Blog di una liberaleLo Smart Working è un’opportunità: non sprechiamola

Giovedì inizierà la discussione parlamentare sul tema dello Smart Working, ovvero il "lavoro agile", cioè la possibilità per ogni azienda, di estendere ai propri dipendenti l'opportunità di lavorar...

Giovedì inizierà la discussione parlamentare sul tema dello Smart Working, ovvero il “lavoro agile”, cioè la possibilità per ogni azienda, di estendere ai propri dipendenti l’opportunità di lavorare da casa o da luoghi diversi dalla sede ordinaria di lavoro.

Questa modalità di lavoro, agevolata dalle nuove tecnologie e dalla possibilità di essere sempre connessi con i documenti e dati dell’azienda, si inserisce in un contesto di innovazione che va avanti da decenni in molti paesi del mondo. E’ normale incontrare lavoratori “agili” dipendenti delle più grandi multinazionali in USA, Inghilterra, Spagna, Cina. Il lavoro “smart” è proprio quello di chi lavora a obiettivo e a progetto.
Per un giovane “Digital Manager”, o un designer, per esempio, è relativamente poco utile lavorare secondo gli orari di ufficio “canonici”. Queste professioni infatti, svolgono lavori che sono regolati al 100% da obiettivi e risultati. Non serve, insomma, timbrare un cartellino o rispondere a un telefono.
Anzi, quello che spesso accade è che, lavorando su obiettivo, i giovani che ricoprono queste professioni, siano i più penalizzati dagli orari di lavoro.

I giovani che ricoprono professioni “a obiettivo”, sono i più penalizzati dagli orari di lavoro.

Come i dipendenti “ordinari” entrano alle 9 (pena essere guardati malissimo da colleghi e superiori), ma come dipendenti “strategici” si trovano a gestire orari di uscita o di lavoro assolutamente “non ordinari”.
Qualsiasi persona abbia lavorato in un ufficio stampa, in un’agenzia di comunicazione, in uno studio di design o altro, sa perfettamente di cosa stiamo parlando.
In sostanza, il professionista “strategico” ha tutte le sventure del dipendente ordinario (compreso lo stipendio) e tutte le sventure del dipendente “a obiettivo”. Senza poter contare su alcuno dei vantaggi (es: la flessibilità, e/o la sicurezza degli orari di lavoro – a seconda delle proprie esigenze).
L’opportunità che offre il ddl dello Smart Working potrebbe restituire dignità ai lavori creativi. Lavori per cui è necessario pensare, strutturare, progettare, Lavori in cui il professionista dovrebbe decidere quale e quanto tempo usare della sua vita. Tanto è il risultato a deciderne il successo e l’efficacia.

Allo stesso tempo i vantaggi di poter regolamentare il lavoro “flessibile” si potrebbero estendere a due fasce di lavoratori da sempre svantaggiate: le donne e i disabili.
Una madre potrebbe lavorare in orari compatibili con la scuola o l’asilo dei figli, risparmiando 1 o 2 ore al giorno di spostamenti da/verso il luogo di lavoro, con un impatto sulla qualità del lavoro, della vita, e dell’ambiente.

I disabili – allo stesso tempo- potrebbero essere assunti da aziende piccole, non soggette all’obbligo previsto dalla legge di offrire lavoro alle cosiddette categorie protette. Che differenza fa se un uomo ha disabilità motoria, ma mi porta avanti un lavoro, più che egregiamente, da casa?

I vantaggi di questo provvedimento sarebbero davvero moltissimi. L’opportunità che si presenta è talmente importante da non poter essere sprecata.
Purtroppo si stanno rincorrendo voci di modifica al testo, che sembrano però andare in tutt’altra direzione.
Maurizio Sacconi propone di far adottare la formula delo smart working, solo a chi guadagna più di 30.000€ all’anno, escludendo quindi i giovani professionisti e – purtroppo – molte donne, Inoltre, sembra che il dipendente “agile” possa essere trasformato più facilmente in un soggetto simile ad una p.iva, creando un ibrido che però, rischia di creare ulteriore confusione agli operatori.

Elisa Serafini