Continuare a parlarne: a scuola, con campagne di comunicazione mirate, con un linguaggio adeguato al pubblico di riferimento. Sembra essere questa la strada maestra per far sì che anche i più giovani abbiano le giuste coordinate per approcciarsi senza paura alla propria vita sessuale. Da una parte, infatti, anche grazie ad azioni in tal senso, sta migliorando la conoscenza di rischi e buone pratiche tra i giovani: 6 ragazzi su 10 sanno ad esempio riconoscere le principali Infezioni Sessualmente Trasmissibili (IST). Ma è anche vero che i comportamenti a rischio imperversano ancora.
Dilagano i rapporti a rischio
Un dato su tutti: tra i sessualmente attivi a usare abitualmente il preservativo durante i rapporti è circa 1 su 2, ma quasi 2 su 5 non adottano alcuna precauzione. È quanto emerge dall’indagine 2020 dell’Osservatorio “Giovani e Sessualità” svolta da Durex e Skuola.net in collaborazione con E.bi.co. – spin-Off accademico dell’Università di Firenze – coinvolgendo 15.254 giovani tra gli 11 e i 24 anni. Risultati divulgati in occasione del lancio di “Safe is the new normal”, la campagna educational svolta in collaborazione con ANLAIDS, Associazione per la lotta contro l’Aids, per sensibilizzare le persone sul non tornare alle cattive abitudini della normalità prima del Covid-19.
Chi ha relazioni occasionali si protegge troppo poco
Perché la prevenzione per alcuni sembra ancora un tabù. Il condom, pur essendo riconosciuto come il metodo più efficace per proteggersi dalle IST da ben 3 ragazzi su 4, stenta a entrare costantemente nella loro quotidianità: il 16% dei sessualmente attivi non usa alcun metodo di profilassi o contraccezione, il 21% si concentra solo sulla contraccezione (usando soprattutto la pillola anticoncezionale) ma non sulla profilassi, il 17% utilizza il preservativo a intermittenza, solo il 46% lo indossa sempre durante un rapporto. E se questa tendenza, dal punto di vista della sicurezza sanitaria, appare più comprensibile tra chi ha una relazione sentimentale stabile, deve allarmare se ci si focalizza tra chi ha solo relazioni occasionali: qui appena il 44% usa abitualmente il preservativo, mentre il 21% non prende nessun tipo di precauzione. Così come deve far pensare che, anche crescendo, la maturità circa questi aspetti non migliora: i numeri degli 11-13enni sono allineati a quelli dei teenager più grandi.
Vergogna e silenzio complicano le cose
Uno dei nemici più grandi è la vergogna. Basti pensare che due terzi dei giovani sessualmente attivi (67%) ancora si imbarazzano a comprare i preservativi: il 28% li acquista nei distributori automatici, lontano da occhi indiscreti; il 35% non si espone e delega il partner, il 4% li ordina online. Solo il 18% va a testa alta in farmacia. Inoltre, il 32% confessa di aver imparato a usarli direttamente facendo sesso, al 26% ha spiegato tutto il partner. Un atteggiamento sicuramente figlio della scarsa abitudine a parlare di questi temi in famiglia: solo 6 su 10 hanno affrontato l’argomento ‘prevenzione’ con i genitori.
Amanti del…brivido
La conseguenza diretta è che, per evitare impacci dovuti alla gestione del condom, si lanciano ‘senza paracadute’: 2 su 3 durante un rapporto si affidano spesso e volentieri al coito interrotto (il 34% qualche volta, il 28% praticamente sempre). Anche qui non si migliora crescendo. Questo nonostante, per molti, sia un metodo che non mette al riparo da malattie e gravidanze indesiderate: pazzesco che il 23% pratichi questo metodo accettando l’incognita del dopo (il 9% proprio perché si imbarazza a usare altro).
