“When something happens in South Central Los Angeles, nothing happens: it's just another n---a dead”.
Ovvero, “quando qualcosa accade a South Central Los Angeles, non è accaduto nulla: è ...
“When something happens in South Central Los Angeles, nothing happens: it’s just another n—a dead”.
Ovvero, “quando qualcosa accade a South Central Los Angeles, non è accaduto nulla: è solo un altro negro morto”. Con queste parole, nude e crude, pronunciate dalla inconfondibile voce di un giovane e brillantinato Ice Cube (al secolo, O’Shea Jackson), cominciava “Straight Outta Compton”. Che, prima ancora di essere il titolo di una pellicola di successo nelle sale cinematografiche di tutto il mondo, era il nome di una famosissima e famigerata canzone, nonché dell’album d’esordio, degli N.W.A., acronimo di “Niggaz With Attitude”, gruppo rap composto da Eazy E, Ice Cube, Dr. Dre, Mc Ren e Dj Yella. Cinque persone che, in pochi anni, dalla povertà al successo planetario, dalla tutto fuorché ridente località di Compton, nella California del sud, furono in grado di cambiare volto alla musica – e, un po’, anche alla società.
Era il 1988. L’hip-hop, all’epoca, non era un prodotto mainstream come lo sarebbe diventato qualche decennio più tardi, ma anzi cominciava a muovere i suoi primi passi nel mercato musicale a stelle e strisce, tra i ritornelli divertenti di Grandmaster Flash, le influenze rockettare dei Run DMC, e i brani di protesta sociale dei Public Enemy. Fino ad allora, si era fatta sentire soltanto la voce della East Coast e, in particolare, di New York City, confermatasi all’avanguardia anche per questo particolarissimo genere musicale. Con il dirompente arrivo degli N.W.A., e successivamente di tutti i loro derivati, la scena dell’hip-hop – e non solo – mutò radicalmente: la West Coast, la costa ovest degli USA, dai sobborghi di Los Angeles, era pronta a fare sentire il suo ruggito rabbioso, forte, quasi violento. Per raccontare al mondo quanto accadeva a una manciata di chilometri di distanza da Hollywood e Rodeo Drive, sulle strade di South Central e Compton, i quartieri più pericolosi della cartina geografica losangelina.
Straight Outta Compton era – ed è tuttora, per certi versi – un album esplosivo. Al suo interno, subito dopo il biglietto da visita che diede il titolo anche al disco, brani come “Fuck tha Police”, dai contenuti decisamente espliciti ed eloquenti, dedicato alla brutalità della polizia di Los Angeles, e “Gangsta Gangsta”, sullo stile di vita e sulle storie poco edificanti del ghetto. Nulla a che vedere con quanto visto fino ad allora su MTV et similia. Un concentrato di rime al vetriolo, il racconto brutale di una realtà dimenticata e abbandonata a sé stessa, che l’America bianca, benestante e spesso benpensante, fino ad allora, aveva ignorato, o fatto finta che non esistesse. Oltre due milioni di copie vendute, con un successo commerciale direttamente proporzionale al polverone sollevato dalle “lyrics”, ovvero i testi, delle canzoni del gruppo. Come facile prevedere, “Fuck tha Police”, su tutte, scatenò un putiferio, portando persino FBI e Secret Service a inviare una letteraccia a Ruthless Records, casa discografica che distribuiva Ice Cube e compagni, in cui si lamentavano per il messaggio diffuso dal pezzo: la musica degli N.W.A, per qualche periodo, fu pressoché bandita dalle stazioni radio e dalle reti televisive, e a loro fu impedito di esibirsi in più di un’occasione. “I rapper si scagliano verbalmente contro le forze dell’ordine, che accumulano abusi e prepotenze discriminatorie nei quartieri neri, peraltro sorvolati costantemente da un nugolo di elicotteri muniti da potenti fari”, ha scritto il francese Olivier Cachin nel suo “Il Rap – l’offensiva metropolitana” (1996, Electa/Gallimard). “L’atmosfera caotica da guerra civile che regna nei brani degli N.W.A. rivela l’aspetto cupo e ultraviolento dell’America nera”. Seguiranno gli anni del pestaggio a Rodney King, dell’assoluzione degli agenti responsabili delle violenze, degli spaventosi riots dei sobborghi di L.A.: “Il cinismo e il compiacimento nelle parole degli N.W.A. rispecchiano quella fascia di gioventù nera che non si aspetta più niente dal sistema”. Era l’esplosione del fenomeno del gangsta-rap. E “Fuck Tha Police”, come ha notato il giornalista Fabio Germani nel suo libro “RAP – Viaggio nella generazione hip hop” (2014, 40k), ne era la sua bandiera.
