Se è Napoletano il direttore di Tremonti

Se è Napoletano il direttore di Tremonti

L’esperienza di Gianni Riotta alla guida del Sole 24 Ore si è conclusa dopo poco meno di due anni. L’ultimo atto è arrivato martedì 15 marzo, con il cda chiamato ad approvare il bilancio 2010. L’uscita era nell’aria da qualche settimana. Per sostituire Riotta la Confindustria, azionista di controllo della società editrice, ha chiamato Roberto Napoletano, attuale direttore del Messaggero, che al Sole ha già lavorato a lungo, lasciandolo nel 2006 da vicedirettore..

A giocare contro Riotta sono stati i pessimi conti e la scelta di fare un quotidiano poco specializzato, piuttosto generalista e molto aperto a tematiche internazionali. Una linea che non ha pagato né in termini di diffusione (con una perdita di quasi 50 mila copie e del 27% di abbonamenti) né pubblicitari. Ad aggravare il quadro il progetto, a lungo caldeggiato da Riotta, di adottare per il quotidiano il formato «tabloid», bocciato dall’azienda nel timore di un calo del gettito pubblicitario. La redazione aveva da tempo voltato le spalle al direttore (il 70% dei giornalisti lo ha sfiduciato con un referendum il 5 febbraio), e contro Riotta, negli ultimi tempi, era facile trovare voci anche in Confindustria.

Non stupisce l’anticipata uscita di scena di Riotta, quanto la scelta del suo successore, lo stesso che sembrava il candidato naturale alla direzione prima che Confindustria scegliesse l’ex direttore del TG1. E che, stando ai si dice, non piaceva al presidente Emma Marcegaglia e ad altri esponenti del mondo imprenditoriale. Napoletano arriva in via Monte Rosa, due anni dopo, scelto proprio da Marcegaglia e con il forte appoggio del ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, a detta di molti suo main sponsor. Le ipotesi di candidati interni o altri nomi esterni non hanno retto il confronto con la candidatura di Napoletano. Il neo-direttore del Sole è certo gradito a un ampio schieramento politico e non, che va dai centristi di Pier Ferdinando Casini ad esponenti dell’establishment finanziario non facili da conciliare tra loro come Diego Della Valle e Cesare Geronzi. Ma il peso della politica in questa scelta appare piuttosto determinante e nella storia del Sole 24 è un fatto inedito: fino ad oggi il direttore era espressione degli umori di Confindustria più che di quelli di via XX Settembre.

In un certo senso questo capacità della politica di entrare nella scelta dei direttori della carta stampata, pur non essendo un elemento nuovo, si sta riproponendo con forza. Non è il modello Rai, ma sembrava che i giornali fossero meno esposti alle correnti ministeriali o politiche, soprattutto quelli forti di un editore autonomo e non legato a sovvenzioni pubbliche.
Non sempre queste correnti riescono a piegare la volontà dell’editore, anche in campo televisivo, ma il rischio che si corre è alto. Come testimonia la nomina di Enrico Mentana alla testa di La7 lo scorso anno. Nomina fortemente osteggiata dal presidente del Consiglio (che era riuscito a bloccarla per quasi dodici mesi). Alcuni tentativi per defenestrare Franco Bernabè dalla testa di Telecom nelle scorse settimane sarebbero stati legati proprio alla gestione del polo televisivo.

Il presidente del Consiglio non ha mai nascosto di ritenere i giornali organi a lui ostili. L’attacco al Corriere della Sera passato da “essere un buon foglio della borghesia italiana ad un foglio della sinistra” nell’ottobre 2009 costrinse Ferruccio de Bortoli a scrivere un lungo e appassionato editoriale a difesa del proprio operato e del Corriere, giornale “liberale e moderato, una delle istituzioni di garanzia di questo paese”. Ma il gioco delle nomine ormai non conosce più confini e assedia anche quelle che una volta sembravano fortezze ben difese. Il controllo dell’informazione è un imperativo, o un’ossessione, per ogni gruppo di comando, ma tra gli strumenti per esercitarlo fino ad ora la nomina dei direttori era il meno usato. Si preferiva esercitare un pressing più o meno persuasivo sugli editori, utilizzare la pubblicità e altri mezzi più o meno consentiti. Oggi la passione inarrestabile per le nomine sembra aver varcato anche le stanze dei direttori dei quotidiani nazionali di maggior peso. 

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