubblico ludibrio (in sala Garibaldi al senato è esplosa una fragorosa risata generale mentre lui, a un corridoio di distanza, annunciava il voto favorevole alla fiducia) vede erodersi il suo potere contrattuale. Che le colombe riottose decidano o meno di formare un gruppo popolare a sinistra di Forza Italia non cambia il dato incontrovertibile: per lui, ora, sarà impossibile dettare l’agenda al governo. Ma una cosa l’ha ribadita: Prodi escluso, Berlusconi può batterlo solo Berlusconi.
N.b. Se alla fine, come anticipa Europa oggi in un pezzo di Pietro Salvatori, si costituiranno due gruppi separati ma federati che riconoscono nel Cavaliere la figura apicale, allora sarebbe riuscito a realizzare il suo schema iniziale: recitare due parti in commedia, fare sia la maggioranza che l’opposizione. In quel caso voto 10.
Enrico Letta – voto 7 Ha gestito la crisi con coraggio, andando a vedere le carte di Berlusconi fino all’ultimo. Nel momento della verità gli è mancato il cinismo per attaccare direttamente il cavaliere in senato negandogli l’ultimo appiglio all’arco politico: i numeri ballavano e lui ha preferito una scelta conservativa. Finisce per scongelare anche 4 ex Cinquestelle.
Giorgio Napolitano – voto 5,5 Va bene tutto. Va bene che ha cambiato la costituzione materiale (che in presenza di una carta rigida come la nostra non dovrebbe esistere). Va bene che questo governo è, più del precedente, la sua creatura politica. Ma facciamo un passo indietro: se Scalfaro o Ciampi avessero emesso un comunicato di gioia e tripudio per una fiducia incassata dal governo si sarebbe sollevata la stampa di ogni colore. Un chiarimento costituzionale sul ruolo del presidente della repubblica è, come direbbe lui, ineludibile.
Fabrizio Cicchitto – voto 8,5 Difende contro tutto e tutti se stesso e i suoi compagni di fronda. Epico il suo scontro con Sallusti a Ballarò, dove si comporta da signore vero non citando mai la Santanché di fronte al direttore del Giornale. Alla fine in aula è lui a metterci la faccia nella nascita (?) del nuovo gruppo popolare.
Angelino Alfano – voto 6,5 Sopravvive alle sfuriate di Berlusconi e ne porta i segni sul volto tiratissimo. Era percepito come la testa di legno di un partito di plastica. Intorno a lui si sono stretti quelli che un partito vero, ora, lo vorrebbero pure.
Roberto Formigoni – voto 5 Attivo ma non troppo. Convinto ma non troppo. Riottoso ma non troppo. Parte in anticipo ma Cicchitto lo supera in tutto. Da Celeste a vice di se stesso.
Guglielmo Epifani (e il Pd) – voto 7,5 Fa quello che Letta decide di non fare: prova a rintuzzare il rientro dalla finestra di Berlusconi. Bravi tutti i candidati alle primarie a non utilizzare la crisi di governo nella corsa alla segreteria.
Cinquestelle – voto 4 Mentre sul nostro pianeta si consuma un terremoto politico fluttuano nel loro iperuranio, nel mondo delle idee incorruttibili che non spostano un soprammobile. Al netto dello sforzo generoso dell’onorevole cittadino Rizzetto, che ha proposto di tirare fuori un’alternativa di governo, almeno mediatica, sono rimasti in panchina durante tutta la partita. Superficiali i pasdaran, spaventati i dissidenti. Voto 2 ai quattro transfughi M5S al senato: accordano la fiducia a Letta sperando di diventare determinanti. Finiscono col votare insieme a Berlusconi.
@unodelosBuendia