In Scozia la secessione conviene alla capitale

In Scozia la secessione conviene alla capitale

Se Nick Clegg è lo sconfitto per eccellenza, dalla tornata elettorale britannica di giovedì 5 maggio è uscito anche un vincitore, e sta al di là del Vallo di Adriano. È Alex Salmond, leader dello Scottish National Party, che, il giorno dopo, è atterrato con un elicottero nel giardino di un lussuoso hotel di Edimburgo per celebrare con giornalisti e fotografi lo storico successo del suo partito: 69 seggi conquistati su 129, che vogliono dire maggioranza assoluta al Parlamento nazionale. Dal 1999, anno della devolution, nessuno ci era riuscito.

Guardando alla colonna dei più e dei meno rispetto alla legislatura precedente si vede che lo SNP ha guadagnato 23 seggi, sottraendoli in gran parte ai liberaldemocratici (-12) e ai laburisti (-8). Questi, complice l’arretramento nel regno dal quale provengono gli artefici del New Lab Tony Blair e Gordon Brown, sorridono a metà di fronte al risultato complessivo.

«Questo partito, il partito scozzese, il partito nazionale, porta speranza. Renderemo la nazione orgogliosa», ha dichiarato Salmond, che ora si ritrova un’assemblea tutta per sé. E ha lanciato la prima sfida: arrivare nel corso del prossimo mandato al referendum sull’indipendenza della Scozia. Un obiettivo coltivato da tempo e che adesso è – teoricamente – a un passo dal traguardo, tanto che i media britannici hanno sguinzagliato i reporter per raccogliere le opinioni della gente comune. Che, inevitabilmente, si divide: c’è chi non aspetta altro, chi è curioso di sapere gli sviluppi, chi avvisa che un conto è votare SNP e un conto è scegliere se staccarsi da Londra o meno in termini di convenienza. Ad esempio, in Scozia ha sede gran parte dell’industria navale britannica e Brown si è sempre battuto perché non salpasse per altri lidi, al punto che, nel 1999, la Gran Bretagna è uscita dal programma di cooperazione Horizon insieme a Italia e Francia.

I numeri, d’altronde, parlano chiaro: se c’è un governo che ironicamente potrebbe appoggiare la causa indipendentista di Salmond, è quello conservatore. Perché, mentre David Cameron ha già avvertito che «se vogliono tenere il referendum, farò campagna per mantenere la Gran Bretagna unita con tutta la forza che ho», a far due conti il suo socio, il Chancellor George Osborne, impegnato com’è a risanare i conti britannici, potrebbe tirare un sospiro di sollievo dalla secessione.

Sono all’incirca undici i miliardi di sterline che Londra spende per Edimburgo, quasi 12 miliardi e 570 milioni di euro. Molti servizi sono infatti gratuiti, almeno apparentemente. C’è sempre chi deve pagarli: il soggetto in questione è il governo inglese. C’è l’assistenza sanitaria in casa gratis per i più anziani, mentre gli over 60 non pagano il biglietto dei bus e a parte Glasgow, gli altri centri non hanno una metropolitana. Anche le visite oculistiche sono gratuite. Quanto ai sussidi, le casse statali li hanno assicurati addirittura a due panda dello zoo di Edimburgo e non è uno scherzo: sono stati stanziati in seguito alla mancanza di sponsor privati per il loro mantenimento.

E poi c’è la scuola. Per garantire un’alimentazione più sana ai ragazzi, dall’agosto 2008 gli scolari non pagano la mensa, per un costo che spazia tra i 30 e i 40 milioni di sterline. Dalle elementari all’università, il tema si fa ancora più interessante. Dal 2000/2001 gli studenti scozzesi ed europei non pagano le rette d’iscrizione. Ma se un ragazzo inglese o gallese decidesse di iscriversi ad Edimburgo, a Glasgow oppure a St Andrews, non risulterebbe esentato dalla norma approvata dal Parlamento scozzese.

Non l’hanno presa bene, da Newcastle in giù, tanto che al Parlamento europeo già nel 2005 è stata depositata una petizione contro le «tasse universitarie discriminatorie in Scozia» (http://www.europarl.europa.eu/meetdocs/2004_2009/documents/cm/576/576358…). Mentre solo poco più di un mese fa, Ian Jack, firma del filo-laburista The Guardian, ha fatto le pulci alla questione, da padre di famiglia con figlia studentessa in Scozia (http://www.guardian.co.uk/commentisfree/2011/mar/26/ian-jack-scotland-un…). Solo lo scorso autunno, le vie di Londra vennero prese d’assalto da giovani inferociti perché l’esecutivo aveva alzato le rette universitarie, arrivando a scontrarsi con la polizia e a prendere di mira la sede del partito conservatore. Questioni che riguardano di striscio i ragazzi scozzesi: possono sempre scegliere di tornare a casa e risparmiare.

Il ruolo istituzionale, lo spirito patriottico e il buonsenso impediscono tanto a Cameron quanto a Osborne di schierarsi contro il programma indipendentista di Salmond. Ma tirate le fila potrebbero anche dirgli: vai, poi vediamo quanto tempo riuscirai a sopravvivere.
 

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