Sono passati quasi trent’anni, dall’uscita di “Straight Outta Compton” sugli scaffali dei negozi di dischi degli Stati Uniti e del mondo. Molte cose sono cambiate. Non esistono più i negozi di dischi, in un mercato dominato dal digitale, dalle librerie di iTunes e dai servizi streaming come Spotify o Apple Music. Il gangsta rap, dopo i ruggenti anni ’90 e gli eccessi culminati nelle violenze che portarono alla morte di 2pac e The Notorious B.I.G., oggi non fa più paura né impressione, e con il tempo si è trasformato in un sottogenere nella catalogazione commerciale della musica, al pari del reggaeton o dell’acid jazz. Non esistono più nemmeno gli N.W.A.: il gruppo si è sciolto pochi anni dopo “Straight Outta Compton”, tra litigi tra componenti come Eazy E e Dr. Dre, questioni finanziarie, e anche la triste scomparsa nel 1995 dello stesso Eazy E, Eric Lynn Wright, colui che per primo li aveva riuniti. Gli altri componenti hanno proseguito le proprie carriere, con risultati diversi. Ice Cube è diventato, oltre che un rapper, un attore e un personaggio televisivo di discreto successo. Capitolo a parte per Dr. Dre, Andre Young, produttore, rapper, imprenditore, colui che ha scoperto Snoop Dogg ed Eminem, ha inventato le cuffie Beats (poi vendute ad Apple), e oggi personaggio più facoltoso dell’hip-hop, se non dell’intera scena musicale a stelle e strisce. Mc Ren, Ronald Jerald Patterson, ha proseguito con la musica, in veste di rapper, con un seguito alquanto ridotto e qualche ospitata sui dischi di altri colleghi. DJ Yella, Antoine Carraby, infine, ha abbandonato la musica dopo alcuni insuccessi commerciali, per dedicarsi a tempo pieno alla produzione di film pornografici (è tutto vero: ne ha oltre duecento al suo attivo). I fan hanno atteso per anni una più volte annunciata “reunion”, e a inizio anni 2000, dopo l’Up in Smoke Tour di Snoop Dogg, l’album di ritorno “Not These Niggaz Again”, con lo stesso Snoop a sostituire Eazy E ed Eminem come ospite d’eccezione, sembrava cosa fatta: non se ne fece nulla, e il progetto diede vita a sole due canzoni (“Chin Check”, dalla colonna sonora di “Next Friday” e “Hello”, in un disco di Ice Cube).
Nell’America dei millennial, la generazione nata a cavallo tra gli anni ’90 e il 2000, “Straight Outta Compton” è soprattutto il titolo di un film hollywoodiano, che celebra le gesta – da alcuni dimenticate, da altri ignorate per ragioni puramente anagrafiche – di un gruppo rap di cui si sono perse le tracce, ma che Rolling Stone Usa ha piazzato all’83esima posizione nella classifica dei cento più grandi artisti di tutti i tempi. Non è la prima volta, che gli N.W.A. finiscono sul grande schermo: nella prima occasione, a inizio anni novanta, fu una vera e propria parodia, intitolata “CB4” e firmata dal genio comico di Chris Rock, in cui un improbabile “Mc Gusto” (interpretato da Rock, appunto) diventava leader del gruppo gangsta rap CB4 (da “Cell Block 4”, cella braccio 4) e incideva “Straight Outta Locash”. Una presa in giro, satira nei riguardi degli stessi N.W.A., quasi a sostenere la finta natura “gangster” della band. A distanza di quasi tre decenni tutto questo ha scarsa, se non nulla importanza. La loro arte era un riflesso della loro realtà allora, e lo resta ancora oggi. Rimane tuttora il messaggio, forte e indelebile, di un gruppo che è stato capace di cambiare le regole del gioco, non solo sul tavolo della musica, ma anche e soprattutto, elemento da non trascurare, di quelli della cultura e della società. Ricordare le loro imprese, con una biopic celebrativa e romanzata quanto basta, è importante, come peraltro confermato dall’affluenza straordinaria nelle sale di tutti gli States. C’è ancora bisogno di N.W.A., nel 2015? La risposta è sì, assolutamente sì. Anche perché, al di là delle luci dei riflettori e dei red carpet di Hollywood, a prescindere dai percorsi intrapresi da ciascuno di loro, le parole e i concetti contenuti nei brani di Eazy E, Ice Cube, Mc Ren, Dr. Dre e Dj Yella, oggi, nell’America di Ferguson, delle tensioni razziali e delle polemiche sulla brutalità delle forze dell’ordine, sono più attuali che mai.