Irene spaventa l’America ma non è Katrina

Irene spaventa l’America ma non è Katrina

La spiaggia di Montauk a New York chiusa dalla polizia (Afp)

Manhattan vs Irene. Mentre le evacuazioni dalla città di New York continuano (finora 370mila i newyorkesi cha hanno abbandonato la città) le parole del sindaco della Grande mela, Michael Bloomberg, non rassicurano certamente: «Dobbiamo prepararci al peggio» è uno dei suoi utlimi appelli. Il sindaco ha dichiarato che 7.000 pazienti sono già stati evacuati dagli ospedali di New York nelle aree a rischio. Coloro che si trovano in queste zone – afferma Bloomberg – devono andare via e rispettare l’ordine di evacuazione, che in molti stanno eseguendo: «Non farlo è pericoloso, folle».

Insomma sembra che la paura abbia avuto il sopravvento nonostante il declassamento da categoria 2 a 1, cioè la minima categoria dela scala di Saffir-Simpson (un sistema di misurazione dell’intensità dei cicloni tropicali articolata in cinque categorie, in dipendenza della velocità del vento, fornisce una misura empirica dell’intensità dei danni che possono essere provocati dallo scatenarsi di un ciclone). L’uragano Katrina che ha colpito le coste della Lousiana 6 anni fa era categoria 5, il massimo con effetti disastrosi.

E sui media di tutto il mondo Irene continua a fare paura mentre si sposta verso la North Carolina a una velocità di 22 chilometri orari ed è attesa a New York tra stasera e domani. Sulla East Coast americana ha già provocato ieri forti precipitazioni e raffiche di vento e, stando alla Cnn, circa 65 milioni di persone potrebbero riportare danni per l’uragano che il presidente Barack Obama ha definito «storico». In molte località è scattata la corsa all’acquisto di provviste e nei supermarket scarseggia l’acqua. A quattro giorni dal terremoto di magnitudo 5,8 con epicentro in Virginia, New York ha iniziato a prepararsi.

Oltre alle evacuazioni ordinate dal sindaco entro le cinque di oggi pomeriggio, niente musica all’aperto nella piazza del Lincoln Center, chiuderanno tutti gli Starbucks della città e anche lo store della Apple sulla Quinta strada, aperto notte e giorno. Le isole che compongono la Grande mela dove il Bronx è unito alla terraferma, resteranno isolate. Chiuderanno anche i ponti che uniscono Manhattan al resto della città se il vento supererà i 100 chilometri orari. Intanto nelle ultime ore i venti sono calati da 85 miglia all’ora (136,7 chilometri all’ora) dalle 100 miglia all’ora (160,9 chilometri) di ieri.

Ad accompagnare l’uragano diversi blackout in North Carolina, con almeno 200.000 clienti della società elettrica Progress Energy senza elettricità. E in tema di energia sono oltre una decina le centrali nucleari che si trovano lungo il versante della Costa Est che nelle prossime ore sarà colpita dall’uragano Irene. Tutti questi impianti, informa il Nuclear Regulatory Commission, (Nrc, l’ente nucleare americano), si stanno preparando per superare senza problemi l’eventuale black out o i danni provocati dal vento o dall’acqua. Al momento, pare che tutti gli impianti continueranno a funzionare regolarmente durante la tempesta. Alla base atomica Dominion Resources Inc’s Millstone, nei pressi di Waterford, in Connecticut, i tecnici stanno testando il sistema di barriere anti-alluvione e di porte sottomarine costruite appunto per mantenere i reattori asciutti e completamente al riparo da ogni tipo di innalzamento dell’acqua provocato da uragani.

Per ora Irene è arrivata alla capitale Washington dove lambisce la zona meridionale della città: in queste ore, ha toccato per la prima volta la Chesapeake Bay, la baia che divide le coste della Virginia da quelle del Delaware, alla cui sommità, ma qualche chilometro verso l’interno, c’è Washington. Secondo il Washington Post, su questa zona stanno cadendo le prime piogge. Intanto in città è ancora tutto tranquillo, anche se il cielo è totalmente coperto. Secondo le proiezioni dei meteorologi, l’area metropolitana della capitale americana dovrebbe essere coinvolta dall’uragano a partire dalla tarda serata di oggi, e continuare per tutta la notte e buona parte della giornata di domenica. E poi l’arrivo previsto a New York che dista circa 300 km dalla capitale Usa. Sperando che non faccia troppo male, è sempre Coney Island baby.

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