Africa CallingUsoni e le migrazioni “al contrario”

  Lampedusa non è l'agognata meta, ma il drammatico punto di partenza. I viaggi però sono ugualmente pericolosi, i controlli altrettanto rigidi e i rischi esattamente gli stessi delle traversate ...

 https://www.youtube.com/embed/vNpMiI_MJMM/?rel=0&enablejsapi=1&autoplay=0&hl=it-IT 

Lampedusa non è l’agognata meta, ma il drammatico punto di partenza. I viaggi però sono ugualmente pericolosi, i controlli altrettanto rigidi e i rischi esattamente gli stessi delle traversate dalla sponda sud a quella nord del Mediterraneo. Solamente che la direzione dei flussi migratori, questa volta, è opposta. A tratteggiare un mondo così capovolto è Usoni, una serie tv kenyana ambientata in un fantascientifico 2062 in cui ad essere costretti a lasciare la propria terra sono gli europei. Fuggono da un Vecchio continente sul quale non batte più nemmeno la luce del sole e cercano di raggiungere l’Africa, l’ultima Oasi di benessere rimasta sulla Terra. 

Usoni – spiega il regista Cherie Lindiwwe al sito Techmoran.com – è una storia che si concentra sugli ostacoli che affrontano gli immigrati africani in Europa e guarda a come sarebbe la situazione se accadesse il contrario”. I protagonisti della trama sono una coppia che tenta il cosiddetto “viaggio della speranza” e, proprio a Lampedusa, si imbarca su una vera e propria “carretta del mare”, come quelle che hanno condannato alla morte sul fondo del Mediterraneo migliaia di migranti. Almeno 19.372 dal 1988, secondo Fortress Europe.

Di più non è dato sapere perchè, per il momento, della serie stato girato solamente l’episodio pilota. La prima proiezione Ë stata, a fine novembre, alla United States International University di Nairobi dove studia il regista. Ora, per proseguire con le riprese delle puntate successive, gli autori attendono che qualche network nazionale o internazionale scommetta su questa originale trama, a metà tra fantascienza e impegno sociale. 

L’idea, in realtà, non è una novità assoluta per la produzione cinematografica del continente. Alcuni anni fa, il regista beninese Sylvestre Amoussou aveva confezionato il lungometraggio Africa paradis, nel quale una disoccupata francese emigrata negli Stati Uniti d’Africa rischiava il rimpatrio a bordo di un volo charter, proprio come accade oggi a tanti cittadini extra comunitari in tutta l’Ue.

 https://www.youtube.com/embed/IsB-vxM2Vko/?rel=0&enablejsapi=1&autoplay=0&hl=it-IT 

Era il 2006 e la crisi che ora attanaglia l’Europa non era cominciata nemmeno negli Usa. Forse fu anche per quello che, all’epoca, l’opera di Amoussou ricevette poca attenzione fuori dai confini africani. Oggi la situazione è radicalmente cambiata e, a causa della recessione, gli scenari dipinti da Africa paradis e Usoni non sono più così fantascientifici. Portogallo e Angola ne sono l’esempio. 

I giovani lusitani che, vittime di tagli e disoccupazione, lasciano la vecchia madrepatria alla volta dell’ex colonia sono in crescita. Nel 2008 il paese del presidente Josè Eduardo Dos Santos aveva emesso 156 visti in loro favore, nel 2010 sono diventati 23.787 e oggi circa il 38% delle società basate in Angola è portoghese. Come raccontava proprio Linkiesta lo scorso anno, a Luanda, la capitale che si sviluppa incessantemente grazie ai proventi dell’industria petrolifera, i residenti portoghesi sono passati da 45mila a 92mila tra il 2008 e il 2009. 

Per quanto però il Pil di molti stati del continente galoppi a ritmi vertiginosi e impensabili per la Vecchia Europa, l’Africa non è l’El Dorado. O, almeno, non ancora. La ricchezza aumenta, ma alla stessa velocità non si diffondono sviluppo e democrazia che, seppur in crescita, restano ancora lontani per larghi strati della popolazione. Ed è proprio qui che sta il principale stimolo alla riflessione che una serie come Usoni, se davvero confermata, potrà fornire. 

I migranti europei, nella finzione, decidono di intraprendere il pericoloso viaggio in mare per lasciarsi alle spalle un continente invivibile a causa di una non meglio precisata catastrofe. Potrebbe sembrare un’esagerazione cinematografica, ma non è così. Secondo un recente studio del Migration Policy Center, nella stragrande maggioranza dei casi i migranti intercettati o morti nel Mediterraneo provengono dall’Africa sub-sahariana o dall’Asia. Nello specifico, partono da Paesi sottomessi a regimi repressivi in cui prendere contatto con le ambasciate occidentali per richiedere l’asilo politico o un visto è estremamente pericoloso. Per loro, come per i protagonisti di Usoni, fuggire è una scelta obbligata.

Le newsletter de Linkiesta

X

Un altro formidabile modo di approfondire l’attualità politica, economica, culturale italiana e internazionale.

Iscriviti alle newsletter