Strauss Kahn, la moglie, e una recita per il Potere

Strauss Kahn, la moglie, e una recita per il Potere

Guardate quel piglio, quell’eresia sentimentale che porta una donna a difendere il proprio uomo schiacciato da accuse infamanti. C’è un’intera letteratura che racconta in maniera esaustiva l’esercizio della protezione familiare, quando una moglie, una compagna, raccoglie su di sé il peso infinito di una lacerazione e lo trasforma – modellandolo a piacimento dei media – nell’esibita, scandalosa espressione di un (ritrovato) orgoglio matrimoniale.

È utile diffidare di donne che fanno dell’istinto di conservazione un tratto distintivo. La moglie di Strauss Kahn non è che l’ultimo esempio di una lunghissima teoria di abili tessitrici di trame, che dei loro mariti sanno semplicemente tutto, e che nel momento della disfatta, s’ergono a smemorate a beneficio dei fotografi.

Cosa spinge una donna a difendere l’indifendibile, forse una condizione sociale ormai matura e che dispiacerebbe assai perdere per strada, forse invece l’estremo slancio per passare alla storia come eroina moderna, o, più semplicemente, l’anticamera di una vendetta che si trasformerà (per lui) in una lunga e dolorosissima punizione?

Come vedete, ho escluso dal novero delle possibilità l’idea ch’esse, le donne, certe donne, siano sincere. Semmai sospinte da interessi personali, alcuni dei quali persino ovvii e sacrosanti, come la difesa dei figli. Ma se i figli sono già grandi, o anche discretamente formati, quale altra ragione vi sarebbe per tenere in piedi ciò che per tutti è, dichiaratamente, finzione?

Nel comportamento di questo genere femminile non si ravvede traccia delle grandi battaglie che le donne hanno fatto nel corso degli anni e che ha portato – almeno – a una certa consapevolezza. Se possibile, queste difensori d’ufficio di malefatte sessuali espongono strategicamente un autentico finto dolore, per avere in futuro un immenso credito da esigere. Quale altra grande perversione sentimentale si può immaginare che riportare a casa il tapino e tenerlo al guinzaglio per il resto dei suoi giorni?

Il sospetto che donne più moderne e modernamente più dignitose possano tracciare una strada molto diversa non solo è un auspicio, ma probabilmente anche un dato di fatto. La doppiezza esibita dalla moglie di Strauss Kahn, Anne Sinclair, e dalle millanta (tra cui l’esempio più eclatante è forse Hillary Clinton) che l’hanno preceduta ha una radice antica e comune nella spasmodica ricerca del Potere, di quello stagno maleodorante dove le convenzioni borghesi prevalgono sui veri sentimenti e anche sulle impennate d’orgoglio che, con ben altri principi, consiglierebbero queste signore di mandare a quel tal paese i rispettivi consorti. Mandarceli subito e con grande scandalo pubblico, in modo da riprendere in un’unica soluzione tutta la dignità perduta.

Miseramente, invece, accade che lorsignore difendano con le unghie e con i denti ciò che resta dei loro mariti, a dispetto persino di quel galateo sentimental-istituzionale che in certi momenti consiglierebbe un filo in più di discrezione.

Mano nella mano, Strauss Kahn e signora marciano uniti verso la felicità.