MillennialsHa vinto Renzi e per noi non cambierà nulla

E’ la terza volta che riscrivo da capo questo articolo. Sofferto, molto, perché sono stato un forte sostenitore di Matteo Renzi e iscritto al PD fino al 2016. Non ha senso, dato lo spazio, valutare...

E’ la terza volta che riscrivo da capo questo articolo. Sofferto, molto, perché sono stato un forte sostenitore di Matteo Renzi e iscritto al PD fino al 2016. Non ha senso, dato lo spazio, valutare l’azione di Governo: cose buone e meno buone. Cerco di estrarre delle tendenze nella sua leadership e di confrontarle con le esigenze di noi Millennials; gli aspetti a mio avviso centrali sono stati:

  1. discorso ottimistico sul Paese;
  2. leadership chiusa a pochi intimi, mancata creazione di una classe dirigente;
  3. operazioni economiche volte ad allargare il consenso – seppur poco utili per la crescita effettiva;
  4. ripresa di proposte populiste e braccio di ferro con la UE.

Finché sottovalutiamo i problemi, il Paese rimarrà inchiodato

Chiaro che si debbano liberale gli animal spirits, ma servono pure i miliardi, veri, non i ritagli di finanziarie e quantitative easing. Serviva la vera spending review, evitare misure di pura propaganda, e litigi di cattivo gusto con la UE, quando la BCE si compra quasi un 10% del nostro debito pubblico. Nessun politico in Italia avrà mai il coraggio di assumersi la responsabilità di tagliare laddove serve davvero: e quindi si prepara, di nascosto, un nuovo governo tecnico. Noi preferiremmo convincere gli elettori della bontà delle nostre proposte, nonostante la fatica e il tempo richiesti.

Leadership? Prendiamocela

Siamo sinceri, Matteo Renzi ci ha illuso per un annetto riguardo alle nostre ambizioni: era giovane, si proponeva di “rottamare” i vecchi politici, ha fatto una rapida e brillante carriera. Non ha mai, in realtà, insistito particolarmente su proposte concrete (lotta al precariato, aiuto alle partite iva, migliori sussidi di disoccupazione, migliore formazione) ma la sua retorica era appagante; nel 2012, il Renzi liberale, come si ricordano vari osservatori, parlava di aiuti alla maternità, di rilanciare l’università e la ricerca, di semplificazione, di dismissione del patrimonio pubblico per ridurre il debito. A osservatori un po’ cinici verrebbe da sospettare che Matteo Renzi abbia approfittato di un piccolo nucleo riformista nel PD, radunato e motivato da Veltroni, ridotto al silenzio da Bersani, per prendere la leadership. Sedotti e abbandonati? Presto per dirlo, vediamo che cosa emerge dal Renzi bis.

Quanto a noi Millennials, che fare? A mio avviso dobbiamo porci domande scomode, senza paura di offendere nessuno: si chiama diritto di critica, e serve per fare passi avanti. Io mi chiedo, allora, se Matteo Renzi possa essere un tappo all’innovazione. E’ un’ipotesi da prendere finalmente sul serio. Molto accentratore, incapace, finora, di costruire una classe dirigente all’altezza delle sfide richieste, un collo di bottiglia per una generazione che ha bisogno di trovare al più presto un vero e produttivo protagonismo politico, forse anche al di là di personalità così ingombranti e markettare. Vuol dire anche togliersi di mezzo l’alibi “il giovane Presidente del Consiglio” e impegnarsi in prima persona. Va inoltre considerato che non è più l’unico politico riformista in giro al momento; almeno altri due stanno emergendo con le proprie azioni: Tito Boeri e Giuseppe Sala.

Il primo è il paladino di noi Millennials, visto che denuncia privilegi e cerca di combatterli in prima persona, comportandosi certo più da civil servant che da politico. Il secondo, a Milano, sta combinando in maniera interessante apertura e visione imprenditoriale a interventi concreti sulle periferie, appoggiato da una giunta felicemente eterogenea. Non hanno la presa “televisiva” di Renzi ma, proprio per questo, possono costruire una politica più tecnica, più incline alla risoluzione di problemi, necessaria oggi per imporre una sterzata al Paese. E forse dovremmo domandarci se non abbia senso aiutarli, con contenuti e comunicazione.

Dal mio punto di vista, sfidare la leadership di Renzi significa portare della sana concorrenza nel mondo delle idee riformiste, apparso scarico negli ultimi tempi. D’altronde molti riformisti hanno pensato di poter passare il testimone a chi era al governo, altri di provare a entrare nelle grazie di un partito, il PD, assediato da migliaia di aspiranti politicanti nel suo apogeo. Fuori dal PD si sono sciolte realtà innovative ma mal strutturate, come Scelta Civica e Fare per fermare il declino, e si è persa la carica dirompente di alcune proposte. Ha senso ritrovarle fuori dal PD, alla luce dell’attuale legge elettorale proporzionale? Sì, se sono in grado di dettare un’agenda politica più spericolata, più severa, meno costretta dall’inerzia di un grande ed eterogeneo partito.

Poi, naturalmente, Matteo Renzi può ritrovare la carica iniziale in un partito che controlla molto più a fondo e privo ormai di opposizione interna.

Andrea Danielli