Le misure anti crisi non sono ancora pronte, ma il Governo svela i capitoli su cui ha deciso di intervenire. A presentare al Parlamento le prime misure allo studio di Palazzo Chigi è il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, che stamattina ha incontrato alla Camera i rappresentanti della commissioni Affari costituzionali e Bilancio. Il titolare di via XX settembre conferma l’ipotesi di aumentare al 20 per cento l’aliquota sulle rendite finanziarie, l’intervento sulle pensioni e l’inserimento nella Costituzione del vincolo del pareggio di bilancio. Ma apre anche a un non meglio precisato «contributo di solidarietà».
Mentre il ministro parla alle commissioni, a Montecitorio c’è un’atmosfera surreale. Fuori la piazza è deserta, le forze dell’ordine hanno bloccato gli accessi. A poche decine di metri un gruppo di militanti del Partito Comunista dei Lavoratori grida slogan contro i politici. «Governano i lavoratori, non i banchieri» si legge su alcuni striscioni. Nel palazzo un insolito silenzio. La tabaccheria è chiusa, il cortile interno inaccessibile causa lavori, il Transatlantico deserto. Impalcature ovunque. È aperta solo la bouvette. I commessi addetti al banco del bar sono stati richiamati a lavoro per assicurare il conforto di un caffè ai parlamentari tornati dalle vacanze. Scambiando qualche parola è facile intuire che non tutti hanno gradito.
Al quarto piano, nella sala del Mappamondo, si lavora. Giulio Tremonti racconta alle commissioni della lettera inviata dalla Banca centrale europea al governo italiano. Un documento «strettamente confidenziale» che contiene alcune indicazioni per uscire dalla crisi economica. Il ministro si sofferma su tre suggerimenti inviati all’Esecutivo. La Bce avrebbe consigliato di attuare tagli orizzontali al welfare, ridurre gli stipendi dei dipendenti pubblici e introdurre una sorta di diritto di licenziamento. «Questo non vuol dire che il governo attuerà queste misure» chiarisce il ministro. Ma è chiaro che al momento di approvare il decreto queste misure saranno portate al tavolo di confronto con le parti sociali.
Ma non ci sono solo sindacati e industriali. Nel pomeriggio il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi incontrerà al Quirinale il Capo dello Stato. Giorgio Napolitano ha interrotto anzitempo le sue vacanze per confrontarsi con il premier. Secondo indiscrezioni il Colle avrebbe espressamente chiesto al Governo – tramite il sottosegretario Gianni Letta – di presentarsi al vertice con una bozza del decreto contenente le misure anti crisi. Il problema è che al momento l’Esecutivo sta ancora vagliando una serie di proposte. La quadra non è stata trovata. E del decreto che dovrà essere discusso la prossima settimana non è disponibile nemmeno una prima stesura.
Ci sono solo alcune ipotesi di intervento. Le stesse che Tremonti illustra alle commissioni. Nessuna misura specifica. Piuttosto una lista di temi su cui il governo si riserva di intervenire. Anzitutto le due modifiche costituzionali degli articoli 41 e 81. Sulla libertà di impresa e il vincolo del pareggio di bilancio. Subito dopo, nella graduatoria del ministro, viene il contenimento dei costi della politica. Su cui, spiega «si deve intervenire con incisività». Un pacchetto di liberalizzazioni. Poi la grande novità, l’unico elemento ancora inedito. Tremonti ipotizza di accorpare sulle domeniche le festività «per aumentare la produttività sistemica». Salvo le feste religiose, specifica subito dopo. In sala stampa è gelo. «Ma che tolgono le feste?» si chiede qualcuno.
Il ministro continua. Flessibilità del lavoro, lotta all’evasione fiscale. Nonostante le resistenze dei leghisti resta sul tavolo il tema della previdenza. Possibili interventi del governo potrebbero riguardare pensioni di anzianità e quelle delle donne nel settore privato. Non si parla di patrimoniale. Ma di «contributo di solidarietà». Una tassa che potrebbe anche essere calcolata sui redditi più alti. Ultimo punto, le rendite finanziarie. Tremonti conferma l’ipotesi di aumentare le aliquote al 20 per cento.
Molti parlamentari non sono soddisfatti. Si aspettavano qualche indicazione più precisa. «La maggioranza? Scarsi, scarsi, scarsi» confida poco distante l’ex sindacalista Sergio D’Antoni al coordinatore della segreteria Pd Maurizio Migliavacca. Molti deputati e senatori hanno deciso di partecipare al vertice anche se non ne avevano l’obbligo. «Una forma di responsabilità» spiega un esponente dell’opposizione uscendo dalla sala del Mappamondo. I presenti sono tanti. Così numerosi che alle 10 del mattino la sala è già gremita. Occupati tutti i posti a sedere, i ritardatari devono seguire il dibattito in piedi.
Subito dopo Tremonti, interviene il leader del Partito democratico Pier Luigi Bersani. Anche dall’opposizione poche proposte concrete. Il segretario del Pd inizia il suo intervento accusando il governo: «L’Italia non doveva arrivare a questo punto». Dopo pochi minuti esce dalla sala il ministro delle Riforme Umberto Bossi e gli ruba la scena. I giornalisti sono tutti per lui. Gli si fanno attorno con microfoni e telecamere. «Chiedo formalmente – prosegue Bersani – che al Governo non tremi il polso». Ma ormai non lo ascolta più nessuno. A far discutere sono le frasi del Senatùr. Il ministro definisce «fumoso» l’intervento di Tremonti. Tornando alla vicenda della lettera inviata a Palazzo Chigi dalla Bce racconta di un «complotto per far fuori il governo».
Bersani continua a parlare. Snocciola le proposte del Pd. Riduzione della spesa senza toccare il sociale, contenimento dei costi della politica, liberalizzazioni, lotta all’evasione fiscale. Nulla di particolarmente preciso. «Prima – spiega – voglio vedere un straccio di decreto del governo». Da domani una gruppo di lavoro del Pd, sotto la guida di Stefano Fassina, lavorerà alla stesura di un progetto ufficiale del partito sulle misure anti-crisi. «Al momento – spiega un dirigente del partito – stiamo ancora raccogliendo le ultime proposte».
La star della giornata è il leader dell’Italia dei Valori Antonio Di Pietro. Quando l’ex magistrato prende la parola in sala stampa cala il silenzio. L’attenzione è tutta per lui. A un certo punto un disguido tecnico: salta l’audio. I giornalisti rumoreggiano con disappunto. Di Pietro attacca il Governo e il ministro Tremonti. I toni sono un po’ troppo accesi. All’ennesima volgarità il presidente Bruno lo riprende. In sala scoppia una risata. Alla fine il leader dell’Idv esce dal vertice e si concede ai microfoni. Un bagno di folla.