Superata la fase più critica dell’emergenza sanitaria, il paese si trova oggi a dover fare i conti con una crisi economica senza precedenti. Mentre i numeri della disoccupazione salgono e le imprese soffrono la lenta ripartenza dei mercati nazionali ed internazionali, dall’Europa arriva un’iniezione importantissima di liquidità e di fiducia. Come per l’emergenza sanitaria, anche quella economica, al contrario, sta tagliando in due l’Italia con il Sud che vive e vivrà stagioni lunghe di affanno e lenta ripresa. In questo dialogo con Francesco Somma, neo presidente di Confidustria Basilicata, proviamo a comprendere il quadro della situazione a tracciare possibili vie da intraprendere per ritornare in corsa.
In una delle sue prime interviste da Presidente eletto ha detto che questo è il tempo delle scelte. Ecco, le propongo tre temi sui quali servirà molto coraggio: ambiente, digitale, sicurezza sanitaria. Al netto della retorica, quali le buone azioni da intraprendere?
Mi lasci aggiungere che è non solo il tempo delle scelte, ma soprattutto delle decisioni coraggiose. Tutti siamo chiamati a darne prova, anche in rottura con gli schemi con i quali, fino a ora, è stata gestita la “vecchia” normalità. Da tempo ne avvertivamo l’esigenza. E quello che allora sembrava auspicabile ora è necessario e indifferibile. Personalmente ritengo che, tra le prioritarie azioni di responsabilità da compiere, sia d’obbligo una più veritiera narrazione della nostra regione. A partire dalla prima questione che mi poneva: la qualità dell’ambiente di cui la Basilicata gode deve rappresentare un vantaggio competitivo sui cui puntare. Certo, ci sono alcune criticità da risolvere, come la bonifica delle aree Sin: una questione che urla vendetta e che è necessario sanare senza più indugi. Ma la salubrità delle nostre principali matrici ambientali sono un patrimonio inestimabile da valorizzare, non solo per i (purtroppo) pochi che restano, ma soprattutto per tutti coloro che vogliamo far arrivare: visitatori e soprattutto investitori. Un asso della manica da giocare in abbinata alla resilienza mostrata dalla regione rispetto alla diffusione del virus. I modelli di sviluppo da perseguire dovranno chiaramente ricadere in questi solchi. A proposito di falsi miti da superare, sarebbe il caso di lasciarsi definitivamente alle spalle il pregiudizio rispetto a un’industria necessariamente in contrasto con l’idea di sostenibilità. Il perimetro entro il quale costruire la Basilicata del futuro è la sperimentazione di soluzioni innovative e sostenibili, a supporto della riconversione delle attività produttive verso modelli di economia circolare e di uno sviluppo armonico e sostenibile, innovativo e interconnesso. Il digitale non è un tema a parte, bensì il collante del tutto. Non esiste settore economico che non leghi indissolubilmente le proprie prospettive di crescita all’innovazione tecnologica e di processo. Su questo terreno la Basilicata è ancora indietro e dovrà velocemente mettersi al passo del resto d’Europa per recuperare competitività. Rivoluzione digitale, green economy e infrastrutture, insieme a semplificazione, riduzione del cuneo fiscale e una più complessiva riforma che riduca realmente il total tax rate delle aziende, sono, complessivamente, i capisaldi sui cui fondare il rilancio italiano.
Energia ed automotive sono due degli assi più importanti dell’economia lucana, molto gracile e volubile. L’epoca che stiamo già vivendo impone un’accelerazione del pensiero e dei cambiamenti necessari per vincere le sfide della modernità. Il resto della piccola economia lucana ce la farà? E come?
