Ancora una volta il PD si rivela il partito “tassatore” per eccellenza, presentando una proposta che vieta qualsiasi transazione commerciale “web” con aziende che non abbiano la P.Iva Italiana
Questo emendamento, se approvato dal Parlamento, andrà a colpire chiunque acquisti servizi o prodotti sul web. Per esempio uno studente che ordina libri universitari su Amazon, un professionista che acquista pubblicità su Facebook (Irlandese), o ancora, un regalo su Ebay (e la transazione potrebbe avvenire con un esercizio commerciale australiano, americano, francese ecc..) o ancora un padre che acquista un calendario con le foto dei figli su un qualsiasi sito di fotografia (spesso tedeschi o inglesi) o un’azienda che acquista servizi o prodotti all’estero.
Il web ha dato la possibilità a migliaia di aziende di offrire i propri prodotti su una piattaforma che non conosce nè limiti di spazio, nè di valuta o di tempo. Una piattaforma che ha permesso lo sviluppo del commercio, della tecnologia e della concorrenza, abbassando di molto prezzi e costi dei prodotti e che ora rischia di essere limitata (solo in Italia) dalla poca lungimiranza del deputato (Renziano) Edoardo Fanucci (PD).
Cosa succederebbe, a legge approvata?
Semplice, aziende come Facebook, Amazon, o anche piccole società estere che vivono di commercio internazionale, dovrebbero chiudere i “ponti” con l’Italia in quanto non potrebbero mai aprire una p.Iva italiana se non avessero una sede fisica nel paese.
Questo comporterebbe un innalzamento dei costi da sostenere per le aziende italiane, che aumenterebbero a loro volta i prezzi dei loro prodotti.
Un’altra, preoccupante conseguenza, potrebbe essere la “ritorsione” degli altri paesi.
Un qualsiasi governo straniero potrebbe dire: “Non permettete alle mie aziende di commerciare con l’italia sul web? E io farò lo stesso con voi!”
Immaginatevi quali danni si creerebbero se il governo americano decidesse di avviare un’azione di ritorsione (per altro prevista dal diritto internazionale) di questo tipo.
Aziende italiane di abbigliamento, di arredamento, di design, ma anche di cibo e e di artigianato sarebbero costrette a chiudere, o ridimensionare di molto la loro struttura, con conseguenze sociali (ed economiche) veramente preoccupanti.
Esiste infine un problema di diritto. L’Italia è firmataria di tutti I maggiori trattati che regolano, liberalizzandolo, il commercio internazionale. Un emendamento come questo andrebbe contro ogni norma WTO e rischierebbe di produrre sanzioni e ritorsioni.
Insomma, una norma che non rispetta nè I trattati internazionali, nè il buonsenso, nè tantomeno le leggi economiche. Ma da un deputato che pochi mesi fa si fece primo firmatario di una proposta di legge che istituiva fondi e finanziamenti per il settore ippico, o fondi per enti e cittadini privati che vogliano ristrutturare casa sulla Via Francigena non ci aspettiamo niente di diverso.
Elisa Serafini