Sembrano non placarsi le polemiche scatenate dall’intervento di Flavio Briatore, reo di aver espresso, forse con poca diplomazia, dubbi e perplessità riguardo l’industria del turismo in Italia. Secondo l’imprenditore, in Italia non esistono abbastanza servizi di lusso, e per questo motivo, il paese non è in grado di attirare i paperoni, che poi, dice, sono quelli che spendono, e che fanno girare l’economia.
La polemica dura ormai da giorni e chi fa notare che, numeri alla mano, il turismo in Italia non se la passa benissimo, viene tacciato di essere parte del gruppo dei cattivi: quelli che amano i ricchi, odiano i poveri, e disprezzano il nostro Belpaese.
La grave onta di chi non si allinea con il pensiero dominante è di contestare un paradigma su cui hanno vissuto (e campano tuttora) migliaia di intellettuali, politici, sindacalisti: quello secondo cui i ricchi, siano persone deprecabili, simbolo dell’ingiustizia, della disuguaglianza, del male nel mondo. E quindi, ci dicono, attirarli in patria, sarebbe un errore, un rischio grave per la nostra integrità culturale.
Certo, Briatore avrebbe potuto dire: “servono più pizzerie in Italia” (e nessuno avrebbe battuto ciglio) invece ha smosso l’invidia sociale su cui è basata una buona parte del nostro sistema paese. Ha osato dire: ci serve un numero maggiore di servizi di lusso, e ci servono servizi migliori.
Certo, Briatore avrebbe potuto dire: “servono più pizzerie in Italia” (e nessuno avrebbe battuto ciglio) invece ha smosso l’invidia sociale su cui è basata una buona parte del nostro sistema paese.
L’imprenditore potrebbe aver sbagliato nel linguaggio (è noto per non essere un ambasciatore del bon-ton) ma non nel messaggio. Potrà sorprendere i lettori ma, dati alla mano, tutti gli studi economici rivelano una terribile verità: i ricchi ci fanno lavorare.
Prendiamo il settore della nautica, un passatempo per ricchi. Il settore vale quasi 3 miliardi di euro (dati UCINA), fa oltre 18.000 posti di lavoro e sta (incredibilmente) tornando a crescere. Dieci anni fa faceva 3 volte questi numeri, poi un declino, veloce ed inesorabile, complici burocrazia e le super tasse per colpire i cattivissimi ricchi. Risultato? I cantieri chiusero poiché risultavano poco convenienti, rispetto ai competitor di USA, Gran Bretagna, Olanda, e così crollò anche la domanda per i servizi collegati al settore. Insomma, i ricchi del mondo continuavano a farsi costruire barche, ma non in Italia.
Sorprendentemente, il ricco non si accontenta di una barca, ma vuole anche viaggiare, dormire in hotel di lusso, mangiare in ristoranti esclusivi e conserva senz’altro altri disdicevoli vizi. Ebbene, ognuno di questi vizi, nasconde posti di lavoro, famiglie, crescita economica per il paese.
Il ricco non si accontenta di avere una barca, vuole ristoranti, hotel. E ognuno di questi “vizi” nasconde posti di lavoro, famiglie, crescita economica per il paese.
Il mondo del lusso, demonizzato da intellettuali e politici, ha la stessa dignità ed importanza di qualsiasi altro settore economico.
Una barca può avere forse meno dignità di una pizza? La risposta dovrebbe essere scontata.
Briatore ha sollevato – a modo suo- un problema reale: non competere con i paesi del mondo per accaparrasi più paperoni in vacanza, è semplicemente da stupidi. Non rendersi conto che paesi come la Thailandia, le Filippine, Vietnam possono portarci via migliaia di turisti è invece da miopi. Da chi non ha viaggiato abbastanza (nemmeno su internet) per capire che in quei paesi il turismo cresce, proprio perché crescono i servizi.
Oggi competiamo con i paesi del Sud Est Asiatico. E’ lí che si concentra il turismo del futuro. E Briatore ha sollevato – a modo suo- un problema reale: non competere con i paesi del mondo per accaparrasi più paperoni in vacanza, è semplicemente da stupidi.
In questo momento 60 milioni di miliardari cinesi stanno pensando alle prossime vacanze estive. Con loro, centinaia di migliaia di miliardari russi, inglesi, americani. Ognuno di questi signori potrebbe portare in Italia migliaia di euro da spendere in hotel, ristoranti, servizi. E le incontestabili bellezze naturali di cui parla Federalberghi non bastano. Di bellezze, per fortuna, è pieno il mondo, e non solo l’Italia. E chi non se ne accorge parla e scrive molto, ma forse nè legge, nè viaggia.
Di bellezze, per fortuna, è pieno il mondo, e non solo l’Italia.
Il dibattito su quali strumenti sfruttare ed incentivare per migliorare i dati del nostro turismo è aperto, ma non può prescindere da una impostazione ideologica rinnovata.
Signori, fatevene una ragione: i ricchi ci servono.
Elisa Serafini