Il resto dell’economia lucana potrà farcela se saremo in grado di costruire progetti di sviluppo ancorati agli asset strategici di rilancio nazionale ed europeo, mettendo le nostre imprese nelle condizioni di agganciare tali opportunità. Sappiamo bene che il principale elemento di fragilità del tessuto produttivo lucano è dato dalle dimensioni limitate della gran parte delle nostre aziende a cui si aggiunge lo scarso livello di patrimonializzazione. Il risultato è che nei momenti di crisi come quello che abbiamo vissuto in questi mesi il rischio di non sopravvivere è altissimo. Per questo abbiamo sostenuto la necessità di garantire nell’immediato liquidità alle imprese rimaste a secco di fatturato. Ma guardando in una prospettiva di più lungo respiro io credo che sia necessario favorire veri e propri meccanismi di scambio e condivisione di conoscenze, buone prassi e risorse, non solo tra le nostre realtà produttive ma anche con tutti gli attori della ricerca sul territorio per superare le connaturate debolezze. Una interessante esperienza in questo senso – che andrà rafforzata senza esitazioni – è data dalla costituzione dei cinque cluster che realizzano questa sintesi in 5 macro settori strategici per la nostra economia (Energia, Automotive, Aerospazio, Bioeconomia, Industria Cultura e Creativa) individuati nell’ambito della Strategia di specializzazione intelligente. Vorrei, però, anche aggiungere una riflessione sul ruolo che i big players dei due settori che ha citato nella premessa della domanda hanno avuto nello stimolare l’economia lucana. Non mi riferisco solo all’aver alimentato un considerevole indotto indiretto, ma soprattutto all’aver attuato un trasferimento di cultura d’impresa che ha consentito anche a piccole realtà del territorio di confrontarsi con competitor mondiali. E questo è un altro importante motivo per sostenere una nuova stagione di investimenti industriali che fa bene non solo ai grandi, ma anche ai più piccoli.
Sullo smart working si sono consumate pagine e pagine di analisi, inutile citarle. Le aziende del territorio che sono oggi in grado di applicare questa modalità sono davvero poche, le altre fanno ancora fatica a riorganizzarsi dopo il lockdown. Mancano le infrastrutture, certo, ma anche la cultura digitale. Non pensa che le aziende lucane siano ancora legate ad un’idea di lavoro vecchia e superata, nei fatti, dagli eventi?
Quello che dice è vero ma sono altrettanto convinto che il Covid 19 possa rappresentare una sorta di detonatore di innovazione. Non mi riferisco solo a quello di tipo tecnologico, ma più in generale a quello in grado di investire i modelli organizzativi e gestionali, per superare quella che lei chiama idea vecchia di lavoro. Il virus ha sicuramente messo a nudo le forti fragilità legate alla scarsa maturità digitale di molte aziende. Al contempo ha chiaramente dimostrato che le realtà più avanzate in questo ambito hanno avuto una maggiore capacità di gestione della crisi. Io credo e mi auguro che questo stia determinando profondi mutamenti, anche nelle realtà di dimensioni minori. Il Piano transizione 4.0 – evoluzione del precedente Industria 4.0 che è stato l’ultimo esempio di efficace politica industriale – sta per aprire una nuova stagione di investimenti e opportunità a cui guardiamo con grande interesse. Un upgrade verso modelli innovativi nei prodotti, nei processi e nei modelli organizzativi, ancora più necessari in una regione scarsamente connessa dal punto di vista infrastrutturale. Un processo che va accompagnato con un forte impegno anche nel capitolo della formazione delle competenze.
Uno degli effetti della pandemia è che finalmente possiamo mettere in soffitta quel detto secondo il quale “il turismo è il nostro vero petrolio”. Ma per il presidente Somma cosa è? E l’industria culturale?
La Basilicata ha già sperimentato come il turismo sia un potente motore di crescita in grado di generare significative ricadute anche sugli altri comparti. Matera 2019 è stata l’esperienza più significativa che ha dimostrato come il mix tra turismo e impresa possa generare sviluppo virtuoso. Purtroppo, il cammino di mirabile ascesa che la Capitale europea della Cultura ha saputo compiere, portando con sé, seppure in proporzioni diverse, tutto il territorio, fa i conti con il brusco stop imposto dal Covid 19. A parte le misure adottate per tamponare l’emergenza, è necessaria una nuova pianificazione. Bisogna immaginare strumenti per l’attrazione di capitali privati, come tax credit e incentivi fiscali per attrarre aziende nazionali e internazionali che vogliano investire in sponsorizzazioni per promuovere il territorio. E’ urgente farlo in tempi rapidi, prima che l’indotto economico generato negli ultimi anni per la prestigiosa investitura subisca danni irreversibili. Il primo importante appuntamento sarà l’uscita nelle sale cinematografiche del nuovo James Bond in “No time to die” che, sono certo, sarà una grande operazione di marketing territoriale.
