Con il federalismo la stangata per gli automobilisti la firma la Provincia

Con il federalismo la stangata per gli automobilisti la firma la Provincia

Imposte mascherate da altre imposte. Inserite in quel professato e atteso decreto sul federalismo (n. 68 del 6 maggio 2011) che, contro ogni annuncio, si traduce in un vero e proprio prelievo dai bilanci familiari dei cittadini e mette paradossalmente in pratica quel che dice di non volere. Dopo il rincaro della benzina e l’amnesia delle promesse pre-elettorali sull’abolizione del bollo, arrivano ora i provvedimenti su Rc auto e Ipt: le due più consistenti entrate dei tanto discussi bilanci provinciali.

Si stabilisce, innanzitutto, la libertà delle province di aumentare (o diminuire) del 3,5% l’imposta sulle assicurazioni, percentuale che va ad aggiungersi a quel 12,5% di tasse che ogni automobilista già paga sulla propria polizza. Il rincaro medio previsto? Dai 25 ai 35 euro a pratica, a fronte di un consistente introito delle province. Per la verde Venezia ad esempio (che in Veneto dopo Belluno, Verona, Rovigo e Treviso ha approvato l’aumento massimo consentito) saranno 2,5 i milioni di euro in più entro la fine dell’anno e 7,5 quelli calcolati su base annua; Milano si aspetta 8 milioni di guadagno per i restanti mesi del 2011 e ben 32 per i 12 mesi del 2012.

La lista delle province pronte a cogliere l’occasione si allunga di giorno in giorno. Dall’inizio di giugno, e nelle prime settimane di applicazione del provvedimento, una provincia su tre ha dato il via alle procedure per modificare l’aliquota. Ancora incerta la sorte dell’Ipt, imposta provinciale di trascrizione che si versa al momento dell’acquisto di vetture nuove o usate. Il decreto legislativo su Fisco di Regioni e Province ne stabilisce la trasformazione da tassa fissa a tassa progressiva in rapporto alla potenza dell’auto. Fino a qui niente di strano, se valesse per macchine potenti e potentissime mentre, se entrerà in vigore come previsto, andrà a colpire soprattutto i medi e i medio-piccoli automobilisti.

Se oggi l’acquisto di una vettura avviene tramite concessionario, si paga una cifra compresa tra i 151 e i 196 euro in base alle diverse province, cui è stata data la possibilità di aumentare fino al 30% la somma base stabilita dalla legge: potendolo fare, 104 province su 110 non hanno tardato a farlo e ben 49 fino al massimo consentito. Il medesimo meccanismo si applica se la compravendita si conclude tra privati, ma solo se la vettura non supera i 53 kw di potenza: oltrepassata questa soglia l’Ipt diviene progressiva e variabile, anche in questo caso, da provincia a provincia, da un minimo di 3,52 euro a un massimo di 4,56 euro in più per cavallo.

Il decreto si propone di uniformare la disciplina degli atti soggetti a Iva (concessionari) a quella tra privati sopra i 53 kw. Dei modelli attualmente in listino pochissimi hanno, però, una potenza pari o inferiore ai 53 kw. Qualche esempio: per una Fiat Punto (57 kw) l’aumento previsto è di 67 euro, per Opel Agila o Peugeot 207 (79 kw) si passa da 150 a 295 euro; per Fiat Bravo e Citroen C3 (90 kw) si sale da 150 a 379 euro e per Volkswagen Polo o Mini Cooper (130 kw) la tariffa cresce da 150 a 548 euro.

Molto pesanti le conseguenze per l’autotrasporto, nell’acquisto di automezzi e rimorchi nuovi, nei passaggi di proprietà e in occasione dei frequenti casi di cessione parco veicolare o nuova intestazione sulla carta di circolazione: per l’immatricolazione di un trattore stradale, ad esempio, per il quale è richiesta oggi un’imposta pari a circa 196 euro, si raggiungerà la cifra di circa 820 euro. Entrambi i provvedimenti non verranno poi applicati nelle regioni e nelle province autonome, andando probabilmente a favorire il «turismo fiscale» da una parte e il mercato sommerso nella compravendita dell’auto dall’altra.

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