Il lato oscuro dei Millenials
Caratterizzati da un tasso di scolarizzazione mai così alto nella storia dell’umanità, ampio accesso a fonti di conoscenza e mezzi di comunicazione, possibilità di agire in contesti internazionali.
Penalizzati da scelte inique compiute a vantaggio di generazioni precedenti, una contrazione economica apparentemente senza via d’uscita, una dinamica demografica insostenibile (sia dove la crescita è zero, o negativa, sia dove esponenziale), in difficoltà di fronte a nuove emergenze ambientali e sanitarie.
La generazione dei Millenials, quella dei nati tra il 1980 e il 2000, è un’armata di luminosi paladini che mena fendenti a destra e a manca in una foresta di rovi, e di tenebre?
La risposta per ora è no, perché anche i Millenials hanno un lato oscuro.
Certo, i dati e le riflessioni condivisi su questo blog contribuiranno a creare quello spirito di cooperazione e solidarietà di una generazione che affronta una sfida comune, ma la consapevolezza è ancora troppo vaga per parlare di un’armata, sia pure solo in senso metaforico. Certo, c’è uno spirito cavalleresco nell’ampia partecipazione di questa generazione ad attività di volontariato e nel voler portare nuove competenze a servizio della politica, ma non quando la generosità è superata dalla vanità, e quando le competenze scarseggiano in chi vorrebbe prendere parte al governo di una repubblica fondata sul lavoro senza mai aver lavorato un giorno. Certo, c’è una più o meno consapevole aderenza al pensiero illuminista: nessuno, anche senza conoscere Hume, Kant e Voltaire, rinuncerebbe a diritti dati per scontati (fanatismi religiosi a parte). Le difficoltà che ci troviamo ad affrontare, rovi e tenebre di questa foresta, non sono così insormontabili, se proviamo a far luce con gli strumenti della conoscenza. Eppure è qui che sta il lato oscuro dei Millenials e della società a cui non possiamo dirci estranei: la celebrazione dell’ignoranza. Per secoli l’ignoranza è stata qualcosa di cui vergognarsi, da nascondere, e al contempo da cercare di superare, per migliorarsi, come persone e come società. L’esempio più evidente lo hanno offerto, e sofferto, i nostri nonni. Per la prima volta nella storia dell’umanità, eccezion fatta per i crimini del Tribunale dell’Inquisizione, l’ignoranza diventa qualcosa di cui vantarsi.
“Non capisco la matematica e ci rido sopra”. C’è poco da ridere perché è un deficit logico-cognitivo grave: meglio sanarlo con un po’ di lavoro che vantarsi dell’inutilità della disciplina. Laureati in Scienze della Comunicazione con un’attitudine a comprendere i fenomeni statistici ed economici sfondano, gli altri restano al palo. Giornalisti con un approccio logico-scientifico affrontano i temi della nostra società, gli altri saranno opinionisti inutili.
“Non so mettere in fila due parole in Inglese, ma l’Italiano è superiore alle altre lingue, e infatti mi sono laureato in Lettere con 110 e lode senza una conoscenza vera di una seconda e terza lingua, tanto insegnerò Letteratura Italiana”. Peccato che Dante Alighieri passasse continuamente, all’interno dello stesso testo, dal volgare al latino al provenzale, perché ogni valido scrittore, musicista, scienziato si confronta con il lavoro degli altri, senza confini, e nessuna lingua è superiore ad un’altra, perché ciascuna è in un rapporto di evoluzione o contaminazione con quelle più vicine. Un giovane insegnante aperto al mondo studierà per tutta la vita e aprirà gli occhi ai suoi ragazzi. Un insegnante chiuso in se stesso li chiuderà in un facile recinto.
Celebrazione dell’ignoranza è ripetere, e credere, che l’Italia è il paese del turismo, della moda, e delle eccellenze alimentari. Il turismo rappresenta il 4% del PIL, con un impatto sottovalutato sui danni all’ambiente e al paesaggio (insufficienza fognaria nelle località balneari e cementificazione della costa). Gli alimentari concorrono al 4% delle esportazioni e tutto il tessile (moda e non moda) al 10%. Meccanica, elettronica, chimica, siderurgia, farmaceutico, grandi costruzioni, anche quando nomi e prodotti non sono a tutti familiari, fanno la parte del leone, e fanno dell’Italia un paese del G8. O ripetiamo la retorica del Parmigiano e delle giacche di Armani, o la smontiamo e progettiamo un futuro con basi più solide. Sulla retorica degli alimentari la celebrazione dell’ignoranza è urlare che l’olio extravergine d’oliva italiano è il migliore del mondo. L’olio migliore è quello con l’indice di acidità più basso. Tra un extravergine italiano con pH 0,8 e un tunisino con pH 0,4, il secondo è migliore. Conta il pH sulla cartina di tornasole, non il “made in Italy” in etichetta. Produrre olio è appagante, ma difficilmente redditizio. Ogni produzione caratterizzata da un basso tasso di ricerca e innovazione è una produzione a basso valore aggiunto, quindi a basso reddito per chi vi lavora, e naturalmente esposta alla concorrenza di paesi emergenti. Gridare al protezionismo in nome di una presunta superiorità e illudersi di mantenere così occupazione e benessere è celebrazione dell’ignoranza. Un sistema di scambio sostenibile crea vantaggi per tutti gli attori coinvolti.
Celebrazione dell’ignoranza è opporsi con presunte motivazioni ambientali al Trans-Adriatic a San Foca e festeggiarne ogni interruzione con l’entusiasmo della gioventù. Il metanodotto è il sistema di trasporto più ecologico e sicuro, il metano il combustibile meno inquinante. A San Foca si lavora per riportare alla luce un meraviglioso sito archeologico. La minaccia non è la sezione di un tubo, ma l’abusivismo e i rifiuti che hanno seppellito la costa.
Chiedere leggi contro la ricerca, la sperimentazione, la produzione di vegetali che richiedono meno acqua, meno fertilizzanti, meno antiparassitari, come gli OGM, sulla base di slogan privi di qualunque valore scientifico, e la chiusura ad un’analisi più razionale, è celebrazione dell’ignoranza.
Vantarsi di non aver vaccinato i propri figli, è celebrazione dell’ignoranza e un serio pericolo per loro e per tutti.
Irridere le ricerche di illustri o anche meno noti oncologi sulla correlazione tra consumo di proteine animali e insorgenza di alcuni tumori, per una bulimia di carne a pochi euro al chilo alla cui produzione vengono destinati la maggior parte dei terreni nel mondo, è celebrazione dell’ignoranza.
Anche se i paradossi che abbiamo toccato sfuggono alla rilevazione statistica, travalicano la generazione dei Millenials, e qualcuno si sentirà personalmente estraneo, sono atteggiamenti che producono effetti su tutti noi. La generazione più scolarizzata, con maggior accesso a fonti di conoscenza e mezzi d’informazione, per la quale ogni vita si svolge in un contesto globale, non può subire e ripetere una logica viziata. Deve produrre una reazione degna dei propri mezzi materiali e intellettuali.
La più offensiva celebrazione dell’ignoranza è la carriera di chi, anagraficamente Millenial, è passato dai banchi di scuola al Parlamento senza aver lavorato un giorno e si vanta, nella sua biografia, di “di non aver conseguito alcuna laurea, ma di non soffrire di complessi di inferiorità”. Mio nonno aveva la terza media, ma ha lavorato tutta la vita.
Fabio Argentiero