Da oggi la scuola del Piccolo Teatro di Milano si chiama “Scuola di Teatro Luca Ronconi”. Il Maestro, nato l’8 marzo 1933 a Susa, in Tunisia, direttore artistico del Piccolo Teatro dal 1999, ci ha lasciati lo scorso 21 febbraio, quasi a 82 anni. Era ricoverato al Policlinico di Milano per un’infezione virale che ha aggravato la sua situazione sanitaria già precaria (da alcuni anni si sottoponeva regolarmente a dialisi). Il funerale avrà luogo proprio oggi, martedì 24 febbraio, in forma privata nella parrocchia di Civitella Benazzone, vicino a Perugia, chiesa dei Santi Andrea e Biagio. Nel cimitero di Civitella riposano già la madre e altri parenti, oltre a persone a lui care: Ronconi volle infatti avere la residenza a Gubbio, e a Santa Cristina si trova la sua casa di campagna. È qui che nel 2002 ha fondato anche una sua personale scuola di regia, il “Centro Teatrale Santa Cristina”, “uno spazio di libertà”, come lo chiamava, ovvero “dove è possibile lavorare a un progetto con modalità che altrove non sarebbe possibile mettere in pratica”.
Il fatto che avesse creato il suo luogo per lavorare con gli attori, come il fatto che ora la Scuola del Piccolo porti il suo nome, sono conseguenze di un aspetto fondamentale di come Luca Ronconi interpretò il suo ruolo nel mondo del teatro: era anzitutto regista. Certo, si diplomò alla Accademia Silvio D’Amico a Roma nel 1953 come attore, e già nello stesso anno debuttò da coprotagonista con Vittorio Gassman in “Tre quarti di luna”, per il testo e la regia nientemeno che di Luigi Squarzina, con cui lavorò, tra pause come drammaturgo, uno spettacolo con Michelangelo Antonioni e altri registi, fino al 1963: a trent’anni però Ronconi lasciò la recitazione e si dedicò da quel momento in poi esclusivamente alla regia. La sua ricerca si è mossa verso il rapporto con gli attori, da approfondire insieme ad una lettura minuziosa del testo drammaturgico di volta in vota adottato: la recitazione estremamente rallentata che sempre ha chiesto ai suoi interpreti era lo specchio della profondità psicologica con cui doveva emergere il personaggio rappresentato sul palco.
È nella sua Umbria, a Spoleto, che nel 1969 Ronconi propone lo spettacolo che lo consacra a fama internazionale: è l’”Orlando Furioso”, riscritto con Edoardo Sanguineti pensato non per una sala teatrale, ma per un qualsiasi luogo, seppur rettangolare. Viene infatti rappresentato nella Chiesa di San Nicolò di Spoleto: sui lati corti si trovano due piccoli palchi scomponibili e mobili, e gli attori si muovono e recitano su carrelli, anch’essi in azione. Il pubblico vive lo spettacolo in prima persona seguendo le azioni degli attori direttamente e spostandosi nello spazio. Vari momenti accadono simultaneamente in più luoghi, in totale indipendenza reciproca: gli spettatori singolarmente decidono quale di volta in volta seguire. Anche “Infinities”, spettacolo di anni successivi, siamo nel 2002, si svolge in un luogo assolutamente innovativo per il teatro: siamo nei laboratori di scenografia ormai abbandonati del teatro Alla Scala di Milano. Qui l’attenzione di Ronconi si concentra su un testo non teatrale, bensì scientifico: “Infinities”, infatti, cerca di raffigurare il concetto matematico dell’illimitatezza temporale, riportandolo in vari momenti simbolici da vivere come spettatori in prima persona percorrendo i diversi spazi dell’ex laboratorio.
Regista sempre attento alla ricerca di nuovi linguaggi sulla scena, seppur considerando di fondamentale importanza anzitutto il testo di partenza, drammaturgico o meno, con cui relazionarsi con rispetto e fedeltà, Luca Ronconi a Milano è in questi giorni ricordato nei foyer delle tre sale del Piccolo (Strehler, Studio e Grassi), dove si trova un libro aperto con i messaggi e i pensieri che il pubblico vuole rivolgergli. Domenica 8 marzo, poi, giorno in cui avrebbe compiuto 82 anni, Ronconi verrà salutato con una intera giornata di proiezioni dedicate ai grandi spettacoli che hanno segnato la storia del teatro italiano e internazionale, e da alcuni video-documenti sul suo lavoro alla Scuola del Piccolo Teatro e al Centro Teatrale Santa Cristina. Tra questi, i ritratti girati da Jacopo Quadri, da Ariella Beddini e uno speciale di Felice Cappa. Le proiezioni saranno su grande schermo al Teatro Grassi, alle ore 20, e diffuse nei monitor del Chiostro di via Rovello e delle altre sale, nell’arco della giornata. Lunedì 9 marzo, sempre al Teatro Grassi, alle ore 20, gli artisti che gli sono stati più vicini porteranno una personale testimonianza del lavoro con Luca Ronconi. Accanto a loro, gli allievi della Scuola del Piccolo e del Centro Teatrale Santa Cristina.
Ronconi fu un regista molto amato anche all’estero (portò i suoi spettacoli a Parigi, Vienna, Belgrado, fino a tournee con il Piccolo Teatro negli Stati Uniti e in tutto il mondo), che stabilì anche rapporti di stima con protagonisti internazionali del mondo dello spettacolo e dell’arte, basti pensare alle lettere che stanno arrivando in questi giorni al Piccolo tra cui quella di Bob Wilson, il regista americano che definisce Ronconi “un gigante”, o quella di Luc Bondy, direttore dell’Odeon di Parigi.
Info. www.piccoloteatro.org