L’altro effetto è la grande crisi economica che stiamo già vivendo. Aziende in affanno, aumento della disoccupazione. Mentre la politica pensa ai sondaggi, i numeri dell’Istat dicono che da settembre la situazione potrebbe peggiorare. Secondo lei cosa ha sbagliato il governo? Cosa deve fare?
Sinceramente credo che il Governo abbia reagito a una crisi inedita, facendo quello che era nelle proprie possibilità. In molti casi le risposte sono state insufficienti, ma sarebbe fin troppo semplicistico addebitarne le colpe a questo esecutivo. Una valutazione serena potrà esser fatta solo quando saremo in grado di giudicare i risultati della ripartenza. Ciò avverrà già dal prossimo autunno, quando la mancata esecutività di misure che facciano ripartire in modo sostenuto e duraturo la domanda, potrebbe renderlo caldissimo. Di certo, i ritardi nell’erogazione della cassa integrazione e le numerose farraginosità che hanno riscontrato le imprese nell’accesso al credito hanno vanificato l’efficacia degli interventi, con danni non voluti ma gravi. Non possiamo nasconderci però che i limiti emersi arrivano da lontano, da addebitare soprattutto allo stato di preesistente debolezza del Paese. Paghiamo lo scotto di non aver portato avanti per tempo e da tempo, le riforme strutturali necessarie a spingere la crescita al ritmo del resto d’Europa. Abbiamo comunque apprezzato gli interventi frutto del confronto con il mondo delle imprese, come quelli riguardanti il taglio dell’IRAP, il rafforzamento dell’efficientamento energetico e il pagamento dei debiti della PA. Così come è apprezzabile la definitiva eliminazione delle clausole di salvaguardia, che per anni hanno rappresentato un pesante fardello rispetto a ogni manovra di bilancio. Ora però è necessario recuperare un disegno complessivo per la ripresa fondato su semplificazione, rilancio degli investimenti pubblici a compensazione del crollo della domanda, nuovo impulso agli investimenti privati e riforma del fisco. L’obiettivo deve essere provocare un vero e proprio shock per una ripresa esplosiva e non lineare. Dalle misure tampone occorre passare alla costruzione di un set di strumenti per il rilancio di una nuova politica industriale. Un progetto di crescita per il Paese che deve fare della concertazione la regola e non l’eccezione.
Ha letto il Piano Colao? Lo condivide?
Il piano Colao è un’elencazione dotta di una serie di esigenze che il Paese avrebbe dovuto affrontare da anni. Alla politica spetta la responsabilità di decidere a quali assegnare la massima priorità e come portarle a compimento effettivo.
Una nuova guida, sicuramente carismatica come la sua, impone un nuovo linguaggio anche nelle relazioni con le parti sociali e con il nuovo potere politico regionale. Da dove si inizia? Qual è l’agenda?
L’agenda che sottoponiamo all’attenzione del governo regionale e ai nostri stakeholder ha un prioritario punto all’ordine del giorno: iniziare subito la definizione di un Piano strategico per lo sviluppo della Basilicata che si basi su una larga condivisone. Non ci interessa in che forma, ma che si tratti di un confronto di sostanza: le delicate scelte da compiere, da qui ai prossimi mesi, chiamano tutti gli attori dello sviluppo lucano a una nuova stagione di responsabilità e di visione. Nessuno può arrogarsi il diritto di scelte in solitaria davanti a opzioni tanto delicate e determinanti per il futuro. Non si tratta di riproporre in salsa lucana l’esperienza romana degli Stati generali dell’economia, rispetto ai quali, oltretutto, siamo stati precursori dei tempi, insieme al mondo datoriale unito e ai sindacati, con l’appello congiunto rivolto alla Giunta Bardi. E’ chiaro che la dimensione temporale assume ulteriore preminenza e diventa fattore ancora più determinate di riuscita: è necessario fare presto. Si abbia il coraggio di affrontare le nostre fragilità endemiche puntando su agroindustria, turismo, cultura e filiere industriali, accompagnandoli con adeguato sostegno a ricerca e formazione.