Dopo una notte intera passata a rigirarsi tra le coperte, suona la sveglia. Sono le 5, le 5 di mattina, ed è arrivata anche oggi l’ora di alzarsi. Movimenti al buio, scarpe che scivolano sotto al letto, maglie che toccano maglie. Fuori fa freddo. Una tazzina di caffè, una lavata di faccia e mani e poi si esce. In giro, non c’è ancora nessuno. Tutti dormono. Il cielo si sta lentamente schiarendo, e all’orizzonte, terribili e grigi, si alzano i fumi dei roghi appiccati durante la notte. Questa è la storia di Matteo, di Pasquale, di Giusy e di Gennaro; quest’è la storia di tutte quelle persone che vivono nella Terra dei Fuochi e che ogni mattina devono combattere contro la stanchezza, il dolore e la morte. Questa è la storia di chi, per una volta, ha fatto presto non per lavorare, ma per denunciare il massacro e urlare il proprio dissenso.
Che puoi fare quando la tua vita è questa, sempre uguale da 20 anni? Che puoi fare quando ai fumi, alle discariche, alla monnezza agli angoli delle strade ti ci sei abituato? Quando una città, un paese o anche solo un quartiere ripulito – “normale” – non riusciresti nemmeno ad immaginartelo? Non è la solita storia, trita e ritrita, dei sogni nel cassetto. Qui è la normalità che cozza con l’anormalità. Quello che per qualcuno è assurdo, qui è legge: è regola non scritta di un codice criminale. Nella Terra dei Fuochi, comanda chi appicca, chi scava, chi uccide. È per questo che ti viene naturale gioire – piangere dalla contentezza – quando senti, e vedi, marce come quella di ieri. Marce per la vita. In 20 mila e più, hanno urlato il loro dissenso, da Atella a Caivano. Un popolo finalmente unito, Matteo, Pasquale, Giusy e Gennaro finalmente ascoltati, finalmente non più soli.
20 mila persone, per qualcuno, potrebbero sembrare poche. Per chi vive nella Terra dei Fuochi da anni, sono un’immensità. Un mare che sa di cambiamento. Qui non si manifesta per l’autobus che non passa, per il lavoro che non c’è; per l’assegno che tarda ad arrivare. Per il politico che in galera non ci deve andare. Qui si manifesta per una cosa sola, sacrosanta: la vita. E guai a toccarla. La Marcia della Vita è un esempio, la punta dell’iceberg: sotto la superficie c’è altro, molto altro. C’è un mondo intero.
Twitter: @jan_novantuno