We the People. Ovvero, “Noi, il Popolo”. Tre parole semplici e, al tempo stesso, tra le più celebri e importanti nella storia politico-istituzionale d’oltreoceano, nonché della società occidentale, in quanto preambolo della Costituzione degli Stati Uniti d’America, una delle più antiche esistenti e tuttora in vigore. Oltre a ciò, “We the People”, a partire dal 22 settembre del 2011, è anche il nome di una apposita sezione del sito web della Casa Bianca dedicata alle petizioni online da sottoporre al Governo Usa. Voluta dal team Obama, nell’ottica di una e-democracy aperta al pubblico e per far sentire più vicina l’amministrazione ai cittadini, la piattaforma permette di raccogliere proposte di legge che, se largamente condivise, troveranno risposta ufficiale da parte dell’esecutivo. Per riuscire a raggiungere l’obiettivo – ma la risposta può essere negativa, ovviamente – la petizione deve raccogliere almeno 100 mila sottoscrizioni (online) entro 30 giorni, e 150 sottoscrizioni per entrare nei motori di ricerca del sito WhiteHouse.gov.
Tra le petizioni più curiose (e al contempo più popolari) degli ultimi tempi, è balzata agli onori delle cronache internazionali anche una particolare richiesta relativa alla giovane stella della musica pop Justin Bieber. Il quale, alcuni mesi or sono, era finito in stato di arresto per alcuni comportamenti un po’ sopra le righe, scatenando le ire di numerosi cittadini americani che, probabilmente colpiti dai fatti, avevano lanciato una petizione per chiedere a Barack Obama di “deportare e revocare la carta verde” alla super star di nazionalità canadese. “Noi, il Popolo degli Stati Uniti sentiamo di essere indebitamente rappresentanti nel mondo della cultura pop”, recitava la petizione. “Vorremmo vedere il pericoloso, imprudente, distruttivo, e consumatore di droga Justin Bieber deportato e la sua carta verde revocata. Egli non solo minaccia la sicurezza del nostro popolo, ma ha anche una terribile influenza sulla gioventù della nostra nazione. Noi, il Popolo, desideriamo che Justin Bieber venga rimosso dalla nostra società”.
Una richiesta bizzarra, a dir poco estrema, che difficilmente verrebbe presa in considerazione e men che mai avanzata in una qualsiasi sede isituzionale. Che, tuttavia, si è trasformata in una (piccola) gatta da pelare per l’Amministrazione Obama, nel momento in cui la petizione è stata sottoscritta da oltre 100 mila cittadini americani, superando la soglia necessaria per ottenere una risposta ufficiale, e successivamente raggiungendo persino le 273 mila firme. A distanza di circa due mesi, la Casa Bianca ha mantenuto la sua parola. In questi giorni, ha finalmente risposto. Per i sottoscrittori, però, solo una mezza vittoria: perché è vero che è giunta una replica ufficiale, tuttavia si tratta di una risposta negativa, seppur molto educata. “Ci dispiace deludervi, ma non possiamo commentare. I termini di partecipazione di We the People affermano che, ‘per evitare l’emergere di influenze improprie, la Casa Bianca può declinare di affrontare determinati appalti, forze dell’ordine, arbitrati, o materie simili all’interno della giurisdizione di dipartimenti federali o agenzie, tribunali federali, o governo statale o locale nella sua risposta a una petizione’. Quindi, lasceremo ad altri il compito di commentare il caso di Mr. Bieber, ma siamo contenti che abbiate a cuore tematiche relative all’immigrazione”.
E qui, il colpo di genio comunicativo del team Obama, che coglie la palla al balzo per promuovere, nelle righe successive, la necessità di una riforma del sistema dell’immigrazione americano. Dunque, nessun commento sullo specifico – e delicato, si direbbe – argomento di Justin Bieber, ma in materia di immigrazione, la Casa Bianca ha molto da dire. Per i 273.968 firmatari della petizione, una mezza delusione. Per i beliebers – così sono chiamati i fan del cantante canadese – e per lo stesso Justin Bieber, un sospiro di sollievo: nessuna deportazione in arrivo.