Migliorano le conoscenze sanitarie dei ragazzi
Eppure, in teoria, le conoscenze in materia di sessualità stanno pian piano entrando nel bagaglio mentale dei ragazzi. Sempre più adolescenti e giovanissimi dimostrano di aver chiare le informazioni essenziali. Messi di fronte a un elenco di infezioni sessualmente trasmissibili, tranne una (la cistite), il 60% individua l’intrusa. Persino i falsi miti attecchiscono sempre di meno. Circa 8 su 10, ad esempio, sanno che alcune IST possono essere asintomatiche; più di 6 su 10 che certe patologie possono portare all’infertilità; quasi 7 su 10 che il contagio è più facile se non si usano precauzioni; 9 su 10 che è possibile rimanere o mettere incinta anche la prima volta che si fa sesso. Così come è confortante riscontrare che il preservativo venga visto più come strumento di protezione dalle Infezioni Sessualmente Trasmissibili (la pensa in questo modo l’86%) che come metodo con funzioni anticoncezionali (è così per il 71%). E solo 1 su 10 ritiene, invece, che la ‘pillola’ possa evitare malattie (e il 79%, giustamente, la vede soprattutto come scudo da gravidanze indesiderate).
Una gravidanza indesiderata spaventa più di una malattia
Come spiegare questa distanza tra conoscenze teoriche e applicate? Probabilmente a quell’età spaventa più una gravidanza che una malattia, perché solo il 20% di quelli che usano il preservativo impiegano anche altri metodi contraccettivi. E poi nel 2020 anche la potenziale gravidanza fa un po’ meno paura; per esempio la pillola del giorno dopo viene vista come un contraccettivo di emergenza: 1 su 4 dice di avervi fatto ricorso per gestire potenziali rischi e, tra questi, 1 su 3 più di una volta. Non sorprende quindi che in Italia stiano aumentando significativamente sia la diffusione di infezioni sessualmente trasmissibili sia le vendite della cosiddetta pillola del giorno dopo.
Il ruolo (fondamentale) della scuola
C’è, quindi, tanto lavoro da fare per proteggere quella parte di popolazione che ancora si espone regolarmente al rischio di contagio. Specie tra i più piccoli, dato che sulle domande di cultura sanitaria i riscontri migliori vengono soprattutto dai 19-24enni, mentre al di sotto dei 14 anni spesso si stenta. La scuola, ad oggi, sembra essere il canale più efficace per veicolare il messaggio. Confrontando le risposte di chi ha svolto incontri didattici sul tema con quelle degli studenti a digiuno di nozioni, tutto gioca a favore dei primi: sull’utilizzo dei metodi contraccettivi, sulla conoscenza delle IST, sulla pericolosità di pratiche rischiose come il coito interrotto, sull’utilità del preservativo.
Quante insidie per chi si affida al web
L’importante è farlo in tempo utile perché i corsi di educazione sessuale, spesso, arrivano quando ormai è troppo tardi. L’alternativa infatti, potrebbe essere fatale: andare su Internet (è la fonte privilegiata di informazioni per il 50%), dove la fake news è dietro l’angolo. Ma il web, oltre a tante bufale, spiana la strada a un’altra pericolosa insidia: la pornografia, che da un lato dà una visione distorta della sessualità e che, dall’altro, se entra in pianta stabile nella quotidianità di menti in formazione come quelle dei ragazzi (specie dei più piccoli), può trasformarsi in una vera dipendenza.
La pornografia online distorce la realtà
Il rischio è concreto. Dall’indagine, infatti, risulta che più di 6 giovani su 10 visionano abitualmente video o immagini porno (il 35% qualche volta, il 28% spesso). Un quadro che diventa ancora più allarmante se si analizzano le singole fasce d’età: tra gli 11-13enni, ad esempio, afferma di far (o di aver fatto) uso di materiale pornografico il 75% del campione. A preoccupare sono soprattutto i maschi, tra i quali il dato raggiunge ben l’86%. Le fonti preferite di ‘approvvigionamento’? Ovviamente l’online, consultando i motori di ricerca (41%) o aprendo direttamente i siti hard più famosi (37%).
Educazione sessuale a scuola? Ancora insufficiente
Insomma, la scuola da una parte e il digitale dall’altra sono due territori che vanno assolutamente presidiati con una corretta informazione: i corsi li hanno svolti 2 ragazzi su 3 ma oltre la metà li ha trovati inutili, avendo parlato di cose già note. Appena 1 su 10, guarda caso, ha capito come e perché usare il preservativo grazie a lezioni sull’argomento. Inoltre, solo nel 58% dei casi a interagire con loro è stato un medico o un esperto (1 su 4 si è dovuto accontentare del proprio docente). Cresce, poi, l’esigenza da parte di quanti non hanno avuto tale opportunità di approfondire la materia ‘sessualità e contraccezione’ in classe: lo chiede il 27% del campione.