Il sistema industriale italiano si basa sulla piccola e piccolissima impresa: difatti, in base ai recenti dati ISTAT solo l’1% delle aziende italiane hanno più di 250 dipendenti. Analisi statistiche, studi teorici e verifiche empiriche hanno dimostrato, ampiamente, la rilevanza delle piccole e medie imprese all’interno del tessuto industriale del nostro Paese.
Il fenomeno delle PMI localizzate nei distretti industriali è interpretato come la manifestazione di una diversa organizzazione della produzione, caratterizzata dalla specializzazione flessibile, dalla ricerca di economie esterne tali da annullare i costi dalle basse economie di scala, dalla diffusione territoriale di attività industriali.
Di conseguenza, tra i Paesi avanzati, l’Italia presenta un sistema industriale del tutto peculiare, che si può così sintetizzare: un piccolo numero di grandi gruppi e un numero ancor più limitato di pilastri industriali, capaci di esprimere un fatturato superiore ai venti miliardi di euro; una straordinaria costellazione di imprese piccole e medie (cioè con meno di 250 addetti), con una specializzazione manifatturiera incentrata sui settori tipici del Mady in Italy (moda; design; alimentare, meccanica); oltre 200 distretti industriali, spesso leader mondiali nei loro settori o nicchie di attività, fenomeno, quest’ultimo, del tutto assente in simili proporzioni negli altri Paesi maggiormente industrializzati.
I distretti servono anche a sviluppare grandi centri produttivi che risultano in grado di affrontare meglio la competizione globale, al fine di realizzare un consolidamento, che attraverso fusioni o acquisizioni, possano accorpare pezzi oggi troppo sparsi del Made in Italy, facendo sistema e dando ulteriore slancio ad imprese dal valore aggiunto.
Di converso, nelle piccole imprese, il controllo familiare, determinante per l’avvio di nuovi progetti imprenditoriali e per la prima fase di sviluppo, risulta spesso da ostacolo alla successiva espansione dell’attività, per carenza di capitale e incapacità a innovare e/o a sfruttare adeguatamente le innovazioni.
I vantaggi competitivi dei distretti per le PMI italiane sono specifici e riguardano l’inarrestabile capacità di riorganizzarsi, riposizionarsi, rispetto a mutamenti di mercato e produrre anticorpi tali da mantenerli, sulla scena produttiva, quasi fossero una sfida permanente, un modo originale di generare sviluppo e di integrarsi nei mercati, nei cicli espansivi, come in quelli di bassa congiuntura. Grazie ai distretti, difatti, la produzione è assicurata dall’interazione e dalla cooperazione tra imprese di piccole dimensioni molto spesso localizzate in aree territoriali circoscritte. Uno dei vantaggi competitivi dei distretti industriali italiani è rappresentato ancora dall’accentuata divisione del lavoro tra piccole e medie imprese indipendenti, variamente collegate ad altre imprese, che condividono uno stesso processo produttivo. La specializzazione delle fasi produttive permette, difatti, il conseguimento di economie di scala e di apprendimento che riducono i costi unitari.
La prossimità territoriale e produttiva delle imprese favoriscono processi di creazione e trasmissione della conoscenza e dell’innovazione. Ancora, è necessario affermare che una delle determinanti del successo dei distretti è rappresentata dalla capacità innovativa delle imprese, intesa non tanto come capacità di introdurre innovazioni radicali, mediante investimenti in ricerca e sviluppo, quanto, piuttosto, come capacità di migliorare i propri prodotti e/o processi grazie alla velocità di circolazione delle informazioni, alle relazioni interpersonali immediate e all’osservazione diretta che generano processi di apprendimento sul campo da parte degli addetti alla produzione. Grazie a queste peculiarità dell’organizzazione produttiva, i distretti esprimono le proprie potenzialità proprio nelle situazioni di maggiore complessità, incertezza e rischio, essendo in grado di adattarsi con rapidità e creatività ai repentini mutamenti dell’ambiente esterno.
Infine, i distretti industriali italiani che mostrano performance migliori sono caratterizzati da alcuni fenomeni comuni: propensione all’investimento in innovazione; governance efficiente; presenza di diverse aziende leader che coordinano numerose filiere; elevata autonomia delle imprese subfornitrici; sinergie con università e centri di ricerca.
Non è un caso che, come si evince dal Rapporto Annuale 2015 dell’ISTAT, grazie ai distretti industriali, le PMI italiane che fanno sistema, generano un export distrettuale pari al 34% di tutte le esportazioni nazionali, con alcuni comparti specifici in grado di spingere in maniera decisiva verso una ripresa economica sostanziale.