Ci sono bastate poche settimane, settimane tremende in cui abbiamo osservato crescere il numero di contagi, di vittime e, purtroppo, di conferenze stampa e pronunciamenti ufficiali molto spesso contraddittori, inutilmente allarmanti o, all’opposto, pericolosamente rassicuranti, per far salire indiscriminatamente in tutti noi il livello di ansia e paura.
Ansia e paura che sono servite a farci accettare, tutto sommato di buon grado, la forte limitazione delle nostre libertà, da quella alla libera circolazione, al lavoro, alla privacy, alcune volte addirittura alla salute. Ora siamo a pieno titolo entrati nella cosiddetta “fase 2”, quella nella quale vigono comunque forti limitazioni ai nostri diritti, ma sembra possibile riappropriarsi di alcuni spazi di libertà. Ad esempio, quello di potersi muovere liberamente anche lontano dalla propria abitazione. Come però sottolinea lo stesso Ministero della Salute, lo si può fare solo ed esclusivamente se i luoghi nei quali ci rechiamo non risultano essere luoghi affollati.
Già, ma come si fa a sapere in anticipo se il luogo nel quale voglio andare, sia esso un bar, un negozio o un parco, sarà affollato nel momento in cui sarò presente anche io?
Detta in altro modo, quando decidiamo di uscire per andare al parco dobbiamo cercare di appartenere alla minoranza di persone che hanno deciso di farlo rispetto a tutti quelle che hanno pensato di fare la stessa cosa ma che poi, per un qualsiasi motivo, hanno desistito. Non potendoci essere comunicazione tra i vari soggetti (come faccio io a sapere quante e chi sono le persone che, come me, oggi vogliono andare al parco?), se tutti appartenessimo al gruppo che decide di farlo, da minoranza diventeremmo in men che non si dica maggioranza. Creando così un luogo affollato.
Può sembrare complicato, e lo è davvero. Ma è il tipo di ragionamento che faremo ogni giorno da qui in poi, per cui ci conviene prendere un po’ di familiarità con esso. I matematici lo studiano con la “Teoria dei Giochi”, detta meglio come “Teoria delle decisioni interattive” che studia tutte quelle situazioni in cui più persone interagiscono, avendo scopi differenti e le cui azioni hanno conseguenze sul risultato ottenuto da ognuno. A pensarci bene, situazioni analoghe a quella descritta sono quelle di chi vuole guadagnare comprando azioni ad un prezzo basso per poi rivenderle quando hanno una quotazione maggiore (e conviene farlo quando non lo fanno tutti), quella dell’automobilista che cerca il percorso con il minor traffico (idem), dei branchi di animali che cercano il pascolo meno sfruttato e via discorrendo. Ciò che si fa non è altro che cercare di indovinare quali saranno le decisioni della maggioranza per poi comportarsi nella maniera opposta.
Il primo a formalizzare questa problematica è stato Brian Arthur, economista irlandese, a proposito di un bar di Santa Fe, molto piccolo e generalmente molto affollato, chiamato El Farol. Per questo motivo la formalizzazione di tali situazioni viene generalmente indicata dai teorici dei giochi con la dicitura “problema di El Farol”. Insomma, un problema quanto mai attuale nella fase 2 che stiamo vivendo, caratterizzata da un regresso logico del tipo “Io penso che tu pensi che essi pensano…” da cui è difficile districarsi. Infatti, ogni singola persona non può avvantaggiarsi di nessuna “soluzione” di tipo deduttivo e, in più, la situazione prefigura una la classica situazione da profezia che si auto-falsifica: se tutti suppongono che ci sia il parco pieno, il parco risulterà vuoto e viceversa.
Uscirne (o uscire essendo certi che il parco non sarà affollato) è dunque difficile da prevedere. Motivo per cui risulta abbastanza facile concordare con Nanni Moretti che nel suo Caro Diario diceva: “Io credo nelle persone, però non credo nella maggioranza delle persone. Mi sa che mi troverò sempre a mio agio e d’accordo con una minoranza”.
Ma se davvero concordate tutti, o quasi, con l’affermazione di Moretti allora siete maggioranza.
Al contrario, se non concordate tutti, o quasi, lo sarete ancora.
E la minoranza?