Ora la riforma sanitaria di Obama piace agli americani

Ora la riforma sanitaria di Obama piace agli americani

NEW YORK CITY – Convincere gli elettori che la riforma sanitaria, approvata in Massachusetts quando lui era governatore e ribattezzata “RomneyCare”, non abbia nulla a che vedere con la riforma sanitaria approvata dall’amministrazione Obama è il primo obiettivo che Mitt Romney intende raggiungere quando interverrà, domani, a un dibattito all’Università del Michigan. Le possibilità di successo nella corsa alla presidenza per gli Stati Uniti, alla quale l’ex governatore sembra sempre più deciso a partecipare, infatti, potrebbero essere seriamente messe in difficoltà proprio da questa “macchia” del passato, dalla quale, fra l’altro, Romney non sembra affatto voler prendere le distanze. «La riforma sanitaria che ho appoggiato – ha ripetuto spesso il repubblicano – era perfetta per il Massachusetts. Diversa è quella di Obama che vede coinvolti tutti gli stati».

Quale sia la differenza, poi, al momento, non è facile comprenderlo soprattutto perché anche la “RomneyCare” include l’obbligo per il cittadino di sottoscrivere un’assicurazione sanitaria (il cosiddetto “mandato individuale”). Fatto sta che l’ex governatore proporrà certamente, come sua posizione, quella del “repeal and replace” cioè “abroga e sostituisci”, una delle tante alternative repubblicane alla riforma di Obama. Alcuni rappresentanti del Gop, infatti, in maniera più categorica, suggeriscono l’abolizione assoluta della riforma senza alcuna sostituzione mentre altri, come Romney appunto, propongono situazioni alternative, anche se ancora poco chiare nelle loro forme.

La posizione di Romney e la sua possibile “difficoltà” a interagire con il suo elettorato la dicono lunga sull’avvelenato dibattito che ruota ancora intorno alla riforma sanitaria approvata più di un anno fa ed entrata in vigore in alcune delle sue parti, in particolare quelle che riguardano i bambini che non possono più essere “rifiutati” dalle assicurazioni se affetti da patologie più o meno gravi, tipo, tanto per fare un esempio, l’asma.

Proprio nei giorni scorsi si sono svolte altre due udienze presso la Corte d’Appello della Virginia per dibattere circa l’accusa di incostituzionalità che molti stanno usando nel tentativo di smantellare la riforma. La posizione dei giudici, tuttavia, sembra essere incoraggiante per i sostenitori della riforma dal momento che, finora, non vengono individuati motivi concreti che inficerebbero la costituzionalità del provvedimento.

Fra l’altro, merito anche della campagna informativa messa a punto dall’amministrazione durante gli ultimi mesi, con l’obiettivo di chiarire i punti della riforma, evidenziandone i vantaggi. I sondaggi di questi ultimi giorni mostrano una chiara inversione di tendenza a proposito della posizione degli americani. Il 56% si dichiara, adesso, favorevole al mantenimento della riforma e alle sue applicazioni, mentre solo il 36% conferma la sua contrarietà. Di questi, però, solo il 26% è assolutamente contrario alla riforma mentre il 46% è favorevole all’abrogazione ma con sostituzione, comunque, con qualche forma di assistenza.

La crisi economica e la circostanza che molti abbiano perso il lavoro, e di conseguenza i benefici sanitari, ha sicuramente influito sull’inversione di tendenza cui si sta assistendo dopo un primo periodo in cui la riforma di Obama era vista come una sorta di imposizione socialista. Il punto essenziale sul quale hanno insistito (e combattuto) finora i Repubblicani è quello dell’intrusione del Governo nelle libertà individuali. Obbligare all’acquisto di un’assicurazione sanitaria, come previsto dalla riforma, viene indicato dai repubblicani come un limite alla libertà individuale. «Come se il governo ci obbligasse a mangiare broccoli – ha detto Kenneth Coccinella, Attonery General della Virginia – solo perché fanno bene alla salute. Sarebbe comunque un’intrusione».

Più che per le implicazioni economiche, relative al costo della riforma, dunque, gli americani favorevoli alla sua abrogazione lo sono più che altro per timori legati alla propria idea di libertà individuale, in America, sacra quanto, se non più, della vita stessa. E se Obama, come ha ripetuto spesso, non vuole tornare su un lavoro portato a termine, a Romeny resta intanto il difficile compito di spiegare perché sia lecito “limitare” la libertà individuale di un cittadino di Boston (grazie al “RomneyCare”) e non quella di un cittadino di New York o di Los Angeles.  

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