Su questo blog vogliamo denunciare la grave disuguaglianza intergenerazionale che rischia di privare noi Millennials italiani di ogni speranza per il futuro. Occorre però anche andare oltre e riflettere sul fatto che l’attuale situazione è il sintomo di un problema ancor più profondo, ovvero la totale mancanza di peso politico della nostra generazione. Soltanto questo spiega come mai le risorse pubbliche vengano dirette sempre e comunque dalla classe politica verso le persone più anziane e non verso le generazioni più giovani. Come in tutti i sistemi politici del mondo anche in Italia i decisori politici tendono a “ricompensare” o a promettere favori a quelle componenti dell’elettorato che risultano più importanti per ottenere la vittoria e nel nostro Paese si tratta indiscutibilmente degli anziani, numerosi e decisamente attivi quando si tratta di andare alle urne. Agli antipodi ci siamo invece noi Millennials: pochi e lontani dalla politica, ergo ben poco attrattivi dal punto di vista elettorale.
A causa del calo demografico iniziato negli anni ’80 sono soltanto circa 11 milioni gli Italiani di età compresa tra i 18 e i 34 anni, un misero 18% del totale della popolazione. Siamo dunque un gruppo decisamente troppo ristretto per essere elettoralmente importante e di conseguenza a nessun decisore politico appare conveniente attuare politiche per conquistarsi il nostro consenso. Agli antipodi ci sono invece i baby boomers, i figli del miracolo economico italiano, e le generazioni precedenti: sommando questi due gruppi si arriva a quasi 24 milioni, cioè intorno al 40% degli Italiani. Il bacino di voti potenziali costituito da pensionati o lavoratori prossimi alla pensione è perciò ben più grande di quello dei Millenials, ed ecco spiegate facilmente le scelte previdenziali compiute dalla politica italiana: favorire i tanti anziani a discapito dei pochi giovani.
Contro la demografia combattere non è facile e neppure l’auspicabile concessione della cittadinanza ai figli di stranieri regolarmente residenti in Italia (tendenzialmente più giovani dei cittadini italiani) al termine della scuola dell’obbligo sembra essere in grado di invertire la tendenza, considerando che il totale dei residenti stranieri entro i 35 anni non supera i due milioni e mezzo di persone. Anche unendoci ai nostri coetanei stranieri la drammatica realtà resta quella di una minoranza demografica all’interno del Paese.
Se il fatto di essere in pochi non dipende da noi, noi Millennials non possiamo certo ritenerci esenti da colpe per quanto riguarda la nostra irrilevanza politica. Da un lato non siamo noi i responsabili del fatto che i nostri genitori abbiano deciso di avere meno figli dei nostri nonni, ma dall’altro siamo noi i principali colpevoli perché siamo i primi a non partecipare. La generazione dei Millennials è infatti molto meno attiva politicamente dei più anziani e tendenzialmente vede la politica come un mondo distante, privo di attrattiva e avulso dalla propria sfera di riferimento. Certo, qualcuno potrebbe obiettare che tutto ciò è assolutamente immaginabile quando si ha una classe politica che dei Millennials tende a fregarsene, ma questo vuol dire che ci stiamo scavando la fossa da soli: non votando non facciamo altro che alimentare quel circolo vizioso che ci sta privando di un futuro. In un quadro di generale distacco dalla politica e di diminuzione della partecipazione, i più giovani rimangono i più restii a dare il loro contributo, sia in termini di partecipazione alla vita politica del Paese sia in termini di presenza al seggio elettorale. Se in parte la scarsa militanza nei partiti è un dato facilmente immaginabile, vista la sfiducia che domina tra i giovani verso la politica tradizionale, diverso è il caso della poca propensione ad esprimere una preferenza alle urne. Non si tratta soltanto di avversione verso i “vecchi partiti”, come sembrerebbe suggerire il grande sostegno dei giovani al Movimento 5 Stelle, partito anti-sistema, alle elezioni politiche del 2013, ma di una convinzione sempre più radicata nei Millennials italiani (e non solo) che il proprio voto non conti e che quindi non valga neppure la pena di esprimerlo. Un’idea che purtroppo si sta dimostrando una profezia auto adempiente: meno votiamo oggi e meno il nostro voto peserà nelle elezioni successive. La vicenda del referendum inglese risulta emblematica da questo punto di vista: la bassa affluenza delle generazioni più giovani (molto più europeisti degli anziani) ha indebolito quanto bastava il fronte del Remain, consegnando la vittoria ai pensionati Brexiters.
Dal voto inglese si può però trarre anche un importante spunto per il futuro politico dei Millennials. Se per ragioni demografiche non possiamo essere una “maggioranza silenziosa” e non possiamo dunque costituire un bacino elettorale primario per una forza politica che ci rappresenti dobbiamo diventare una minoranza assai rumorosa ed organizzata. Solo invadendo gli spazi di discussione politica e cercando di portare avanti ad alta voce le nostre istanze potremo cercare di invertire questa pericolosa tendenza all’irrilevanza politica. I tassisti offrono un interessante modello: pur essendo assai pochi basta che scendano in piazza a manifestare bloccando le città e subito i decisori politici si piegano totalmente alle loro richieste. Se i voti dei tassisti contano così tanto, facciamo contare altrettanto i nostri. Certo, non abbiamo il loro stesso potere di ricatto nei confronti del Paese e soprattutto non siamo altrettanto coesi e combattivi attorno ad un obiettivo comune. Eppure in Italia c’è un problema enorme che ci riguarda, l’equità intergenerazionale. E allora uniamoci in nome della giustizia sociale nei nostri confronti: fondiamo un movimento, un sindacato o un partito unico dei giovani che si occupi di questo drammatico tema e che vada dagli attori politici a negoziare il proprio appoggio in cambio di un concreto onere a risolvere la questione. Non saremo abbastanza per formare una maggioranza o una base elettorale primaria come i pensionati, ma siamo comunque sufficienti, se davvero compatti, per costituire l’ago della bilancia in favore di chi si faccia davvero carico della nostra generazione. Non una delega in bianco verso le forze che si atteggiano a paladine dei Millenials per poi favorire sempre i soliti interessi, ma una scelta ragionata verso chi sia disposto ad assumersi un impegno serio nei confronti.
Alberto Rizzi