Blog di una liberaleHomo Homini Lupi: cos’è il clientelismo e come è possibile affrontarlo

Non sono bastati i numerosi arresti dello scorso anno, il milione di euro di tangenti (per mezzo miliardo di appalti), i numeri, già sconvolgenti, di un'inchiesta che ha travolto Expo 2015 fin ...

Non sono bastati i numerosi arresti dello scorso anno, il milione di euro di tangenti (per mezzo miliardo di appalti), i numeri, già sconvolgenti, di un’inchiesta che ha travolto Expo 2015 fin dalla sua nascita.
 

Non sono solo i Lupi, a essere presunta parte del sistema, ma tutti i politici e uomini, che per colpa del nostro sistema paese, si ritrovano spesso, troppo spesso, a essere coinvolti in pericolosi intrecci tra politica e industria. Intrecci nei quali soldi pubblici vengono spartiti tra politici e imprenditori compiacenti, una realtà che conosciamo da tempo e che ha un nome ben preciso: clientelismo.

In Italia quando si parla di soldi pubblici spesso si pensa a monete d’oro e banconote colorate provenienti da un fantastico Monopolino: soldi di tutti e quindi, di nessuno.
Soldi spendibili senza criteri di efficienza, tanto chi controlla?
Soldi spendibili senza criteri strategici, tanto sono infiniti. 

Questa mancanza di incentivi di tipo “privato” alla gestione della spesa, ovvero la mancanza di efficienza, la parsimonia, la strategia, mette nelle mani dei politici un potere ben sfruttabile nei sistemi democratici: il clientelismo.

Vale la pena spiegare, in poche parole, cosa indichi questo termine. 
Un consigliere regionale essere (o rimanere) eletto, avrà sempre bisogno di voti. I voti potranno essere gudagnati in modo “puro”, ovvero grazie alla fiducia che i cittadini ripongono in lui, grazie ad una giusta pubblicità ecc… oppure, come spesso accade, grazie alla creazione di un sistema di veri e propri “favori” a persone chiave che possano garantire un buon numero di voti e quindi una buona probabilità di successo nelle elezioni.

Questi favori sono proprio gli appalti, i permessi, le concessioni, tutto ciò che è, per forza di legge, nelle mani della politica e dei sistemi amministrativi (regioni, assessorati, consigli, aziende pubbliche ecc..) e che sempre più spesso viene usato come vero e proprio strumento di costruzione del consenso democratico. 

E non sono pochi gli esempi, basti ricordare il nome di qualche società partecipata dallo Stato, della Regione, o persino della propria provincia per collegarla a qualche recente fatto di cronaca o di malamministrazione. 

Se le cause non possono essere solamente legate all’entità della presenza dello Stato nell’economia, è anche vero che non possiamo aspettare che altri scandali portino il mondo politico etico (e quindi raro) ad intervenire riformando l’intera struttura. Serve quindi una totale riforma della presenza dello Stato nell’economia, che porti alla privatizzazione urgente e necessaria di una buona parte delle società partecipate e pubbliche, con una conseguente riduzione di costi e un’asupicabile diminuzione dei fenomeni di corruzione. Per manifestazioni eccezionali come EXPO, o per le grandi opere, potrebbe essere utile per esempio istituire delle authority di controllo, più che delle società partecipate. 
La corruzione costa al cittadino e per averne meno è importante avere meno Stato.

Non è una regola universale ma un approccio che almeno in Italia, meriterebbe una seria e approfondita riflessione, prima che i nostri soldi, finiscano veramente.

Elisa Serafini

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