Le parole di Filippo Sensi, il deputato Pd che ha preso la parola in Aula per presentare il suo ordine del giorno sul ‘bodyshaming’ e ‘fatshaming’ mentre era in corso la discussione sulle misure per contrastare il bullismo, toccano dentro e provocano un terremoto profondo non solo negli animi più sensibili ma in tutti noi. Della sua testimonianza, così inusuale per l’aula di Montecitorio, e delle parole usate, del tutto distante da quelle che i protagonisti della politica si scagliano ogni giorno contro e usano per demonizzare gli avversari, siano essi parlamentari o poveri cristi, viene fuori il racconto di un dramma, silenzioso e soffocato, dei tanti che vivono l’offesa e l’ingiuria, lo sguardo malevolo, la ridicolizza zione.
Dice Sensi: «La vergogna del corpo ha una forza immane, suscita energie oscure che le categorie giuridiche faticano a ricomprendere, a cogliere e a capire, eppure, questi strumenti abbiamo, delicati, che possono fare altrettanto danno, dobbiamo saperlo, ma possono essere utili, dobbiamo entrarci con rispetto e responsabilità, lì dentro, qui dentro. Il body shaming, il fat shaming, queste mortificazioni, e non uso questa parola a caso, hanno conseguenze. Uno studio dell’Università della Florida osserva che chi è vittima di fat shaming è due volte e mezzo più a rischio di ingrassare ulteriormente e notevolmente; conseguenze non solo culturali e sociali, ma che mordono nella carne delle persone, possono scatenare comportamenti autodistruttivi come le abbuffate compulsive, l’anoressia, il suicidio. Il confine tra la vita e la morte è il nostro corpo, nella fragile esistenza delle persone, e quella vergogna indotta, quello specchio deformante può interrompere traumaticamente quel processo di individuazione che siamo, nella nostra fragile esistenza. Come dicevo, siamo chiamati a misurarci con questa ombra, con questo alone, quello della vergogna del corpo che abitiamo e che ci abita. Spesso ce la rimproveriamo in quest’Aula, la vergogna. Lo faccio spesso anche io, Presidente, e vengo richiamato: ce la scagliamo come una pietra, come un insulto, una destinazione – “vergognati!” -, un destino. Ecco, la vergogna come destino, di questo si occupa questo ordine del giorno, proprio di questo, di fare prevenzione e di aiutare e sostenere chi è vittima di body shaming e fat shaming, di evitare che la vergogna sia un destino ineluttabile, che la vergogna del nostro corpo sia una condanna sancita dalla nostra finitezza, dallo sguardo degli altri che può essere il gesto più violento e aggressivo di cui siamo capaci. È un modo certo manchevole di sollevare un’attenzione e di chiedere il rispetto e l’amore che ognuno di noi, con il suo corpo, merita».
Come d’incanto, per pochi minuti, la tremenda dolcezza delle parole di Sensi, ferme e precise come solo la verità dirompente sa essere, hanno restituito alla politica un po’ della dignità persa tra presunte accuse da citofonare in diretta televisiva e strali lanciati e da dare in pasto alla rabbia sociale, in confezione digitale, senza occuparsi minimamente delle paure, dei bisogni, delle ambizioni spezzate e delle solitudini che la nutrono. Forse questo discorso così potente e necessario, perché reale, servirà a cambiare la politica, a bonificarne il linguaggio, sgrassandolo dall’odio e dal rancore raccontati ogni giorno dalle telecamere e rimbalzati di schermo in schermo. Anche se Bologna non è la verità (semi cit.), le elezioni in Emila Romagna hanno messo in luce tutti i limiti della propaganda populista, impastata di discriminazione corrosiva e retorica caustica. Forse qualcosa sta davvero cambiando, forse il limite, pericolosissimo, è stato raggiunto. C’è bisogno di verità, di umanità, di imperfezione, di parole pulite, di bellezza limpida, di calore. Anche in politica. Soprattutto in politica.