Qualche anno fa conducevo su Radio Popolare “L’insostenibile leggerezza di…Effenberg”. Era una bella trasmissione che scrivevo con Claudio Agostoni e che ci dava il destro per raccontare il nostro argomento preferito, il calcio e le sue suggestioni romantiche e letterarie. Ricordo una intervista molto bella, protagonista Luigi Bonizzoni, l’amico del cuore di Gianni Brera, per tutti Cina (soprannome guadagnato sui campetti della Bovisa negli anni Quaranta, per via del taglio vagamente orientale degli occhi), allenatore del Milano scudettato nel ’58. Bonizzoni mischiava competenza ed ironia, in un milanese colto e popolarissimo, raccontando di Schiaffino, Altafini e Rivera, provinato sul campo di Linate ed ingaggiato all’istante. Cina mi raccontò dell’Hotel Gallia, la sede del calciomercato: un rito magico, quindici giorni quindici e poche ore per la riparazione di Ottobre, trattative serrate, presidenti avari ed agguerritissimi, altri spendaccioni e gonzi, e un sottobosco di intermediari pronti a vendere la madre per piazzare un terzino mediocre nella rosa -allora erano quindici, sedici giocatori- di una grande squadra. Poi mi disse del conte Lanza di Trabia, quello delle targhe Florio e del Palermo in serie A, che lo ingaggiò nei primi sessanta ricevendolo nudo nella sua suite, e rispondendo al suo stupore: “Voleva che mi mettessi il frac?”. Insomma, una simpatica bizzarria, in una stagione in cui gli eccessi del calcio erano limitati a qualche campione ribelle, e ad una passione popolare innocente ed inattaccabile. Poi arrivarono le televisioni e le partite tutto l’anno, le rose di trenta giocatori, il calciomercato aperto tutto l’anno, le partite truccate e le infilatrazioni, le sbrodolate della critica e della narrazione tifosa, le prodezze sotto le lenzuola di bomber e veline certificate via twitter. Altri tempi, suggestioni diversissime, storie lontane, un pizzico di nostalgia per un passato a cui ci si è affezionati anche non avendolo vissuto. Eppure, pensavo che il calcio geneticamente modificato avesse ancora qualche limite, diciamo etico. Oggi, camminando tra le stanze dell’albergo milanese che ospita il calciomercato, ho visto invece qualcosa di davvero inquietante, capace di battere anche il più forte tentativo di fare ironia. C’era un tale (procuratore? Agente Fifa? intermediario?) che offriva calciatori -suppongo non fortissimi- direttamente da un book: serve un terzino fluidificante? Pronti, ho questo bulgaro giovanissimo. Un mediano di spinta con tre polmoni? Eccolo, direttamente dalla Quarta Serie piemontese. Ah, per l’attacco cosa ne dice di questo esterno rapido e tecnicissimo, peruviano? Le faccio un buon prezzo. Il tutto corredato da foto, dati fisici e tecnici, prezzi. Sembrava un film di Serie B, quelli in cui il portiere di notte offre al cliente attempato un book di escort, per lenire la malinconia di una notte solitaria con altrettanta desolata tristezza. Forse una via di mezzo tra il calcio in bianco e nero e questo frenetico e tritatutto è ancora possibile: il gioco più bello del mondo ha bisogno soprattutto di una nuova generazione di tifosi più esigente, educata alla bellezza e colta di questa.
Ps. Quando scriviamo di pallone, i commenti più frequenti sono “basta col calcio”, “con tutto quello che guadagnano!”, “se ne parla troppo!”, ” è tutto uno schifo!”. Non confondiamo i piani: gli eccessi del calcio non sono colpa del calcio, ma di chi lo gestisce, lo racconta, lo sfrutta, lo strumentalizza. Il pallone, come dice uno che se ne intende (Diego Maradona) non c’entra: il pallone non si sporca.