La Fininvest non è un’azienda come tutte le altre, e la sua diversità nasce con il padre fondatore ben prima ch’egli decida di scegliere la politica. Se il capo azienda di oggi, e cioè Marina Berlusconi, può permettersi un linguaggio al limite dell’eversione è perché la cultura d’impresa di suo padre ha sempre tratto linfa vitale da una certa attitudine allo scontro, anche frontale, anche senza troppi scrupoli, nell’idea che uno dei due contendenti prima o poi avrebbe dovuto soccombere. In fondo tutta la storia della Mondadori ruota attorno ai caratteri delle persone, più che alle loro attitudini manageriali.
Sono ormai diciassette anni che abbiamo confidenza con il Silvio Berlusconi soggetto politico e sembra quasi che della sua vita passata sia rimasto poco o nulla, mentre invece la fondazione di Forza Italia e successivamente il suo sviluppo hanno intimamente e tecnicamente a che fare con l’azienda Fininvest. Sono sostanzialmente un corpo solo. Se non altro, ma è solo un particolare, perché un bel giorno lontano il Capo decide di staccare i suoi uomini “migliori” dalle aziende, portandoli all’interno del laboratorio da cui sarebbe nata la nuova “creatura” politica.
Quando Marina Berlusconi come primissimo commento alla sentenza sul Lodo Mondadori minaccia: «non cacceremo un euro», non parla tanto come capo azienda ma come unica figlia legittima di Silvio Berlusconi. Non che gli altri pargoli del Cavaliere non possano vantare gli ovvii requisiti di legge, ma nessuno di loro – a partire da Dudi, il secondogenito Piersilvio – ha mai avuto attitudine a quel mare dai fondali bassi in cui i pescecani sanno muoversi con confidenza e disinvoltura. Un bel giorno di più una decina d’anni fa, richiesto di un parere spassionato sui due figli più grandi, il Cavaliere riservò a Marina un complimento davvero sincero («è la migliore dirigente con la gonna di Fininvest»), mentre su Piersilvio si limitò a un laconico «è simpatico».
In questa vicenda è utile non sottovalutare la questione denaro, puramente intesa come soldi, come “roba” propria, non tanto come espressione tecnico-economica di uno sviluppo aziendale. Se vogliamo tradurre arbitrariamente quel “non cacceremo un euro”, dobbiamo rifarci all’anima più piena e densa di Berlusconi, di quel Berlusconi di anni lontani che non ha mai amato perdere, né tollerato che qualcuno si introducesse a casa sua portandogli via l’argenteria (in questo caso i giudici dicono che l’argenteria l’ha portata via lui). Prima ancora dell’elemento politico, che si staglia con tutta evidenza e di cui vi ha parlato compiutamente Peppino Caldarola, qui cerchiamo di interpretare lo stato d’animo del Cavaliere nel momento in cui una sentenza del tribunale gli impone di pagare a Carlo De Benedetti più di mezzo miliardo. Più di mezzo miliardo che tra qualche giorno potrebbe fisicamente passare nelle tasche dell’Ingegnere. Se lo conosciamo appena un po’, questa possibilità (si dovrebbe dire certezza, ma non si sa mai) lo fa diventare matto. E Marina ne è la felice, quanto disperata, interprete.
Ci sono poi fattori esterni che nella situazione contingente possono rivestire ruoli di una certa importanza. Il primo riguarda i dipendenti della galassia Mediaset, che avrebbero buon gioco a preoccuparsi per i destini dell’azienda. Nei tre lustri e mezzo della vicenda politica del fondatore, non è esagerato parlare di “miracolo del silenzio”. Cos’è il miracolo del silenzio? È un certo sentimento di squadra, una visione aziendal-sentimentale, uno stare insieme per il prodotto e anche un po’ per il sogno berlusconiano, che ha unito gran parte di coloro che lavorano in quelle società, tra Cologno e Milano 2. È del tutto ovvio pensare che all’interno di Mediaset esista più di una sfumatura politica, è ridicolo immaginare un monolite Pdl o, all’epoca, Forza Italia. Ma il miracolo del fondatore è stato proprio questo, trasferire nei dipendenti un certo orgoglio di appartenenza che ha fatto velo, probabilmente, sulle magagne del Nostro. Ecco, questo modo di pensare, di stare in azienda, come si svilupperà d’ora in avanti?
Il secondo aspetto aziendale riguarda il comparto informativo di Mediaset, televisioni, quotidiani, settimanali, ecc. Mentre scriviamo è del tutto probabile che Mauro Crippa, direttore per l’Informazione, abbia già convocato una riunione strategica per mettere a punto la controffensiva editoriale. Si attribuisce a Crippa un potere esteso sotto questo cielo, molti lo definiscono la vera “anima nera” del gruppo, ma in termini di risultati concreti il suo affannarsi – spiace rivelarglielo così semplicemente in un pomeriggio estivo – non vale una mezza puntata di Santoro. Comunque sia, giornali e televisioni faranno il loro, come devono e sanno. Ma in qualche modo, l’arbitro ha già fischiato la fine.