La rivoluzione degli indignados, questa sconosciuta. Mentre in Spagna decine di migliaia di giovani scendono in piazza per rivendicare lavoro, diritti e democrazia, in Italia il fenomeno M-15 (si chiama così perché nato il 15 maggio) resta ancora nell’ombra. L’Europa si interroga sulla “Primavera spagnola”, noi poco. I quotidiani, tranne rare eccezioni, non dedicano spazio alla novità. I “movimenti” e il mondo della politica preferiscono non esporsi in prima persona. Intanto gli iscritti alla pagina facebook della “Italian Revolution” – al momento poco meno di diecimila – crescono di ora in ora. Si sono dati appuntamento stasera, nelle piazze delle principali città.
«I nostri media – racconta il direttore di Micromega Paolo Flores d’Arcais – hanno snobbato questo movimento. Fa parte della disinformazione imperante del giornalismo italiano. Ma il fenomeno è tutt’altro che trascurabile. La cosa che mi ha colpito di più è il carattere di continuità: non si tratta di una grande manifestazione, ma di un presidio permanente. Durante il giorno partecipano 3-4mila persone. La sera dieci volte tanto».
Ad aver sottovalutato il movimento spagnolo non sembra essere stato solo il mondo dell’informazione. «Le manifestazioni di Madrid – racconta Fabrizio Biolè, consigliere regionale del Movimento Cinque stelle in Piemonte – ci incuriosiscono, ma nulla di più». Proprio ieri Beppe Grillo ha incontrato a Barcellona alcuni giovani che protestavano. «Magari nei prossimi giorni succederà qualcosa anche qui – continua Biolè -. Aspettiamo». Davanti alla “Primavera spagnola” il popolo viola si divide. Una componente del movimento, la Rete, stasera scenderà in piazza: «Guardiamo queste manifestazioni con molta simpatia – raccontano – abbiamo deciso subito di aderire». Il gruppo principale, invece, non ci sarà. «Fino ai primi di giugno – spiegano dall’ufficio stampa – siamo impegnati con la promozione dei referendum».
Perché così poca partecipazione? «Bisogna anche riconoscere – spiega Flores d’Arcais – che quello spagnolo è un fenomeno molto recente, è accaduto tutto in pochi giorni. Ma i movimenti devono iniziare a sentire il bisogno di conoscersi, di entrare in contatto tra loro. Presto diventerà un’esigenza. Queste proteste nascono come risposta alla globalizzazione liberista selvaggia. Contro un fenomeno mondiale. Ed è logico che prima o poi si pongano il problema di lottare in modo coordinato e articolato».
Difficile dire se la “Rivoluzione spagnola” arriverà anche da noi. Al primo appuntamento degli indignados italiani, ieri a Firenze, si sono presentate poche decine di giovani. «Quando in Europa non si muoveva nessuno, noi abbiamo portato in piazza oltre un milione di persone» dice Daria Colombo, una delle protagoniste dell’esperienza dei girotondi. «Non credo – continua – che in Italia tutto taccia. Penso al popolo viola, ai ricercatori, agli studenti scesi in piazza contro la riforma Gelmini. Anzi, sono convinta che qualcosa avverrà presto anche qui, c’è solo bisogno di qualcuno che organizzi il movimento».
Probabilmente a muoversi non sarà il mondo della politica. «Se queste manifestazioni non nascono direttamente dal tessuto sociale è difficile inventarsele» spiega il senatore dell’Italia dei Valori Pancho Pardi, anche lui tra i promotori dei girotondi. «Intendiamoci – continua – io mi auguro che iniziative come quella spagnola possano crescere e aumentare. Sarei prontissimo a cavalcare questo fenomeno, ma prima deve emergere». Cosa può fare la politica? «Come Idv noi abbiamo organizzato dibattiti pubblici sul tema del precariato – continua Pardi – Ma non credo che al movimento faccia male un po’ di distanza dai partiti».
Forse un’ingerenza del mondo politico avrebbe dato più visibilità al fenomeno. «Non c’entra nulla – dice Daria Colombo – la vera politica è proprio il movimentismo. E non fa differenza se va contro un governo di centrodestra o di centrosinistra». Un problema che non sembrano porsi nemmeno in Spagna. «Lì la reazione dei socialisti è molto imbarazzata – racconta Flores d’Arcais – perché i giovani sollevano gli stessi problemi che Zapatero, salendo al governo, si era impegnato a risolvere. Ma la reazione della destra è altrettanto forsennata. Stanno trattando i manifestanti quasi da golpisti».