Alessio Cioni, 27 anni, si candida Sindaco di Pistoia alle prossime elezioni. La sua lista: “Giovani Cittadini”. Il suo obiettivo: portare le istanze degli under-35 pistoiesi nella stanza dei bottoni del Comune. Incuriositi da uno dei pochi tentativi di sfondare la grigia barriera generazionale che ci tiene fuori dal processo decisionale, ci siamo fatti due chiacchiere con lui.
Bisogna essere giovani per fare politiche per i giovani?
La mia opinione al riguardo è cambiata along the way. Ci siamo affacciati a questa avventura senza aver mai militato in un partito, pur essendoci abbeverati per anni delle interviste e dichiarazione dei nostri governanti riguardo alle problematiche di noi ”giovani”. Sapevamo che ci saremmo trovati ad affrontare un certo effetto spiazzamento, ma non immaginavo che sarebbe stato così profondo. Qualche giorno fa, durante il mio intervento ad un dibattito, un amico che sedeva tra il pubblico ha ascoltato un 70enne che diceva “Ma che egoisti che sono?! Pensano solo ai giovani, e agli anziani chi ci pensa?!”. Sono rimasto esterrefatto. Sì, adesso sono assolutamente convinto che sia necessario essere giovani per fare politica per i giovani. Perché è necessario aver provato sulla propria pelle quello che significa non avere un lavoro dopo gli anni di studio, o ritrovarsi a fare stage sottopagati nei quali non hai modo esprimere le tua capacità: se non lo si è vissuto non lo si può comprendere. Se non sbattiamo i pugni sul tavolo facendoci sentire, continueranno a dire “dobbiamo fare qualcosa per i nostri ragazzi”, ma continueranno ad interessarsi solo a quelle fasce più numerose sia in termini demografici che in quelli di turnout elettorale.
Però ci sono altri giovani candidati….
Purtroppo molti miei coetanei che si candidano nei partiti tradizionali hanno allure da “giovani vecchi”, che non ci aiuta affatto. Li sento parlare ed è come ascoltare un 50enne: sono cresciuti all’interno del partito, utilizzano quelle identiche locuzioni che hanno sentito dai “grandi”, un messaggio vuoto, dicono tutto senza dire nulla.
Cosa significa candidarsi oggi, in particolare per un’elezione amministrativa?
La prima cosa che mi viene in mente è “significa annullare la propria vita sociale e smettere di dormire”, in particolare se lo si fa con una lista civica il cui budget – abbiamo deciso – non debba superare i 100 euro (al momento ne abbiamo spesi 62).
Significa sentire giornalisti che dicono “Il vostro problema non sarà convincere le persone, ma farvi conoscere, perché, se ascoltano quello che avete da dire, non possono non prendervi in considerazione”, ben sapendo la frustrazione derivante dalla difficoltà di arrivare alle orecchie delle persone. Ma significa anche tante piccole soddisfazioni; persone appartenenti ad altre liste che mi dicono “se vi avessi conosciuto, mi sarei candidato con voi”, o, viceversa, che mi dicono che avrebbero voluto il nostro apporto nelle loro liste. Proprio qualche giorno fa, un candidato consigliere per uno dei grandi partiti mi ha detto “sei sprecato in una lista civica, in un paese normale tu avresti dovuto essere il candidato sindaco in un partito vero”.
E significa vivere con una certa dose di incertezza; i partiti tradizionali sopravvivranno qualunque cosa accada, mentre, per una lista civica, la paura che tutto il nostro lavoro vada perduto è tanta. Ancora, alcuni candidati di altri partiti ci hanno detto che, chiunque sarà il nuovo sindaco, dovrebbe tenerci in considerazione, perché siamo una voce intelligente e propositiva: parole molto belle, ma sono parole.
Sul Manifesto scrivete che non avete un approccio sistemico: mi puoi spiegare meglio?
Certo! Ne faccio un punto di grande orgoglio. Quando, oramai un anno fa, abbiamo iniziato a scrivere il programma, siamo andati a rileggere i programmi degli altri partiti nelle precedenti elezioni: 50 pagine nelle quali venivano toccati tutti gli argomenti possibili, da quelli più banali (“se ci eleggete cambieremo il senso unico di via tal dei tali”) a quelli circa i quali il Comune non ha alcuna influenza, o quasi (diritti civili e immigrazione). Noi non volevamo nulla di simile. Otto punti, con un unico focus: quello che significa esser under 35 in una città di provincia. E abbiamo affrontato tali tematiche attraverso le nostre esperienze: io, così come gli altri 3 ragazzi che hanno scritto il programma, abbiamo avuto molteplici esperienze all’estero, sia di lavoro che di studio, e abbiamo cercato di riportare tutto quello che abbiamo appreso nella nostra città.
Detesto i politici onniscienti, quelli che si intendono di tutto, che vogliono indirizzare e dirigere l’economia e la vita dei cittadini. Credo fermamente nella capacità del singolo individuo: come ognuno di noi ha il dovere di dare il meglio di sé, allo stesso modo una amministrazione cittadina ha il dovere di creare l’ambiente in cui ogni cittadino lo possa dare. A questo deve limitarsi l’amministrazione pubblica, nient’altro.
Obiettivi di breve/medio/lungo?
A breve termine è semplice: entrare in consiglio comunale. Significherebbe sostanziare il lavoro fatto, mettere una base su cui costruire qualcosa per il futuro. Abbiamo cercato di promuovere la nostra avventura ad alcuni soggetti nazionali, e qualcuno si è dimostrato interessato: riuscire a concretizzare questi contatti potrebbe davvero essere decisivo. Di idee ne abbiamo molte, ma l’incertezza alla quale mi riferivo prima grava su tutto quanto. In ogni caso, io ci credo, noi ci crediamo.
La vostra lista potrebbe espandersi in altri comuni?
Credo che non essere strettamente legati ad una qualche ideologia ci dia qualche vantaggio, ma penso che in molti possano avere difficoltà ad auto-riconoscersi in un progetto come il nostro se non supportato da una qualche impronta ideologica. Certo, fantasticando sogno la costituzione di un movimento nazionale che si batta affinché le nostre istanze vengano finalmente riconosciute. Uno dei problemi della nostra generazione è l’incapacità di organizzarsi: vediamo le sigle sindacali avere un enorme bacino tra i pensionati, mentre noi non ci iscriviamo più ai sindacati o ai partiti, avvertendoli, inevitabilmente, lontani.
Quale area individueresti per i Millennials?
Esiste un’area dello spettro politico che al momento è scoperta: in mezzo a una miriade di partiti statalisti i giovani sono quelli che più avrebbero da guadagnare dalla semplificazione normativa e fiscale, che consentirebbe a noi di intraprendere nuove attività, liberando una volta per tutta le nostre capacità. Magari sono solo mie fantasticheria, ma molte grandi avventure sono nate dalle chiacchere di due persone davanti ad una birra, e per ora non voglio rinunciare all’ambizione di cambiare questo diavolo di Paese.
Alessio Mazzucco