MarginiNeoprimitivismo da social

Talvolta penso a quanto ci abbiano fatto perdere i social, in termini di profondità di analisi e di capacità critica. Quest'estate ho letto un libro abbastanza mal fatto, voglio dire scritto male, ...

Talvolta penso a quanto ci abbiano fatto perdere i social, in termini di profondità di analisi e di capacità critica. Quest’estate ho letto un libro abbastanza mal fatto, voglio dire scritto male, ma che comunque dava informazioni interessanti sulla logica e sulla psicologia sociale retrostante ai social (Jaron Lanier,”Dieci ragioni per cancellare subito i tuoi account social”). Dice che uno dei motori di questo ambiente è produrre reazioni aggressive, suscitare pulsioni di odio allo stato puro. Constato da tempo che anche persone altrimenti bonarie, di grande spessore culturale, capaci di insegnare la saggezza della vita, non appena messe dietro questo dispositivo di soggettivazione si trasformano in api assassine, bisognose di reclamare la morte dell’avversario, sia esso un troll, un minuscolo epifenomeno o anche un grande personaggio. Lanier chiama questo dispositivo LA FREGATURA, e non so se abbia totalmente ragione, ma per quanto riguarda la mia esperienza parziale almeno sì. Devo faticare talora a non lasciarmi andare all’insulto quando mi capita di incrociare le spade virtuali con coloro che la pensano diversamente da me, e che magari se conoscessi in faccia, nemmeno avrei il coraggio di salutare.

Giornalisti, politici, scienziati, filosofi, poeti, impiegati, disoccupati, studenti, e tutti questi al maschile, al femminile e al neutro, gattare, canari, accordatori di strumenti, collaudatori di scope volanti, voglio dire, tutti, tutte, tutt* alla fine debbono mordersi la lingua virtuale per non esplodere in un sonoro VAFFANCULO, IDIOTA, FASCISTA, SI INFORMI, STUDI (e ho aperto una parentesi per sottolineare quanto faccia figo dare del lei a chi ti bercia rabbiosamente,lo fa ancora più incazzare perché denota una presunzione di superiorità che altrimenti l’effetto simmetrizzante del social impedisce), e d’altra parte : PIDIOTA, COMUNISTA, BUONISTA, e altri aggettivi simili….

Non ho la brillantezza di una quindicina di anni fa, quando aprii un blog sul Cannocchiale.it (chi si ricorda? ), durò alcuni anni, forse tre o quattro, poi lo chiusi. Erano i tempi anteriori all’avvento dei social, quelli immediatamente successivi (e di poco) ai gruppi di discussione, con i flames enormi che ci facevano perdere intere serate a fare pelo e contropelo a perfetti sconosciuti che d’un tratto diventavano parti dell’immaginario personale. Insomma chi è almeno over quaranta sa di cosa parlo. Non ho nemmeno più la penna di allora, e forse sono molto disilluso. Mettiamoci anche la crisi di mezza età, etc, ma per ritornare al contesto di allora, noi, e dico noi blogger, non avevamo la sensazione di vivere in un grande cazzeggio collettivo in presa diretta, credevamo ancora di potere usare e non di essere usati dalla “tecnica”ma almeno c’era il tempo di ragionare, il distacco necessario per calibrare offese, per arrotare sintassi, per stemperare i bollori.

Ora è diventato tutto terribilmente coribantico. Si è agiti da un algoritmo che ci rende di nuovo muta del paleolitico.

E forse dimentichiamo anche come si scrive, quindi come si pensa, quindi come si sta al mondo.

Menomale che il neoruralismo del governo giallo-verde vuole risolvere il problema della disoccupazione elargendo pezzi di terra da coltivare a chi faccia il terzo figlio. A parte le vaghe assonanze a Mao e le bonifiche integrali del regime, siamo sicuri che quest’incrocio di tecnologia e primitivismo post-post-moderno identitario col suo portato di radicamento terricolo e autoctono di contro al nomadismo cosmopolita (Heidegger fusarizzato – e quanto ci manca Levinas!) almeno sia in grado di disubriacarci dai social? Dico, almeno per reazione al conato di vomito per “cose” che pensavamo relegate agli anni 30 del 900.

No, temo no. «Da un certo punto in là non c’è più ritorno. È questo il punto da raggiungere». (Kafka)

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