Se vogliamo dirla tutta, questa nuova tegola giudiziaria che arriva da Bari sulla testa del premier sembra proprio frutto dell’inganno. Non che i magistrati abbiano mancato sul piano procedurale o magari su quello del diritto – non siamo giuristi e non abbiamo il respiro per stabilirlo – ma insomma, che l’imputazione di estorsione per quei gran “galantuomini” di Tarantini e Lavitola fosse solo lo strumento per mettere ai ceppi il solito Berlusconi è stato chiaro sin da subito.
Un presidente del Consiglio sotto ricatto del suo produttore di puttane era ipotesi più che stravagante: era (è) – per restare in tema – una puttanata. Tra gente che sa stare al mondo (e i due, con modi abbastanza simili ci sanno stare), non si arriva mai a minacciare, perché non è interesse di nessuno. Da una parte Tarantini era perfettamente consapevole di avere tra le mani la gallina dalle uova d’oro, dall’altra Berlusconi sapeva di aver trovato sotto il letto un nuovo figlio da adottare, e che per di più avrebbe dovuto mantenere a vita: ventimila al mese più botte una tantum da 3-4-500mila euro ne avrebbero comprato il silenzio e anche qualche cosa di più.
Adesso, per i pm di Bari sussiste «l’ipotesi di istigazione a mentire davanti all’autorità giudiziaria», insomma secondo loro Berlusconi ha indotto Tarantini a dire il falso, a dire cioè che il premier non sapeva della vera natura di quelle ragazze. Ma c’è bisogno della legge per dirimere una questione da bar, che è già perfettamente chiara?Il Riesame, tra l’altro, nel cuore della notte ha fatto tornare l’inchiesta nel capoluogo pugliese, come al vecchio Monopoli quando pescavi una carta “Imprevisti” che ti faceva rientrare alla casella di partenza.
Siamo ormai al tramonto del ventennio berlusconiano e quel che si chiederebbe e richiederebbe dalla democrazia è almeno l’eleganza dei comportamenti. Non sappiamo quanto l’eleganza abbia a che fare con la rigidità dei codici, ma crediamo che una sintesi virtuosa, anche per uomini di legge come sono i magistrati, si possa trovare. Quando l’altro giorno il premier ha parlato di “trappolone” non era lontano dal vero, pur essendo nel pienissimo torto, negandosi all’interrogatorio. Era chiaro sin da subito che la preda era lui e non la vittima come volevano far credere i magistrati, pur di tirarlo in mezzo. Era lampante come il ricatto, nell’accezione più tradizionale, fosse una barzelletta e non poteva essere Berlusconi il ricattato classico, non almeno in questa situazione. Semmai, appare quasi miracoloso che nessuna dell’esercito della salvezza, D’Addario a parte, lo abbia messo un po’ alle strette con mezzi poco leciti. Ma lo hanno munto (economicamente) così tanto che tutte si sono altamente pacificate.
Adesso c’è ancora un modo, solo un mezzo, per restare eleganti. Tocca ai magistrati l’onere della leggerezza responsabile. C’è una montagna di intercettazioni che potrebbero abbattersi sulla nostra esistenza, non cambiandola d’un pelo: chi fa fatica a mangiare, non mangerà certo con le bave al telefono di Berlusconi e delle ragazze, chi avrà dipendenti da pagare non avrà altro a cui pensare, chi dovrà sostenere impegnativi colloqui di lavoro penserà che il paese è completamente ammattito, e via di questo passo, difficoltà dopo difficoltà.
Risparmiateci l’arena, per favore, lasciate sgombre le prime dieci pagine dei nostri quotidiani. Almeno un tempo noi ragazzi compravano all’edicola le riviste porno, ma quelle vere!, era pornografia purissima come acqua di fonte e quando siamo arrivati a leggere giornali più impegnati abbiamo pensato di avere fatto un passettino avanti, forse non proprio culturale ma almeno socialmente utile. Ignorare questa nostra tormentata modernità, fatta di racconti cochon applicati alla politica, non sarebbe neanche giusto e qualcuno griderebbe alla censura (c’è sempre qualcuno che grida alla censura). E allora, troviamo una sintesi accettabile, che preveda soltanto l’indispensabile. Già, ma poi cos’è l’indispensabile?
L’altro giorno, un piccolo corsivo sul Corriere annunciava due pagine di intercettazioni, roba di escort a go-gò. Si dovevano forse sentire un po’ in colpa i ragazzi di via Solferino, se per giustificare la pubblicazione hanno usato l’ombrello protettivo del “socialmente rilevanti”. Qui ormai di socialmente rilevante c’è solo il nostro sconforto.